Classifica Censis, Unibas, Consigliere regionale Cifarelli (Censis): “Facciamo presto”. Di seguito la nota integrale.
La tradizionale classifica delle Università italiane elaborata dal Censis per il 2023 /24 offre uno scenario dell’offerta accademica sempre puntuale ed aggiornata. E rappresenta, per i giovani diplomati e per le loro famiglie, un utile strumento di scelta del percorso universitario.
In termini complessivi, i dati relativi all’anno accademico 2022/23 segnano un incremento del 2,2% degli immatricolati rispetto al 2021. L’aumento dei nuovi iscritti però, è disomogeneo. Infatti, vengono premiati gli Atenei del Centro Italia e del Nord-Ovest, a discapito di quelli del Nord-Est e del Sud Italia che vivono una stagione particolarmente difficile sul fronte dei servizi e dell’offerta formativa.
Altro indicatore preoccupante è rappresentato dai dati relativi alla continuità negli studi degli studenti. E’ alto il tasso complessivo di abbandono entro il primo anno (7,3%), e, le relative ricadute negative sulla capacità di inclusione dei nostri Atenei, generano un impoverimento del capitale umano e della ricchezza immateriale del Paese. E questo non è solo un problema delle Università, ma è una questione di cui deve farsi carico la classe dirigente nel suo complesso, in quanto più abbandoni determinano più debolezza del sistema Italia.
Per quanto riguarda la Basilicata, l’indagine Censis evidenzia le difficoltà dell’Ateneo lucano. Infatti , nell’ambito dei “Piccoli Atenei statali”, l’Università degli Studi della Basilicata, perde due posti rispetto al 2021 ed occupa malinconicamente il penultimo posto della classifica , seguita solamente dalla Università del Molise.
E’ bene ricordare che la valutazione degli Atenei avviene attraverso sei macro indicatori: i servizi, le borse di studio ed i contributi, le strutture, comunicazione e servizi sociali, l’internazionalizzazione e l’occupabilità. Purtroppo, l’Unibas si segnala in negativo per il calo di tutti gli indicatori, in particolare per il crollo del tasso di occupabilità dei giovani ad un anno dal conseguimento della laurea, per il calo delle cosiddette borse, i contributi dell’Ateneo e degli Enti di diritto allo studio per sostenere gli studenti e per promuovere l’appeal della Università lucana, per non parlare dell’analisi quantitativa e qualitativa della offerta didattica rispetto agli altri Atenei italiani.
In verità, lo stato di grande disagio vissuto da chi frequenta ed opera all’interno dell’Ateneo lucano non lo scopriamo certo oggi. Basti pensare a quanto accaduto nel corso dell’ultima inaugurazione dell’anno accademico avvenuto il sei marzo scorso nonché quarantennale della nascita di Unibas, allorquando il rappresentante degli studenti, davanti al Presidente della Repubblica e alle autorità regionali, lanciò il suo appello a “fare presto”, sollecitando le Istituzioni ad aumentare gli investimenti per le strutture ed i servizi e garantire effettivamente ” il diritto allo studio, a tutto tondo, rafforzando i suoi pilastri ogni giorno”.
Al Presidente della Regione invece ricordava che ” in una regione in emergenza demografica non c’è più tempo: tuteliamo i laureati nella fase d’inserimento nel mondo del lavoro, favoriamo la loro permanenza in Basilicata, stimoliamo in tal senso il tessuto economico. Diversamente costringeremmo i più a cercare altrove la propria realizzazione personale. Pensiamo anche ai giovani che rientrano nella numerosa fascia dei NEET, gran parte dei quali nelle regioni del Sud”. Concetti peraltro ribaditi nel corso della sua audizione in quarta Commissione consiliare avvenuta successivamente, ma caduti tristemente nel vuoto della retorica di Bardi&co.
E sì….si tratta proprio di retorica. Infatti, quando si parla di misure per contrastare lo spopolamento demografico, non bisogna farlo con il bilancino dei luoghi comuni, ma con azioni concrete, a partire da un vero e straordinario piano di rilancio della Università della Basilicata in termini di investimenti e di idee che veda da una parte lo studente al centro di una serie di misure di sostegno di tipo economico, infrastrutturale e di servizi e dall’altra l’Ateneo stesso che dovrebbe rappresentare un riferimento imprescindibile della programmazione per la crescita economica e culturale del territorio.
Cosa che finora non è avvenuta, illudendosi che il contributo economico che annualmente la Regione trasferisce ad Unibas ( misura introdotta nel 2006 dal governo regionale di centrosinistra) basti a risollevare le sorti dell’Università. E’ necessaria per la sua sopravvivenza, ma non è sufficiente per migliorare la forza attrattiva e il suo riposizionamento a livello nazionale ed oltre confine.
Sin dal 1982 il legame tra Regione Basilicata e Università degli Studi della Basilicata è sempre stato forte, con gli anni alimentato da forme di collaborazione sempre più strutturate che hanno consentito un regolare scambio di competenze e conoscenza. E’ il momento di alzare l’asticella…..
Il motto della Università degli Studi della Basilicata recita : ” Il tuo futuro parte da qui.”
L’idea di futuro per le giovani generazioni e per la Basilicata deve partire esattamente dalla nostra più prestigiosa istituzione culturale : l’Università.
I padri fondatori dell’Università della Basilicata intesero la nascita dell’Ateneo come “un segno di risurrezione, di glorioso ritorno alla vita e di consapevole speranza verso un avvenire migliore”.
“L’avvenire migliore ” è oggi. E, pertanto, bisogna “fare presto “. Senza indugiare in ulteriori perdite di tempo e recuperando lo spirito di chi ha fortemente creduto nella presenza di una Università in Basilicata.
Abbiamo vissuto tempi difficili, ora è il tempo di fare scelte coraggiose e lungimiranti.