“A quanto pare, nell’agricoltura italiana, il diritto costituzionale viene rispettato a fasi alterne, o per fini puramente propagandistici. Così la Ministra Bellanova, che ha fatto della regolarizzazione di 600mila stranieri il suo cavallo di battaglia mediatica, non ha la minima intenzione di tutelare tantissimi professionisti italiani che lavorano da anni nei Centri di assistenza agricola e anzi sembra avallare la politica del direttore di Agea Papa Pagliardini, in evidente accordo con qualche cosiddetto sindacato agricolo e con il presidente della Commissione Agricoltura della Camera Filippo Gallinella. I liberi professionisti invece da settembre non potranno più essere chiamati a lavorare nei Centri di assistenza agricola, perché qualcuno ha deciso di escluderli dai giochi in violazione alle norme europee sulla concorrenza”.
Lo ha dichiarato il senatore Saverio De Bonis, membro della IX Commissione Agricoltura del Senato.
“Si tratta – ha affermato il senatore – di un attacco senza precedenti al lavoro autonomo, che crea non pochi timori per una pericolosa deriva istituzionale. Più volte ho provato a spiegare al direttore Pagliardini e alla Ministra Bellanova che l’idea di stabilire regole più stringenti per il personale non può prescindere da chi è già professionista nel settore perché chiamato a svolgere le delicate attività con l’organismo pagatore. Il lavoro va tutelato in qualunque modo quando questo è regolarmente svolto. Non è ammissibile discriminare un soggetto perché sceglie di operare come libero professionista e non in un’altra forma giuridica. Né tantomeno è ammissibile sottostare ai condizionamenti della Coldiretti”.
“Non a caso – conclude De Bonis – le organizzazioni che raggruppano gli Ordini e i Collegi professionali di oltre due milioni di professionisti hanno espresso con forza dissenso per l’atto di emarginazione portato avanti da AGEA. Le direttive sono chiare: dopo aver smantellato i diritti dei lavoratori con il Jobs Act, si vuole distruggere il lavoro autonomo degli italiani, creando nuove sacche di disoccupazione. È una grave violazione dei diritti sanciti dall’art. 4 della Costituzione, della quale il governo e le istituzioni dovranno rispondere”.