Autonomia differenziata è legge, intervento di Mario Di Dio (Associazione per un nuovo meridionalismo). Di seguito la nota integrale.
L’autonomia differenziata è legge. Ma per passare ai fatti, cioè al primo trasferimento effettivo di competenze a una Regione, la strada è ancora lunga.Molti governatori regionali sono pronti a chiedere al governo l’apertura del tavolo delle trattative per il trasferimento delle prime competenze, relativamente alle 9 materie (sulle 23 complessive) alla cui base non c’è un Lep (Livello essenziale di prestazione) da garantire.
Le 9 materie trasferibili senza previa determinazione dei Lep sono: nello specifico si tratta di nove materie di legislazione concorrente tra Stato e regioni: 1- rapporti internazionali e con l’Unione europea; 2- commercio con l’estero; 3- professioni; 4- protezione civile; 5- previdenza complementare e integrativa; 6- coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; 7- casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; 8- enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale; 9- organizzazione della giustizia di pace.
Tempi ancora più lunghi per le materie la cui attribuzione è consentita subordinatamente alla determinazione dei Lep concernenti i diritti civili e sociali, ivi compresi quelli relativi alle funzioni fondamentali degli enti locali. Prima di questo passaggio preliminare, che consiste nella definizione degli standard minimi di servizio che vanno garantiti in tutte le regioni, resta congelata qualsiasi ipotesi di trasferimento alle Regioni di competenze aggiuntive in 14 materie elencate dalla legge Calderoli, all’articolo 3, comma 3: 1- istruzione, 2- tutela dell’ambiente, 3- sicurezza del lavoro, 4- ricerca scientifica e tecnologica, 5- tutela della salute, 6- alimentazione, 7- ordinamento sportivo, 8- governo del territorio, 9- porti e aeroporti civili, 10- grandi reti di trasporto e di navigazione, 11- ordinamento della comunicazione, 12- produzione, 13- trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, 14- valorizzazione dei beni culturali e ambientali.
Diversi degli amministratori delle Regioni del nord, puntano soprattutto sulla sanità e l’ambiente, convinti che le Regioni più performanti del Nord riusciranno ad andare ancora più veloci, ed essere ancora più competitivi nei confronti dei competitor europei e mondiali. Nel concreto, per definire i LEP il Governo si è dato due anni di tempo. Occorre cioè che lo Stato misuri e decida qual è la misura dei servizi che va garantita in ogni territorioe individui gli strumenti per garantirne il finanziamento integrale nei (molti) casi in cui le risorse proprie delle Regioni non dovessero bastare. Un finanziamento non banale, in particolare in un Paese che dopo essere entrato ora in una nuova procedura per deficit eccessivo sarà impegnato nei prossimi mesi in uno sforzo imponente solo per confermare le misure fiscali e contributive in vigore quest’anno senza aumentare ulteriormente il debito pubblico.Non a caso il testo nella sua versione definitiva evidenzia come tutto debba avvenire coerentemente con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, anche perché dall’attuazione della legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio della Pa (articolo 9, comma 1). I Lep, insomma, non giustificherebbero maggior deficit, e andrebbero coperti con tagli di altre spese o aumenti di entrate. Non solo: con una delle tante clausole chieste in particolare da FdI e accettate dalla Lega per non rischiare di interrompere il cammino della riforma, prima di trasferire una funzione a una Regione sarà indispensabile finanziarne i livelli essenziali anche per tutte le altre.Questi i dati. Alcune riflessioni sono d’obbligo. Prima riflessione. Proviamo a partire dal punto di vista di un qualsiasi amministratore locale: “ l’autonomia differenziata può consentire alle Regioni del Nord di trattenere il residuo fiscale, cioè di trattenere nelle Regioni di appartenenza i tributi nazionali che matura in quelle Regioni. Può essere trattenuto fino al 90%”. Squilibri che si estenderebbero anche in ambito sanitario, scolastico e in altri settori, con il rischio di comportare una fuga di cervelli verso Regioni che possono pagare meglio professionisti, insegnanti, ecc., molti dei quali provenienti soprattutto dal Sud”. Qui si può subito osservare che, finalmente la Lega di Salvini è riuscita a portare a compimento il suo progetto più caro, la ragione per cui è nata: separare il nord dal sud, dividere il paese, dare un calcio alla zavorra meridionale, tenersi “il malloppo”. Non è un’esagerazione ma con l’approvazione alla camera dell’Autonomia Regionale Differenziata, si è creata una crepa, una faglia profondissima nel