Il Comitato Civico per Gorgoglione dice no all’abbattimento del vecchio cimitero. dDi seguito la nota inviata dal presidente del Comitato Civico per Gorgoglione, Francesco Nigro.
Da tempo a Gorgoglione viene perpetrato lo scempio abbattimenti del patrimonio di case in pietra costruite sul territorio dai contadini del luogo per far fronte al bisogno di proteggersi in mura solide durante gli inverni, un tempo, davvero rigidi e da intemperie molto più aggressive di oggi. Tutto ciò per godere al riparo, le poche ore di riposo dopo, aver duramente faticato nei campi a mietere o zappare con la sola forza delle braccia, ma con tanto di dignità cucita addosso.
E’ sotto gli occhi di tutti oggi: Matera Capitale della Cultura 2019 con i suoi Sassi, Patrimonio Mondiale dell’UUnesco, solo a metà del secolo scorso venivano definiti “la vergogna d’Italia”.
E’ proprio vero che al peggio non vi è mai limite.
Nonostante l’esempio di Matera, capitale di Provincia, a Gorgoglione… dove della memoria storico culturale e ambientale viene spesso bistrattata si insiste nel voler portare a termine un disegno elaborato nei decenni da una serie di amministratori, con la sola eccezione di uno.
Costui, per ingenuità, o onestà di comportamento divergente si è ammalato; ma ha dato lustro alla volontà popolare di non voler sopprimere il Vecchio Cimitero (come per contro i soliti buldoozer emanarono ordinanza), decretandone in parte il restauro.
Tornata in auge la specie precedente, oggi si intende completare la demolizione di Palazzo Francesco Lauria in Piazza Zanardelli… già deliberata nel 1999 con incarico affidato a Marotta S.r.l. che avrebbe dovuto ultimarne i lavori il 18 agosto 2000.
Accadde qualcosa di imprevisto… un Comitato!!! Questo intraprese una lotta impari, con una tale determinata penetrazione che unitamente all’intervento in tre fasi del T.A.R., i lavori vennero di fatto bloccati…
Da allora ponteggi vetusti, ancora oggi esistenti, su Palazzo Lauria, addosso a S. Maria Assunta sono stati la vergognosa cornice di tutti i matrimoni celebrati e le manifestazioni religiose susseguitesi.
Sconcio additatomi in privato anche da padre Giuseppe De Rosa, visibilmente addolorato!!!
Altro a valle di questo caseggiato, e parte dello stesso, si è demolito, eludendo quanto il T.A.R. aveva per ben due volte prima sospeso e poi fermato definitivamente.
A poco sono serviti gli anni di lotta del Comitato che con vari Convegni a Palazzo Laviani, organizzati dal Presidente Francesco Nigro da Rosate (MI). Nel primo di questi, intervenne a favore del Comitato anche il Senatore di Lauria: Valerio Mignone.
In seguito per intimidirne la ferrea volontà, tuttora in Vigore, si inventò da parte di un primo cittadino: una denuncia contro il promotore del Comitato. Ciò diede il via ad un inconcludente procedimento penale durato un decennio, con grave dispendio di danaro…
Per porre fine al contenzioso, come in una farsa, noi denunciati dovemmo produrre documenti firmati che permisero, all’ormai non più sindaco denunciante, di ritirare la querela.
Che dire poi delle motivazioni di alleggerimento addotte per fermare il “corpo della frana”? Tutto quanto è stato abbattuto, in e intorno la Piazza, a poco è servito. Lo dimostra il tratto della statale 103 a monte della Chiesa che è sempre sconquassato e contro questi decretati alleggerimenti, stimati necessari, giocano contro le consistenti iniezioni di calcestruzzo a consolidamento della Chiesa e il riempimento con macerie dei locali seminterrati di Palazzo Laviani, di risulta dalla ristrutturazione dei piani superiori, nei quali si è ricavato una Sala Conferenze, ancora oggi priva dell’abbattimento delle barriere architettoniche.
Così come nel 2001 scrivemmo: “Arrestati dal T.A.R: i buldoozer del Comune”, oggi i fatti ci permettono di affermare che questi allo stesso modo si sono arrestati di fronte ad una casa di pietra, oggi ristrutturata, di proprietà della famiglia di uno dei più noti notai a Matera.
A demolizioni concluse, questa casa come un totem in mezzo alla tabula rasa del centro storico, additerà la becera volontà dei vari Attila!!!.
“La frana siamo noi” scrivevano alcuni che oggi non ci sostengono più.
Termino nel citare quanto suggerito dall’Amico vignettista Beppe: che oltre a definirmi un “Lucano amaro” scrisse: “a Gorgoglione… Non fiori, ma opere di benne”.
Questa è la vergognoa di non aver saputo rispettare la dignità di quei contadini che in quelle “casupole e stalle”, dormivano assieme ad asini, maiali, conigli e galline… In una di queste fu partorita anche mia moglie.