L’avvocato materano Carmine Ruggi esprime le sue valutazioni sulla vicenda che ha coinvolto la Presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi, a seguito della sospetta “tempestiva pubblicazione” dell’elenco dei candidati “non presentabili” all’ultima competizione elettorale.
Di seguito la nota integrale.
CARMINE RUGGI: L’ABUSO DEI POTERI DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA
La Presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi, con la sospetta “tempestiva pubblicazione” dell’elenco dei candidati “non presentabili” alla competizione elettorale in atto, si propone come arbitro autoreferente della annosa commistione tra politica ed affari illeciti.
La conseguente evidenza è che la stessa Presidente, violando i limiti dei propri poteri costituzionali, diventa essa stessa un problema di violenza politica, di cui il Paese non ha affatto bisogno.
La Commissione Antimafia,- nominata ai sensi dell’articolo 72 della Costituzione, – ha funzioni referenti specificamente determinate, seppure in modo del tutto caotico, nella legge istitutiva n.132/2008.
I poteri/doveri conferiti alla detta Commissione dal Parlamento, – unico organo sovrano sia per pricipio costituzionale, sia per principi propri del regime democratico,- riguardano, in estrema sintesi, l’indagine sul rapporto tra mafia e politica; l’adeguatezza e la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto delle varie forme di attività di mafia o di vasto impatto di illegalità. Attività e poteri, quindi, funzionali per riferire, al termine dei suoi lavori, ovvero ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente, al Parlamento le conclusioni raggiunte, prospettandone eventuali raccomandazioni ed orientamenti legislativi.
In conclusione, la Commissione antimafia, come qualsiasi altra Commissisone Parlamentare, non ha poteri deliberativi propri al di sopra del Parlamento. Inoltre, in virtù della separazione dei poteri dello Stato, la stessa Commissione Antimafia non è legittimata a “sentenziare” censure e limitazioni politiche per nessun cittadino, in quanto questi è portatore, sempre e comunque, di un diritto costituzionale inalienabile alla tutela della propria dignità ed al pieno esercizio dei propri diritti politici, fino a deliberazione di un giudice che ne accerti la commissione del reato attribuitogli, presupposto alla indegnità politica.
La stigmatizzazione autoreferente della indegnità politica altrui, nel caso in questione, costituisce un editto inammissibile di diffamazione, che esula dai poteri della Commissione, ovvero della Presidente, posto che i componenti della medesima hanno sottolineato la solitudine della gestione della comunicazione dell’elenco degli “impresentabili” da parte della Presidente On. Rosy Bindi.
Il Presidente del Consiglio bene ha fatto a dissociarsi dall’operato della Bindi, ma lo strappo alle regole dei poteri costituzionali non può fermarsi al dissenso, per la carica dirompente sullo Stato di Diritto.
Ancor peggio dell’azione comunicativa, appare, poi, la giustificazione opposta dalla Bindi alla dichiarazione del Presidente del Consiglio, laddove sollecita non i poteri costituzionali a valutare la propria azione politica, perchè tale è, ma sollecita il consenso, facendo leva sul generale sdegno popolare contro la malapolitica, senza le doverose distinzioni.
La storia del Basso Impero insegna a diffidare sia dei censori a tutto campo, sia dei giustizialisti senza senso comune.
Carmine Ruggi