paese, smembrato per legge, di cui pagheranno gravissime conseguenze i nostri figli e i nostri nipoti. Non c’è bisogno che si ripercorrano le tappe di questo disegno malvagio. Tanti eminenti giuristi, studiosi, costituzionalisti, hanno messo in guardia dai pericoli reali, non immaginari, della separazione o, della secessione dei ricchi. Chi si ammala lo sa bene, pagandone lo scotto in termini economici e di assistenza. Che la sanità sia presa d’assalto dai privati, è un dato incontrovertibile. E ciò accade anche al nord. Del resto, il neoliberismo adottato come credo assoluto sia dai governi di sinistra che di destra, ha tra i suoi fini la ricchezza concentrata nelle mani di pochi. Da noi, al sud, siamo allo sbando totale. Si provi a prenotare una colonscopia. Impossibile o quasi nelle strutture pubbliche. Aprite il portafogli e vi si spalancheranno d’incanto le porte di poliambulatori, centri, studi associati e quant’altro, per ogni esame diagnostico che vogliate fare. In conclusione cosa si può dire: in futuro, quando questa legge impatterà pesantemente sulle nostre vite, occorrerà ricordarsi di tutti coloro che ci hanno spinto nel baratro. Con nome e cognome. Dovremo ricordarci di chi ha votato questa legge, di chi l’ha favorita, di chi ha taciuto, di chi ha mentito. I famosi Lep (livelli essenziali di prestazione) di cui si riempiono la bocca i governatori di destra, servirebbero intorno ai 100 miliardi di euro. Non ci sono vie di uscita: o si tagliano servizi o si aumentano le tasse locali o entrambe, assai probabile.
A mio avviso tale provvedimento priverà le regioni che non saranno al passo con quelle più ricche delle garanzie sociali e dei servizi essenziali per l’assistenza, rappresentando così l‘ennesimo ostacolo alla lotta contro la povertà e la disuguaglianza.La mancanza di gettito fiscale da parte delle regioni più ricche farà aumentare il divario che già esiste fra Nord e Sud in maniera irrecuperabile, allargandosi alla formazione professionale, alle graduatorie concorsuali, agli stipendi del personale finanche ai contratti di lavoro forse regionali e non nazionali, a una scuola regionale e non nazionale, ecc.. Si realizzerà in tal modo una secessione che infrangerà la costituzione e la coesione sociale e azzopperà la qualità della sanità a causa dei contraccolpi di una anomala geografia sanitaria.
Nel contempo sarà molto difficile intervenire per colmare le differenze dell’assistenza sanitaria a causa delle ataviche difficoltà economiche delle regioni meridionali che si vedranno costrette ad aumentare i costi per assicurare gli standard minimi e garantire i nuovi LEP. Ancora sulla sanità, cosa accadrà alla formazione OSS? La preoccupazione è che si formino figure di serie A e figure di serie B con gravi sperequazioni nei confronti dei cittadini e sugli stipendi.Non possiamo accettare che il Paese venga diviso in tante piccole parti (21 regioni con 21 sanità differenti – 21 regioni con 21 scuole differenti, ecc.), bisogna costruire un’Italia forte e una sanità che garantisca gli stessi livelli qualitativi assistenziali a tutti.Questa figura è un patrimonio dal valore inestimabile, abbiamo bisogno di una politica sanitaria concreta da parte della politica, che sia capace di dettare linee guida nazionali a tutela della salute di tutti i cittadini fragili, malati cronici, disabili, bambini, anziani e professionisti. Inoltre, quale futuro si prospetta per i diritti dei cittadini lavoratori con l’attuazione della legge sull’autonomia differenziata? E quali scenari di configurano per le richieste delle Regioni sulle specifiche competenze? La riforma non può prescindere da adeguati meccanismi di solidarietà e di perequazione finanziaria per i territori con minore capacità fiscale, in osservanza del principio solidaristico sancito dalla Costituzione.Bisognerebbe lavorare sulle liste d’attesa. Occorre affrontare strutturalmente il problema, averne una chiara dimensione, trovare le risorse e il personale. La Sanità pubblica è passata dal 92% al 52,48%. Bisogna impedire quella migrazione sanitaria che sta impoverendo sempre di più Basilicata, Puglia, Campania, Sicilia e Calabria. Ed ancora, abbiamo gli stipendi più bassi d’Europa e più tassati. Le retribuzioni sono in affanno, stanno aumentando gli anziani e i lavori più poveri. L’ Autonomia differenziata, cosi come proposta dal Governo Meloni, porterà migliaia di giovani a spostarsi all’estero o nelle città del centro nord, scuole e ospedali che chiuderanno, imprese sempre più fragili: ecco cosa ci regalerà l’Autonomia Differenziata voluta da Salvini e accettata da Meloni e Tajani. Teniamoci tutti pronti a raccogliere le firme per il referendum abrogativo. Oggi più che mai “Resistenza”.