La possibilità di ottenere il permesso di costruire attraverso una semplice pratica amministrativa, la Scia (segnalazione certificata di inizio attività), va regolamentata quanto prima. Ne è convinto il Circolo Culturale La Scaletta che chiede l’approvazione di una norma che disponga l’istruttoria obbligatoria, da parte degli organi tecnici comunali, per tutte le pratiche riguardanti l’applicazione del Piano Casa. “Una misura necessaria – si legge in un documento redatto dal vicepresidente del Circolo, l’architetto Paolo Emilio Stasi, già Presidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Matera – per verificare la destinazione ultima degli immobili da demolire, la reale consistenza in termini dimensionali, la corretta applicazione della legge nel calcolo delle superfici da demolire e di quelle da ricostruire. Infine la verifica, obbligatoria, a comunicazione della fine dei lavori non solo della corrispondenza al progetto approvato ma che si siano realizzate tutte le opere e gli obblighi che hanno prodotto la premialità volumetrica. Il Regolamento urbanistico, approvazione 2021, non ha potuto, e forse voluto, arginare gli effetti devastanti che ha prodotto e sta producendo il Piano Casa. Infatti con il R.U. non si è nemmeno posto il problema di un serio censimento delle zone urbane o di edifici puntuali eventualmente da salvaguardare dalle operazioni di “rigenerazione” ma non ci si è preoccupati di capire nemmeno come regolamentare i trasferimenti, nel caso, dei volumi nuovi da edificare e la compatibilità tra quelli demoliti e quelli nuovi da edificare. Ancora, se consentire che ruderi sparsi nel territorio comunale potessero diventare volumi da edificare in città ovvero che ruderi di città potessero diventare lottizzazioni in campagna. Niente di tutto ciò per cui l’unico strumento urbanistico oggi vigente è la legge regionale 25/2012. La pianificazione strategica territoriale – sottolinea Stasi – poi, è affidata, anch’essa, non a strumenti ma a leggi od ad investimenti ordinari o straordinari vedi PNRR, FSC, fondi comunitari regolari e straordinari e così via. Nessuna visione, nessun obiettivo non solo non condiviso ma nemmeno verificato con gli strumenti propri della pianificazione urbanistica, non avendone nemmeno uno straccio. Primo e prioritario impegno per la prossima amministrazione comunale porre fine, o perlomeno argine, al “Sacco” di Matera. Perché di quello si ha paura in questa città che consente la demolizione di una struttura alberghiera, efficiente e funzionante, per costruire ancora abitazioni in uno spazio già sovraccaricato oltremodo di residenzialità e cemento oppure di proporre la demolizione di un esempio di architettura moderna perché l’edificio non può accogliere una specifica funzione. Si dovranno salvaguardare poi, conclude Stasi, con l’adozione di un regolamento edilizio specifico che ne disciplini gli interventi possibili, i borghi ed i quartieri del trasferimento Sassi al fine di tutelarli, risanarli e valorizzarli. Borghi e Quartieri devono essere quindi, naturalmente, inseriti nel circuito di conoscenza dell’intera vicenda nota come “risanamento Sassi”. Anch’essi devono diventare tappa obbligata per chi vuole conoscere, compiutamente, Matera e la sua storia urbanistica e sociale”.
Mar 03