Città Plurale è impegnata a livello nazionale nella “Rete per la difesa della Costituzione”, con la quale, attraverso articoli e iniziative, sta cercando di sensibilizzare e informare i cittadini sulle riforme in discussione in parlamento, riforme che incideranno profondamente sul futuro democratico del nostro paese. Di seguito la nota integrale.
Mentre le note di Sanremo tenevano gli italiani appiccicati alla TV, tra gli scranni della Camera i rappresentanti dei cittadini sottraevano il trono al popolo sovrano e lo consegnavano al Presidente del Consiglio. E’ già quasi un anno che gli elettori non votano più per le Province: nella notte del 13 febbraio, la martellante voce dell’altera Boldrini, scandendo l’apertura e la chiusura delle votazioni, ha cambiato i connotati del Senato e lo ha sottratto al voto popolare.
La Carta costituzionale fu scritta da partiti che, pur divisi dalla storia, deposero il fucile e accettarono il confronto delle idee nella speranza di un destino di pace e di sviluppo. Nella notte del voto, invece, una maggioranza sola, arroccata nella sua presuntuosa supponenza, ha calpestato i principi della sovranità democratica, stravolgendo 40 articoli ai ritmi tipici del decreto. L’opposizione, in parte complice, ha abbandonato l’aula, tra gli avanzi di un patto scellerato, le immancabili transumanze opportunistiche, il tardivo rinsavimento del duo Fassina-Civati e la pusillanimità di dissidenti che, rimanendo in aula, hanno consentito il raggiungimento del numero legale.
In quelle concitate ore solamente 311 deputati rispondevano agli appelli, meno della metà dei membri della Camera, ma si andava avanti in ragione dei presenti “occulti”, quelli imboscati tra le file del Governo o in missione, che un regolamento strumentale al dominio della Maggioranza include nella conta. In questo modo un partito, che in elezioni segnate dal 40% di astensionismo ha ricevuto soltanto il 26% dei consensi e che si trova al Governo grazie a un premio di maggioranza illegittimo, sta cambiando la forma della nostra democrazia, ormai declinante verso un’oligarchia parlamentare.
Nessuna discussione si è avviata nel Paese sui temi della riforma, nessun confronto nei partiti, neppure nel PD, un contenitore di clientele che di democratico ha ormai solo la lettera “D”. I cittadini contano sempre meno e, se la riforma passerà, un Senato ridimensionato a un terzo degli attuali componenti sarà scelto da Consiglieri regionali e Sindaci tra le loro file. Persa la competenza sulla maggior parte delle materie, questa camera risulterà marginale riguardo a quelle rimaste, ma soprattutto non avrà più i poteri di controllo dell’Esecutivo, prerogativa voluta dai Costituenti per ostacolare il partito unico al potere, una misura a garanzia dell’ordinamento democratico.
Un Senato dedicato alle Autonomie serve, in realtà, a coprire la sottrazione di poteri perpetrata ai danni delle Regioni, con una Camera ridotta a dopolavoro dei Consiglieri e il Governo che può sostituire le amministrazioni regionali nelle materie concorrenti. L’Esecutivo, infatti, potrà legiferare anche sull’ambito riservato alle Regioni quando “lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale“, cioè, ogni volta che lo riterrà opportuno.
È la riforma elettorale, però, che mette maggiormente in discussione la sovranità popolare. Infatti, il partito più votato otterrà in premio, nel primo scrutinio o nel ballottaggio, il numero di seggi necessari a diventare maggioranza, potendo così dirigere l’unica Camera rimasta a controllare l’Esecutivo, mentre per la precedenza assegnata ai capilista almeno la metà dei seggi del partito egemone andrà a candidati fedeli al suo segretario. Posto alla guida del Governo, questi imporrà i suoi provvedimenti ad un Consiglio dei Ministri composto da suoi fiduciari e ad un Parlamento alle sue dipendenze. Come non chiedersi, a questo punto, quanti decenni di renzismo ci attendano?
E qual è il motivo addotto a giustificazione di questa revisione sbagliata e pericolosa? Il mantra ripete che è da vent’anni che si parla di riforme ed è arrivato il momento di farle: ce lo chiede anche l’Europa. Una giustificazione risibile, dato l’enorme numero di temi scottanti e urgenti – rischio idrogeologico, crisi economica, evasione fiscale, etc. – che, immutati, accompagnano un italiano dalla culla alla tomba.
L’ipocrisia dell’ex-sindaco di Firenze non ha limiti, poiché dietro quel pretesto si cela il vero motivo delle riforme: la volontà delle lobby finanziarie, bancarie e industriali di saltare l’ostacolo offerto ai loro piani dai parlamenti democratici e dalle Carte costituzionali. Nella relazione del 2013 il colosso finanziario JP Morgan scriveva: “I sistemi politici dei paesi del sud e […] le loro costituzioni […] appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea […] mostrano una forte influenza delle idee socialiste e […] presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori […].
Le Costituzioni e i Parlamenti sono, quindi, un ostacolo per le società finanziarie, mentre i Governi sono gli interlocutori preferiti di queste, più disponibili ad accontentare le loro richieste: se l’Esecutivo, quindi, riesce a dirigere il Parlamento, il gioco è fatto e questo spiega la riforma di Renzi. I Parlamentari che l’hanno votata, però, hanno tradito il mandato ricevuto dagli elettori, poiché con quel voto hanno sottratto il trono agli italiani mentre questi, sprofondati nei loro divani, abbagliati dalle luci dell’Ariston, ammaliati dalle tre vallette, rimbambiti dalle gag degli ospiti, non s’accorgevano che stavano diventando sudditi.
Svegliamoci, cari concittadini, alziamoci dai divani e riprendiamo nelle nostre mani la responsabilità della sovranità: cercano continuamente di sottrarcela e, se non la difendiamo con la partecipazione attiva e organizzata, alla fine ci riusciranno.
Città Plurale, insieme a decine di altre associazioni locali e comitati sparsi in tutta Italia, è iscritta alla Rete per la Costituzione, network rappresentato all’interno del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, cui appartengono associazioni di livello nazionale: la Fiom, Libera, Libertà e Giustizia, Salviamo la Costituzione e altri, che sta organizzando una serie di iniziative per bloccare questa riforma.
Saverio Paolicelli – Città Plurale – Matera