Antonio Santangelo, segretario regionale della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) interviene sul tema dell’autonomia differenziata con riferimento allo stato della sanità lucana.
In merito alla dichiarazione entusiastica del Presidente della Regione Basilicata, dr. Vito Bardi, la FIMMG sommessamente esprime la sua forte preoccupazione sulle ricadute che l’autonomia differenziata potrà avere sulla tenuta del servizio sanitario regionale.
Tralasciando il commento sulle diverse materie oggetto del Decreto Legislativo licenziato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri, esprimiamo forti dubbi sugli effetti positivi per il sistema sanitario lucano. Sono infatti 20 anni che i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), paragonabili ai Livelli Essenziali delle Prestazioni nel campo sanitario, dovrebbero garantire uguale assistenza in qualsiasi angolo del nostro paese. Di fatto però sono stati regolarmente disattesi considerato che la regione Basilicata continua a registrare una mobilità sanitaria passiva per circa 50 milioni di euro annua. E i dati sull’emigrazione sanitaria sono destinati a persistere oltre che aumentare nei prossimi anni considerato lo stato su cui versa la sanità lucana specie quella del materano. Anni di dis-investimento, anni di mancata programmazione, anni in cui la politica ha continuato a tirare a campare senza affrontare i problemi.
Un piano sanitario regionale mai aggiornato, una riforma sanitaria rimasta a metà del guado, la mancata definizione di dipartimenti regionali (oncologico in primis), la riorganizzazione della continuità assistenziale promessa da 10 anni e mai attuata, gli accordi integrativi per la medicina generale e per la pediatria di libera scelta datati nel lontano 2008, sono solo esempi di una politica che in questi anni ha preferito rinviare le scelte nascondendo la polvere sotto il tappeto.
Eppure la pandemia dovrebbe aver insegnato qualcosa, abbiamo avuto un drammatico assaggio della “sanità” gestita in maniera autonoma dalle regioni: ci sono state realtà più strutturate che hanno resistito all’attacco ed altre meno ricche messe in ginocchio. Senza un vero coordinamento nazionale la sanità delle 21 regioni non potrà garantire a tutti il diritto alla salute così come declinato dall’art. 32 della nostra Carta Costituzionale. A meno che sotto sotto non ci sia un sottile disegno di portare fette della popolazione fuori dal Servizio Sanitario Nazionale. Il rischio infatti è quello di creare una sanità di serie A per coloro che possono permettersi di rivolgersi al privato e una sanità di serie B riservata per coloro che non possono permetterselo. E i dati sulle liste d’attesa di questi mesi la dicono lunga che tali timori non sono infondati.
In questo momento storico la nostra sanità è un malato grave, paga decenni di scarsa attenzione da parte di chi ci ha governato chiudendo gli occhi davanti a cose che era doveroso aggiustare, non insabbiare. Non abbiamo medici perché la programmazione da almeno 10 anni è stata sbagliata e non siamo più in grado di garantire la medicina generale sul territorio, con gli ospedali in carenza cronica di specialisti. E allora può l’autonomia differenziata essere la soluzione? Sinceramente Presidente Bardi la FIMMG non ci crede, ma esso sarà la pietra tombale di un servizio sanitario nazionale, fiore all’occhiello del sistema ITALIA.