“Occorrerebbe che il presidente della Giunta regionale e il Consiglio regionale stesso, si impegnino nella valutazione di merito e nell’individuazione degli ambiti, tra quelli di competenza previsti dalla normativa, su cui predisporre la richiesta di negoziato Governo – Regione Basilicata, attraverso l’istituzione di un Ufficio di scopo, avvalendosi delle competenze regionali oltre che di esperti, rappresentanti e studiosi della materia, per la messa a punto di uno specifico dossier ‘regionalismo differenziato Basilicata’, essenziale per le valutazioni di merito, su cui predisporre la richiesta di negoziato, la quale non può prescindere da una nutrita azione perequativa sulle infrastrutture, le quali permetteranno alla nostra regione, finalmente, di svilupparsi economicamente, nuovi posti di lavoro, turismo, agricoltura e molto altro ancora”.
Così il presidente della IV Commissione consiliare permanente, politica sociale, Massimo Zullino (Lega), in merito all’autonomia regionale, un tema che – dice – negli ultimi tempi, vede schieramenti opposti o subisce strumentalizzazioni per fini politici o elettorali. L’intesa Regione-Stato, ovvero un avvio del procedimento di regionalismo differenziato, darebbe alla nostra regione l’opportunità di rafforzare e restituire protagonismo al territorio e agli Enti locali. Intraprendere tale percorso di negoziazione con lo Stato di maggiori spazi di autonomia in alcune materie, rappresenta un’inversione delle attuali tendenze ad una sempre crescente divaricazione in termini macroeconomici di questa regione. Il rilancio del sud e della Basilicata stessa, in particolare, significa ritrovare una riqualificazione dell’offerta pubblica, ovvero della qualità dei servizi, come l’assistenza sanitaria, l’istruzione, la formazione, i trasporti, la tutela ambientale. Ma per far sì che si rilancino questi servizi è fondamentale essere forniti di maggiori competenze”.
“Il percorso avviato con la mozione approvata dal Consiglio regionale nella precedente legislatura -continua Zullino – aveva già evidenziato l’inefficienza della macchina amministrativa al sud, ponendola di gran lunga distante da quella del nord. Ma la discussione è rimasta ferma per oltre un anno di tempo, merito della coalizione politica che aveva avanzato la proposta, poiché nel concreto, mostrava una mozione in cui mancavano contenuti, risultando di scarsa utilità ai fini della definizione degli orientamenti e delle determinazioni da assumere in materia. A questo punto reputo che il problema non è possedere maggiori competenze, bensì mettere in atto una maggiore capacità di gestione dei servizi, da cui ne derivi non solo il benessere dei cittadini con riguardo all’esercizio di fondamentali diritti di cittadinanza, ma anche la capacità del sistema produttivo privato di fare impresa e di produrre beni e servizi innovativi”.
“L’aspetto fondamentale dell’autonomia differenziata – aggiunge – è trasferire alla Regione le competenze su cui possa legiferare ed esercitare le relative funzioni amministrative in autonomia, ovviamente avanzando richieste realistiche, senza invadere gli ambiti riservati allo Stato. Si punta alla creazione di fabbisogni e costi standard, ed in molti casi si tratta di competenze per cui non è prevista una spesa. Questo porterebbe in Basilicata un rinnovamento, capace di valorizzare la regione e rendere le istituzioni presenti sul territorio più vicine ai cittadini. I primi casi di accordi preliminari tra Governo e Regioni, hanno preso luogo in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, in cui si è agito individuando le migliori forme di realizzazione di autonomia di competenze, senza però compromettere il delicato equilibrio tra unità dello Stato, parità dei diritti fondamentali dei cittadini e autodeterminazione dei territori”.
Zullino, favorevole all’ attuazione del regionalismo differenziato, descrive l’implementazione di questo percorso come “un modo per poter emancipare la questione della regione Basilicata, puntando alle ricchezze e alle risorse che il territorio è capace di offrire. La qualità della governance e di capacità della componente politica di una amministrazione, attraverso l’autonomia regionale, indirizzerebbe il territorio verso un picco di crescita economica e di inclusione sociale, poiché gli Enti locali, ma propriamente i Comuni e le Province, si rafforzerebbero sia in termini di identità sia di capacità di governo, ed è necessario sottolineare che questi ultimi rappresentano i punti saldi del titolo V della Costituzione. L’autonomia è la strada che può unire, può consapevolizzare i territori e le classi dirigenti, e può fare in modo che si realizzino le condizioni necessarie per un cambiamento, finalizzato al benessere della nostra Regione, per valorizzare le nostre risorse, aumentarne il valore, accrescere in termini economici e permettere ai cittadini di trarne il giusto beneficio. Oltre quello che offre il territorio, risorse tangibili, si pensi che l’autonomia regionale affronta temi di diritto, civile e sociale, in cui è necessario definire livelli essenziali di prestazioni (Lep) in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, puntando anche alla creazione di un raccordo istituzionale con le altre regioni del sud”.
“Definire i Lep con la legge 42 – dice – così come prevedeva la riforma costituzionale del titolo V e proposta da Calderoli, è stato tradotto in cifre. Ci si è trovati davanti ad un qualcosa di non previsto. Lo Stato italiano dopo complessi conteggi ha certificato che i fabbisogni dei territori privi di servizi fosse zero. Lo ha riconosciuto lo stesso Governo, e ben due sottosegretari affermarono: ‘lo Stato scoprì di avere un debito con il mezzogiorno’. E così non avendo soldi da dare al sud, si è deciso che i servizi pubblici non servono, perché se non ce ne sono, il fabbisogno è zero o poco vicino al nulla. Ed il rifiuto di continuare con la legge n.42, che avrebbe generato maggiori risorse al sud, è stato proprio ad opera dei governatori del nord, ma di quelle regioni e città, governate ed amministrate dal Pp. Alcune regioni stanno chiedendo il residuo fiscale di ulteriori 35 miliardi di euro, e il Partito democratico è corresponsabile, se non il principale attore dei riflessi diretti e indiretti che il federalismo provocherebbe nel Mezzogiorno, perché se pur è vero che è stato proposto dal nord, è stato accettato dal sud, da governatori e Sindaci di sinistra che nulla hanno fatto in questi anni”.
“Con l’autonomia regionale – conclude Zullino – si garantisce il finanziamento dei Lep in tutte le regioni, incluse quelle con minore capacità fiscale, attraverso il sistema di redistribuzione interregionale delle risorse, un’attribuzione definita da un’apposita Commissione paritetica Stato-Regione”.