Natale a Matera, nel 2008 come negli anni ’20 o ’50: il fascino resta immutato ed è bello trasmetterlo alle nuove generazioni attraverso una pagina di letteratura che risale al 1956, quando proprio del giorno di Natale vissuto a Matera si parla nell “estratto dal risveglio ostetrico” scritto da Giulia Villani, ostetrica della provincia di Grosseto giunta a Matera per svolgere la professione che all’epoca era chiamata “Mammara”.
"Era l’anno 1912 e proveniente da Scanzano, in provincia di Grosseto, giungeva nella città dei Sassi la signorina Giulia Villani, “levatrice” di prima nomina , comandata dal Ministero competente per esercitare la sua professione di “Levatrice condotta”. Dopo un viaggio avventuroso fatto in treno fino alla stazione di Ferrandina, proseguì per Matera in una carrozza trainata da due poderosi cavalli. Scese nella zona periferica della città dove ora è Piazza Matteotti chiedendo di una pensione. Le indicarono l’Albergo Italia. Arrivata al numero civico 44 del Corso Vittorio Emanuele (attuale via del Corso,ndr) , dove è la Drogheria Latorrre ma allora c’era la sartoria di Francesco Scalcione, fratello della mia bisnonna materna Lucia, bussò alla vetrina per chiedere all’interno dove fosse l’albergo. Il titolare fu colpito dai modi gentili e chiese al nipote Michele,un giovane alto e di bello aspetto di accompagnare la signorina all’albergo. Tra di essi nacque una simpatia e pochi mesi dopo si fidanzarono e due anni dopo si sposarono. Mia nonna dal 1912 al 1931 insieme a donna Giulia ebbe la fortuna di assistere al primo vagito di migliaia di neonati materani tra cui quel Giambattista Bronzini (uno dei principali protagonisti degli studi demologici italiani, figlio di un affermato avvocato di origini napoletane , antropologo di fama. Medicò l’ombelico al conte Gattini”. Ma il fatto storico assume un significato poetico per quello che la signora Giulia scrive la notte del Natale del 1956.
“Chi conosce Matera, città antichissima, sa che il Duomo altrettanto antichissimo e pittoresco, è situato nel punto più elevato della città ed esposto alla gelida tramontana, chi conosce il popolo materano e le sue consuetudini, sa che quel popolo non teme i venti a cui è esposto il proprio Duomo, dove la vigilia di Natale accorre pieno di giubilo e sazio di pettole e dove tra giubilo e bocconi della tradizione gastronomica locale attende che l’arcivescovo deponga Gesù Bambino sulla paglia mentre le campane con i loro rintocchi a festa annunciano il grande evento. Da vari anni mi trovo a Matera dove esercito la professione di ostetrica condotta –spiega la Villani- e nemmeno a farlo apposta, nella ricorrenza delle grandi festività, quando mi sarebbe piaciuto restare nell’intimità della mia famiglia per rendere felici i miei quattro bambini, con la mia presenza ed il mio sorriso di mamma, il dovere inesorabilmente mi chiama. Quella sera ero in casa e speravo di passarmela franca e pregavo Gesù Bambino affinché mi concedesse di rimanere in casa con i miei cari ma, purtroppo, poco dopo, il battente del mio portoncino si fece sentire. Io ed i miei bambini ci guardammo amaramente senza parlare. Non c’era tempo da perdere, baciai con effusione tutti ed uscii promettendo di ritornare presto e portare loro dei doni. Per strada mi accorsi che cadeva la neve dal cielo annuvolato e che il vento infuriava gelido avvertendo con prepotenza che l’inverno era cominciato. Il mio passo era pesante ed il mio cuore tanto triste. Giunsi al capezzale della partoriente, una donna sui 40 anni, con numerosa prole. Anche ella, oltre ai dolori del travaglio, era afflitta dal pensiero di avere il suo primogenito lontano per il servizio di leva. Almeno il giorno di Natale avrebbe voluto averlo vicino a sé. Il travaglio proseguiva e quando le campane del Duomo cominciarono a squillare per l’annuncio della nascita di Gesù, la mia paziente dette alla luce una bella bambina che avvolta in soffici panni, deposi nella culla. Ritornandomene presso la paziente notai che le cose prendevano una brutta piega. Vi era emorragia per distacco incompleto della placenta ed inerzia uterina, il più grave inconveniente che possa colpire la donna durante il secondamento. A Matera in quel tempo- sottolinea l’ostetrica- non vi erano pronti soccorso né mezzi di soccorso per il trasporto all’ospedale, quindi mandai il marito della paziente in cerca di un medico ed anche due, se fosse stato possibile. E, nella lunga attesa, tremando nei polsi e nelle vene, misi in opra tutte le cure che la scienza e l’esperienza suggeriscono. Il marito ritornò senza medico dopo ben tre lunghe ore. E così dopo ben cinque lunghe ore mi potei assicurare che la mia paziente l’aveva scampata bella. Mi avvicinai alla culla per prendere la bambina. Dovevo vestirla e farle il bagno. Nel mostrarla ai genitori mi accorsi che i loro sorrisi erano ostentati. Perché ciò? Forse perché la nascita di quella bambina aveva messo in serio pericolo la vita della madre? Non per questo, e allora? “Signora, mi fu risposto, da secoli e secoli nel nostro popolo vige la credenza che chi nasce nella stessa ora della ricorrenza della nascita di Gesù, nasce sotto cattivo presagio”! Tale risposta mi convinse che la persona più felice del mondo ero io, solamente io, perché per grazia di Dio avevo salvato la vita della mia paziente e questo per me costituiva il dono più bello della notte di Natale”.