Alessia Araneo, Coordinatrice provinciale M5s Basilicata, in una nota replica ai messaggi social pubblicati da utenti sul video video dedicato alla promozione della raccolta firme sulla proposta del salario minimo. Di seguito la nota integrale.
Qualche giorno fa, ho pubblicato sui miei canali social un video dedicato alla promozione della raccolta firme sulla proposta del salario minimo.
Dopo poche ore dalla diffusione, ho subito quello che, per la forma e per i contenuti, definirei attacco squadrista.
Orde di opinionisti da tastiera, infatti, hanno iniziato a rivolgermi gli insulti più volgari, attaccando non le mie parole ma la mia persona. Pertanto, ho ritenuto opportuno bloccare i commenti.
E questo non ha nulla a che vedere con la democrazia e con il sacrosanto diritto di ciascun* di esprimere la propria opinione.
Un insulto, oltre a non rappresentare un argomento, non è un’opinione, ma una violenza.
E, in questo caso, una violenza collettiva, perché questi internauti si muovono insieme, si rafforzano l’uno della barbarie dell’altro e giocano a superarsi in volgarità. Si spalleggiano vicendevolmente, l’uno apprezza l’insulto usato dall’altro e rilancia a chi fa più male, a chi demolisce più rapidamente.
Tutto questo veleno, però, non correrà lungo la bacheca della mia pagina, non può essere da noi avallato e incoraggiato. Non sarò io ad alimentare tutto questo odio.
Non consento a nessun* di giudicare il mio aspetto fisico, la mia acconciatura e tutto quanto pertiene al mio corpo e alla dimensione privata della mia vita.
Quando ho scelto di fare politica, l’ho fatto nella piena convinzione che il rispetto delle persone fosse un presupposto prepolitico irrinunciabile, non ulteriormente negoziabile. E provo a fare in modo che questo principio ispiri tutta la mia attività. Dunque, no: la mia non è una forma di censura, bensì una forma di cura.
Di cura verso le persone e verso gli spazi pubblici che queste abitano. E Internet è diventato, a tutti gli effetti, uno spazio pubblico. Uno spazio che, tuttavia, non può essere deregolamentato, ma che ha bisogno della massima attenzione possibile, di cura appunto. Immaginiamo cosa accadrebbe se ci ritrovassimo in piazza e gruppi di persone iniziassero ad aggredirci perché abbiamo tagliato i capelli o indossato troppi orecchini… A me è successo questo: sotto gli occhi di tutt*. E no, non lo consento, per rispetto della mia persona, delle altre e dello spazio che condividiamo.
Quel che resta – dopo questa pioggia di offese che nulla aggiunge e nulla toglie al contenuto del video, ma molto danneggia la nostra umanità – è la corroborata convinzione del tanto lavoro che c’è ancora da fare. La facilità con cui si propaga l’odio in rete è il sintomo di un’umanità disorientata, alla quale bisogna rispondere tendendo le mani e non opponendo altra violenza.
Per questa ragione, anziché ingiuriare con la stessa moneta i tanti odiatori (casualmente appartenenti a una certa area politica), ho preferito fermare l’emorragia di veleno e invitare tutti alla fatica dell’argomentazione, piuttosto che alla facilità dell’insulto.