Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Giovanni Barozzino, senatore Sinistra Italiana, a sostegno del NO al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre.
Se dovessimo individuare una data che ricordi in qualche modo un orgoglio lucano questa potrebbe essere individuata nel 4 dicembre. Certo il 4 dicembre è il giorno in cui saremo chiamati a votare per accettare o meno un vero e proprio scempio che si vuole fare della nostra Costituzione Repubblicana – quella nata all’indomani della lotta di Liberazione e che ha avuto, tra i suoi padri fondatori, figure come il contadino Giuseppe Di Vittorio, il partigiano Sandro Pertini e l’intellettuale Piero Calamandrei, a segno del carattere unitario della nuova Repubblica.
Ma il 4 dicembre è una data particolarmente cara a quelle lucane e quei lucani che, giusto due anni fa (4 dicembre 2014) si mobilitarono dandosi appuntamento sotto i palazzi regionali per dire un NO chiaro e forte alla ‘petrolizzazione’ della Basilicata e alle scorribande di multinazionali petrolifere il cui unico obiettivo è rappresentato dal proprio profitto, a scapito del futuro e della salute pubblica delle comunità lucane. E ricordare oggi quella giornata significa anche ricordare uno dei punti strategici dello sconquasso che si vuole apportare alla Costituzione con la cancellazione del Titolo V che toglierebbe alle lucane e ai lucani – al di là del mantra menzognero recitato in questi giorni dall’europarlamentare Pittella Senior – qualsiasi possibilità di decidere del proprio futuro e di quello dei propri figli.
D’altronde basterebbe guardarli in faccia coloro che oggi, in Basilicata, si fanno promotori dello sciagurato disegno proposto ed imposto dal Governo centrale: gli stessi che proprio in quel 4 dicembre rinunciarono a qualsiasi interlocuzione con il popolo che avrebbero dovuto rappresentare (accogliendone le istanze) preferendo chiudersi in un blindatissimo palazzo, e servire così – ancora una volta – la testa e il corpo di questa nostra terra.
Ovviamente questo sciagurato tentativo di revisione della Costituzione non nasce dal nulla, ma è inserito all’interno di un clima generalizzato che ha una storia oramai vecchia, perché essa rappresenta il suggello definitivo a una strategia che, nell’ultimo ventennio, ha inteso attaccare alla radice una democrazia rappresentativa degli interessi dei più deboli. Una pratica avviata dagli attacchi al mondo del lavoro, quando cominciava a farsi breccia la teoria dei ‘lacci e lacciuoli’ che non lascia(va)no mani liberi a chiudere quella stagione di mobilitazioni che aveva portato, nel nostro paese, a diritti e tutele di civiltà come lo Statuto dei Lavoratori.
Vero obiettivo dell’attacco è l’art.1 della Carta che recita: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo. La centralità del lavoro è diventata centralità del profitto: prima con l’attacco alla scala mobile; poi con l’articolo 18, quello cancellato da Renzi&Co con il Jobs Act; e infine il cuore dei diritti e delle tutele, ossia quello Statuto dei Lavoratori che non vale più all’interno della più grande fabbrica metalmeccanica italiana (?) per volere di un amministratore – Marchionne – che guarda caso è uno dei fans, più accreditati in difesa della controriforma su cui siamo chiamati a votare. La sovranità del popolo invece viene cancellata con la non elettività del Senato, che non è né l’eliminazione del Senato, né un vero taglio ai costi ma solo un’operazione propagandistica come lo è stata quella sulla finta eliminazione delle provincie. Perché è bene ricordare che le Province non sono ostate cancellate, ma ad essere stato eliminato è stato il diritto di voto dei cittadini, così come era stato tolto precedentemente il diritto di voto delle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, a dimostrazione di come gli attacchi al lavoro parlavano già di un più ampio attacco ai diritti democratici in generale.
Le lucane e i lucani sapranno riprendersi il proprio futuro. Sapranno rigettare ai mittenti – tra cui quelli nostrani che, per la prima volta nella storia della nostra regione, non riescono a raggiungere la parità di Bilancio con gravi ripercussioni su enti e cittadini – il disegno di sconquasso. E lo sapranno fare in nome di quell’orgoglio che proprio il 4 dicembre potremmo fortificare andando a votare e votando NO.
Giovanni Barozzino, senatore Sinistra Italiana