Bolognetti (Radicali Lucani) attacca il caporal Pittella e il fioraio Calenda. Di seguito la nota integrale.
Siamo uomini o caporali?
Marcello Pittella, di tutta evidenza, si è rivelato alla prova dei fatti solo un caporale di regime e di giornata.
Degno di convivere, fino a quando gli farà comodo, con il “Fioraio” dei Parioli.
Il Nostro ha bisogno di circondarsi di adulatori un tanto al kilo.
Altro che politica, altro che “spessore” e non so cosa.
Pittella poco ha imparato da quel che gli è accaduto in un recente passato, perché temo sia parte integrante di un sistema in decomposizione.
Decomposizione politica, istituzionale, economica e sociale.
Se la memoria non mi tradisce c’era proprio lui al timone di comando quando – per carità in maniera del tutto legittima – il fratello del magistrato, che poi ebbe ad inquisirlo, entrò a far parte della squadra di Acquedotto lucano, se non sbaglio in veste di revisore.
In questo Paese, e ahimè nella nostra bella Basilicata, troppo spesso prevalgono e risultano vincenti, e perdenti al tempo stesso, mere logiche da faida. Temo che Marcello Pittella di queste logiche sia assolutamente prigioniero.
Fatico a ricordare una parola, una, pronunciata dal nostro “campione” del non diritto su certe dinamiche anche giudiziarie. Insomma, non esattamente un Enzo Tortora, anzi. Chissà forse non poteva e di certo non voleva per convenienza. Del resto abbiamo un ceto politico abituato a far prevalere le convenienze sulle convinzioni e che trasforma il potere da mezzo in fine.
Tornando alla sua vicenda giudiziaria, dopo che con convinzione lo avevo difeso a spada tratta (c’è un’ampia documentazione cartacea, audio e video), mentre i topi che aveva imbarcato lo abbandonavano o tacevano, un giorno si presentò sotto casa mia con Margherita Sarli a chiedere ulteriore sostegno. Ovviamente, trovò la porta spalancata di chi difende diritti e democrazia da una vita.
Una volta incassata l’assoluzione, ahinoi, è tornato il solito Pittella, che non ha capito niente e non vuol capire niente. O, forse, capisce fin troppo. Purtroppo, con il passare dei mesi, Pittella ha confermato la mia impressione che nell’italico pantano di anti-stato di diritto ci sguazza come una trota del Pertusillo.
Marcello Pittella è tornato ad essere l’arrogante volto di un sistema che non produce politica ma servitù. Il Pittella che se, nel 2015 e precedenti, mi avesse ascoltato, avrebbe potuto evitare che il petrolio finisse, nel 2017, nel depuratore consortile. Il buon Pittella è tornato ad essere uno dei tracotanti volti di un sistema che non vuole teste pensanti, ma gente che si schiera in base alle logiche tribali di un settantennio di metamorfosi del male. Ho sbagliato a fargli fiducia e a sostenerlo? Direi di no. Ho provato ad iniettare in un corpo morto e in una palude un po’ di politica e di nobiltà della politica. La “moneta” con cui sono stato ripagato da questo sistema fatto di scribi, farisei e sinedri è stato il patente tentativo di isolarmi e rendermi invisibile. Nauseato? Sì, moltissimo. Scrivo questo a futura memoria e perché non si dica che adesso lo sto “attaccando”. Sto semplicemente muovendo critiche ad atti e omissioni e a un personaggio un po’ cinico e capace di tutto. Di una cosa son certo, e su questo la mia memoria funziona fin troppo bene, i topi del suo squadrone non me li ricordo schierati a difenderlo.
Maurizio Bolognetti, Segretario di Radicali Lucani, già membro della Presidenza del PRNTT e del Consiglio Generale del Prntt, già membro della Direzione, della Giunta e del Consiglio generale di Radicali Italiani, già membro del Consiglio generale dell’Associazione Coscioni, già membro del del Consiglio generale dei “Club Pannella”, già membro del Consiglio generale del Cora, tra i coordinatore di tutte le campagne referendarie promosse dall’area radicale a partire dagli anni ’80, già corrispondente di Radio Radicale, già membro della Commissione diritti umani Nazionale di Azione e già responsabile regionale “Diritti umani” di Azione.