“Non va sottovalutato, soprattutto in Basilicata, il rischio di unità nazionale paventato dallo Svimez, a seguito delle richieste di autonomia avanzate dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna”. Lo afferma il consigliere regionale Paolo Castelluccio condividendo l’analisi del centro studi per lo sviluppo delle regioni del Mezzogiorno: in assenza di riforme costituzionali, l’autonomia in alcune Regione potrebbe innescare “un percorso verso un sistema confederale, nel quale alcune Regioni si fanno Stato, cristallizzando diritti di cittadinanza diversi in aree del Paese differenti”
Approfondendo la questione di una applicazione delle opportunità introdotte dalla modifica del Titolo V della Costituzione Italiana, ratificata dal referendum del novembre 2001, la Svimezarriva alla conclusione che senza attivare una serie di contrappesi questo meccanismo porterà alla disgregazione della Unità Nazionale.
Concordo – dice Castelluccio – sul fatto che l’autonomia è da promuovere, come nel caso della Basilicata, attorno alle ingenti e rilevanti risorse naturali (petrolio-gas ed acqua su tutti), se è adeguatamente motivata e se aumenta l’efficacia e l’efficienza nell’uso delle risorse, senza compromettere il requisito di solidarietà nazionale.Le tre Regioni del Nord, pur con differenziazioni, hanno stilato un lungo elenco di richieste su materie concorrenti, tra le quali la sanità e perfino alcune di legislazione esclusiva dello Stato, quali le norme generali sull’istruzione, con l’obiettivo di trasformare beni pubblici “nazionali” in beni pubblici “locali”. Per tutte chiedono di assumere funzioni finora esercitate dallo Stato.Ma i preaccordi con il precedente Governo, sono stati siglati senza un benché minimo richiamo alla necessità di garantire -dopo ben 10 anni- l’ applicazione della legge 42 che stabilisce norme cogenti sul finanziamento dei fondi di perequazione territoriale e di garanzia integrale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Non ha fondamento presumere che l’eventuale risparmio di risorse che potrà essere conseguito sia appannaggio delle tre regioni, in quanto la destinazione delle risorse per la perequazione spetta allo Stato, il cui compito prioritario è il “finanziamento integrale” delle funzioni concernenti i diritti civili e sociali (sanità, istruzione, mobilità) per tutti i cittadini, in regime di costi standard.
La Svimez fa bene inoltre – aggiunge il consigliere regionale – a manifestare molte perplessità sulle modalità di finanziamento dell’autonomia differenziata. La pretesa di trattenere il gettito fiscale generato sui territori è infondata, inconsistente e pericolosa. Eppure continua a far capolino in reiterate dichiarazioni dei presidenti di alcune regioni, per i quali obiettivo dell’autonomia rafforzata è ottenere la restituzione ai territori di risorse cospicue che sarebberostate indebitamente loro sottratte. Questa pretesa, a parere della SVIMEZ, si basa su una sbagliata contabilizzazione del dare e dell’avere tra Stato e Regioni. I Residui fiscali regionali che si chiede di ridurre altro non sono che l’avanzo primario regionalizzato che poco o nulla hanno a che fare con il territorio, essendo il risultato in regime di imposta progressivo del processo perequativo tra contribuenti ricchi e poveri, residenti e non nello stesso territorio.
In secondo luogo, la pretesa di alcune Regioni del Nord di controllo del proprio Residuo Fiscale sconta un macroscopico errore, in quanto nel saldo tra entrate e spese pubbliche si omette di includere proprio quella componente di spesa che nel corso degli ultimi venti anni è progressivamente divenuta la più rilevante:l’onere per gli interessi da corrispondere ai titolari del debito pubblico (famiglie e imprese; banche, intermediari, assicurazioni, residenti esteri). Questa posta contabile rappresenta una spesa per lo Stato ed un’ entrata per i titolari. Per cui il saldo da considerare, non è quello del semplice residuo fiscale ma il residuo fiscale “aumentato” per gli interessi, cioè il Residuo Fiscale-Finanziario. Dalle tabelle contenute nello studio pubblicato dalla SVIMEZ, emerge una prudenziale stima del Residuo Fiscale Finanziario, che per la Lombardia non raggiunge i 13 miliardi, decisamente più contenuto rispetto al Residuo Fiscale comunemente computato in oltre 40 miliardi. Per quel che riguarda il Veneto e l’Emilia Romagna, rispetto a Residui Fiscali rispettivamente di oltre 12 e di oltre 11 miliardi, il loro Residuo Fiscale Finanziario si riduce per entrambe a circa 2 miliardi.