Dal 1994 a Matera nella zona Paip 1 sono cominciati i lavori per realizzare un centro di formazione professionale. L’immobile non è mai stato completato e risultata abbandonato e nel degrado. In proposito si registra l’interrogazione del senatore De Bonis (Gruppo Misto) al Ministro dello Sviluppo Economico Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Al Ministro dello sviluppo economico. –
Premesso che a quanto risulta all’interrogante:
nelle aree del P.A.I.P., sigla che sostituisce la dizione “Piano delle Aree per Insediamenti Produttivi”, la prima zona produttiva e artigianale nel Comune di Matera, nata in un periodo di trasformazioni urbane che hanno interessato vaste aree del territorio cittadino, destinate a piccole e medie attività imprenditoriali, gli immobili che si affacciano sulla via 1° maggio sono circondati, ovunque, da erbacce, segno di degrado e di abbandono;
per finalità e funzioni, il P.A.I.P. si distingue dalla più vasta e periferica zona industriale sorta in contrada La Martella, in cui più forte è risultata la presenza di attività legate al mobile imbottito (ex decreto del Ministero dello sviluppo economico 4 settembre 2013, che disciplina il bando che seleziona e finanzia programmi di sviluppo sperimentale, finalizzati al consolidamento e al recupero di competitività delle imprese operanti nei Comuni del distretto-comparto del mobile imbottito), comparto in rapida ascesa quando, nel 1994, si pensò a una struttura interamente dedicata alla formazione;
l’appalto, inizialmente, venne vinto da una società di Gravina, alla quale successe una di Potenza. Ma per arrivare all’inizio dei lavori si dovette attendere la primavera del 1996. Sul piano delle risorse disponibili, la Scuola di formazione disponeva di 12 miliardi e mezzo di lire e il taglio del traguardo, mai raggiunto, avrebbe dovuto coincidere con una data simbolica, il 2000;
iniziarono, purtroppo, una serie d’interruzioni condizionate dalla mai chiarita volontà d’introdurre diverse varianti alla realizzazione del progetto finale. Insomma, i lavori si fermavano e ripartivano in continuazione, non senza incursioni da parte di ignoti pronti a vandalizzare e devastare qualunque struttura pubblica inutilizzata;
come riportato da “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 24 febbraio 2019, si tratta di una deriva verso il degrado che sembrava superata nel 2005, quando fu avviato un primo collaudo, quanto mai azzardato, visto che le opere non erano ancora giunte completamente al traguardo. Di più, anche se nella primavera del 2006 si continuava a dare per scontato l’avvio in quella sede del Centro per la formazione professionale, in realtà, non accadde e non vi fu nemmeno la certificazione dei lavori ultimati, ma solo atti di vandalismo per gli immobili;
successivamente si sperò in una possibile svolta quando, mentre tramontava l’obiettivo del Centro di formazione, prendeva quota l’opportunità di destinare questi spazi alla sede periferica della Scuola speciale dell’Istituto di restauro. Possibilità anche questa accantonata nel momento in cui la nuova opzione venne abbandonata a favore dell’avvenuto recupero funzionale dell’ex convento di Santa Lucia, ubicato in pieno centro, ad angolo tra Via Lucana e Via Lavista e affacciato su piazza Vittorio Veneto;
considerato che:
i lavori sono stati completati e il complesso di via 1° maggio presenta una gran quantità di spazi utilizzabili per molteplici scopi, dispone anche di un’ampia palestra e, quindi, la capacità di ospitare attività dedicate all’istruzione sembra raggiunta, anche se, nonostante i buoni collegamenti con questa zona, l’ubicazione viene considerata troppo periferica;
comunque, qualsiasi scelta maturi, al momento non pare sia ancora stato effettuato il collaudo, il che significa che questo immobile non può ancora essere fruito da nessun tipo di utenza,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo voglia sollecitare le istituzioni locali competenti affinché possa essere utilizzato al più presto questo edificio, che comincia a presentare segni di degrado, per le tante attese attività e, soprattutto, perché non avvenga l’ennesimo spreco di spesa pubblica in una città che continua a lamentare la carenza di strutture da adibire alle molteplici attività in attesa.