Basilio Gavazzeni: “Per le periferie del mondo con Papa Francesco”. Di seguito la nota integrale.
Un caro amico, cattolico inquieto, alla ricerca di una visione della realtà superiore a 360 gradi, mi ha regalato il volume numero 25 di “Accènti”, una collana che raduna scritti della “Civiltà Cattolica” su temi particolarmente attuali. “In viaggio con Papa Francesco” lo intitola padre Antonio Spadaro, in procinto di passare ad altri la collana da lui ideata e la stessa direzione della rivista internazionale dei gesuiti. Un dono di 579 pagine, in maggior parte uscite dal computer che signoreggia. Un libro foltissimo, utile al cattolico che ha il dovere di camminare “retro” al successore di Pietro (la rima è voluta) e al laico che non ne può più dei paradigmi di una geopolitica senza speranza. Potrebbe anche scuotere certa teologia sedentaria che scansa la carne del mondo. Se qualcuno, deluso dagli opinionisti che si esibiscono nei talk show, vuol capire perché “il Male” si è intromesso con calcolata ferocia tra Israele e i palestinesi, e capire, ancora, qualcosa dei problemi dell’area mediorientale, può riflettere almeno gli articoli “Papa Francesco in Terra Santa. L’invocazione per la pace in Vaticano” del 2014, “Egitto terra di civiltà e alleanza” del 2017, “Sentinelle di fraternità nella notte. Il viaggio apostolico di papa Francesco ad Abu Dhabi” del 2019, “La Chiesa si fa colloquio. Il viaggio apostolico di papa Francesco in Marocco” nel 2019. Bisogna aprire un buon atlante geografico per pedinare il papa itinerante. Dove non si è cacciato per annunciare il Vangelo e discernere in ogni Paese raggiunto anche infimo la presenza viva di Cristo? Venuto dai confini del continente americano, papa Bergoglio, all’angolo di visuale che gli propizia il centro, associa decisamente quelli che gli propongono le periferie del mondo, i Paesi-laboratorio-ponte. Lui è un ammiratore di Magellano, il navigatore più audace che sia mai esistito, e della rotta favolosa con cui agli inizi del Cinquecento scoprì l’estremità meridionale delle Americhe. Ama Matteo Ricci, il gesuita che alla fine dello stesso secolo, con un grande mappamondo da lui raffigurato svelò ai cinesi ignari in quale concerto di continenti e isole allora conosciute era collocato il loro impero. “Lo sguardo del Pontefice – osserva padre Spadaro – si nutre quindi degli sguardi periferici di Magellano e Ricci”. Francesco è proteso alla guarigione dei luoghi visitati, da Lampedusa a Lesbo, da Bangui a Mosul e a situazioni analoghe. Accarezza i mattoni di un muro ad Auschwitz, dovunque i muri offesi dalla violenza. Posare le mani sui muri feriti è per lui chinarsi sulle ferite aperte dei popoli e chiedere realisticamente pace e giustizia, animato dalla speranza che niente vada perduto di nessun gruppo umano, di nessuna cultura, di nessuna comunità ecclesiale anche se “pusillus grex” da un punto di vista mondano. Padre Spadaro confida che, accompagnando il Papa, in qualche congiuntura e in qualche celebrazione ha provato timore per i pericoli incombenti, più volte è stato scosso dalla commozione, sempre è stato sorpreso dalle modalità e dalle improvvise trovate con cui il Papa è arrivato al cuore della gente. È interessante leggere come Spadaro si sia argomentato gradualmente per riferire con fedele obiettività il movimentismo apostolico del papa, i discorsi impegnativi, i gesti profetici grandi e minimi, fino al magistero spicciolo e colloquiale da “fantasista“ della comunicazione. Impossibile allegare a questo articoli le centinaia di frasi significative che ho prelevato dal volume con l’intenzione di fornire un’idea del coraggio e della larghezza con cui il Pontefice ha seminato di nazione in nazione. Che cosa? Ma Dio, un Dio non asservito alla politica e alla guerra, riconciliazione, “amnistia del cuore”, condanna delle armi, unità nel rispetto delle diversità, giustizia sociale, soccorso e difesa degli ultimi, sogni di creatività fraterna, amicizia, armonia. Negli incontri con i governanti e le autorità di ogni fede si è presentato con somma umiltà e chiara volontà di dialogo. Con alcuni ha condiviso solenni dichiarazioni e ha sottoscritto inaspettate carte di grande rilevanza storica. Quando è stato il caso non ha rinunciato a una franchezza senza incrinature. Ha almeno destato alzate di buona volontà. Le genti, in particolare i giovani e i bambini, gli hanno riservato fiducia, empatia e spirito di festa. Spettacoloso per la fisicità l’affetto dimostratogli da persone provate dalla sofferenza. In alcuni luoghi, potendo, si è chiuso nel silenzio, isolandosi nella meditazione e nella preghiera. Nelle Filippine, a persone che avevano perduto l’intera famiglia e tutto a causa del tifone ancora in corso, ha partecipato allo loro sventura e alla loro impotenza, affermando di non sapere che cosa dire. Per raggiungere l’anima delle popolazioni, è stato attento a riferirsi agli elementi caratteristici delle loro culture. Ne ha citato gli scrittori e i poeti, per esempio José Marti a Cuba, Octavio Paz in Messico, Shota Rustaveli in Georgia, Nizami Ganjavi in Azerbaigian, Gabriela Mistral e Pablo Neruda in Cile, Amelio Luis Calori in Bulgaria, Abaj Kunanbaev in Kazakistan, Luis de Camões, Daniel Faria, Pessoa e Saramago in Portogallo. Padre Spadaro non manca mai di registrare che il gesuita papa, quando gli riesce, corre a trattenersi, fra domande e risposte, con i gesuiti sparsi dovunque. Paziente, papa Francesco cova un desiderio : poter andare in Cina. Si realizzasse, correrà anche a visitare la tomba del confratello Matteo Ricci.