I Giovani Democratici di Matera in una nota esprimono alcune riflessioni sulle manifestazioni organizzate dai cittadini per contestare il Dpcm del Governo Conte in vigore per arginare l’emergenza Coronavirus. Di seguito la nota integrale.
I contagi aumentano ogni giorno, la gestione scolastica ha fallito e gli ospedali sono in difficoltà. Questo si ascolta nelle ultime settimane.
Il governo continua ad assicurare che non ci sarà un secondo lockdown ma è evidente che le nuove normative siano solo una toppa per un problema che sembra incontenibile.
Ragion per cui a partire dalla notte di venerdì 23 ottobre, a Napoli e poi in altre città italiane, migliaia di persone sono scese in strada ignorando coprifuoco e ordinanze per manifestare il proprio bisogno di sostegni economici dal governo centrale. Le manifestazioni però hanno ben presto preso una piega violenta, con atti di vandalismo importanti e scontri con la polizia.
Queste proteste sono state subito oggetto di discussione mettendo in primo piano questi ultimi atti violenti affibbiandogli ad azioni pianificate dalla criminalità organizzata, occupando così la piazza pubblica mettendo da parte però le richieste pacifiche dei commercianti manifestanti.
Fermo restando che siamo assolutamente contrari a tutte le forme di violenza, crediamo sia necessaria un’analisi fredda e critica di quello che sta accadendo, per non lasciare al caso alcuna istanza.
In situazioni di estrema complessità sociale ed economica, come quella partenopea, si vanno ad intrecciare interessi e azioni di diverse fasce della popolazione, che vedono questi momenti di protesta come mezzi da usare per differenti fini.
I lavoratori e lavoratrici sono la componente su cui alle loro spalle gravano molte difficoltà di questa emergenza. Componente che sta cercando di far capire al governo, locale e nazionale, che bisogna necessariamente trovare un modo per salvaguardare l’economia dei piccoli commercianti trovando un compromesso nella limitazione del contagio del Covid; insieme però ci sono state una serie di azioni violente che è difficile da districare dalle loro reali intenzioni. Sono state associate in maniera molto generale a sia un’organizzazione di stampo mafioso che a delle persone che hanno creato situazioni di vandalismo spontaneo e approfittatrice della situazione di caos.
Ricordiamo infatti che protestare pacificamente per esprimere dissenso verso le decisioni del governo è giusto e si deve fare, ma prendere parte a manifestazioni organizzate e gestite da componenti criminali e violente invece porta inevitabilmente loro ad una visibilità maggiore di quella che avrebbero normalmente.
Ma i lavoratori?
Da nord a sud sono stati nominati pochissimo. La voce dei veri protagonisti di queste proteste è stata ascoltata? Poco e male. Ristoranti, palestre, mondo dello spettacolo nonostante i grandi investimenti fatti per adeguarsi alle normative di sicurezza richieste solo una settimana prima sono stati comunque chiusi. E lo hanno fatto nonostante lo spazio non permettesse, nonostante le cospicue spese, nonostante gli orari. Lo hanno fatto per mantenere la dignità che solo il lavoro può dare a un cittadino. Il governo, nonostante le promesse di aiuti e sussidi, continua a prendere decisioni che per quanto possano apparire razionali, creano divisione e scontro, e sembra prendere queste decisioni sull’orlo della crisi ignorando l’ascolto. Quindi ci si ritrova con istituzioni che scelgono di riproporre nuovamente il ricatto che contrappone salute e lavoro. Gli oppressi devono ancora una volta scegliere se morire di malattia o di fame. Esigenze sanitarie e lavorative sono contrapposte in un sistema economico nel quale i privilegi di poche persone vengono prima degli interessi collettivi. E lo si fa perché si sono convinte le persone che non ci sia alternativa a questo modello sociale, economico e politico.
Nessuno mette in dubbio la ratio di queste decisioni, ma se è vero che le decisioni vengono prese in base al grado di pressione ospedaliera, i cittadini si aspettavano che, sull’esperienza della prima ondata e dei sacrifici sostenuti durante il lockdown, il governo si impegnasse di più per rinforzare il comparto sanitario ed evitare nuovamente norme stringenti.
Ma oggi ci uniamo, insieme alle lavoratrici e i lavoratori, all’urlo che chiede al tempo stesso salute e reddito. Ci uniamo a quei lavoratori che sono scesi in piazza per manifestare pacificamente il loro pensiero contro un governo che non sta tutelando loro, e non sta tutelando un diritto costituzionale come quello del lavoro.