Congresso nazionale Movimento Equità Territoriale, intervento presidente Pino Aprile. Di seguito la nota integrale.
Questo è un congresso di svolta, dopo 3 anni intensi, bellissimi e orrendi, che ci hanno arricchito e avvilito. Il viaggio ha fatto la scrematura fra chi si era aggregato per disegni personali o di respiro corto (ali piccole, per volare basso) e chi per un obiettivo alto a cui, pur fra tante convulsioni, siamo più vicini e in numero maggiore di quando siamo partiti e soprattutto, grazie a noi, più presente nel dibattito politico nazionale, da cui il Sud era scomparso.
Una giornata esaltante, quel 24 agosto del 2019. Ci sono qui alcuni che vennero nel bosco in cui nascemmo, come Movimento. E forse ricorderanno quello che dissi: facevo qualcosa che non mi piace e a cui mi sento inadatto, attività politica non solo ragionata, ma praticata, che è conciliare ambizioni personali di troppi, cercare compromessi, intesi come punto di incontro fra visioni e interessi diversi. Prendetevi quel po’ di riconoscibilità che mi viene da mezzo secolo di giornalismo, dissi, dalla platea dei lettori dei miei libri; prendetevi il mio tempo, il mio nome per quel che serve; non sapevo che avrei dovuto aggiungere la mia salute. Non potrete prendevi la mia libertà, che è il mio unico patrimonio. Ma sbrigatevi a rendermi inutile, se servo per unire quanti sono distanti, pur avendo qualcosa in comune, eccomi. Ma solo per il tempo necessario.
Mi ero sbagliato, però, attribuendo a quasi tutti gli stessi sentimenti, la stessa tensione verso un comune ideale. Immaginavo che sarebbe sorta una forma di coesione, specie fra i più giovani, che avrebbe, per forza anagrafica e di natura, messo affettuosamente ai margini me e gli altri anziani fondatori e caricato del vigore di più fresche generazioni la nostra impresa. Sul Movimento dei nominati, che avrebbe dovuto essere sostituito, nel giro di alcuni mesi, massimo un anno, da una struttura di eletti democraticamente, si abbatté, invece, il covid; le assemblee non si potettero fare, tutto si spostò sul web, che estremizza, equivoca, confonde e contrappone; e chi era, me compreso, alla guida per il tempo necessario all’avviamento, si è trovato a restarci troppo. Qualcuno ci prese gusto: legittimo. In democrazia servono ambizioni di guida. Sorrette, però, dal consenso.
Invece, con il voto a sorpresa di un direttivo estemporaneo a cui ero assente per un intervento al cuore, c’è stato il tentativo di mummificare, a vita, e per diritto fondativo, la struttura dirigente. Fu l’inizio delle convulsioni che hanno mostrato le vere intenzioni di tanti: chi voleva il Movimento sì, ma di sinistra (come se il treno per Matera potesse essere interdetto a quelli di centro e di destra); chi voleva esser vice presidente o niente; chi organizzava una rete con mozioni fuori dal congresso, per proporsi presidente; chi prendeva accordi con altre forze politiche, a nome del Movimento, per porci dinanzi al fatto compiuto… Badate, nessuna di queste cose è illegittima in sé, a renderle tali è stato il modo e il momento: senza un congresso possibile, perché il lockdown ce lo impediva; con assemblee e un manifesto clandestinamente fatto girare; con una campagna di diffamazione nei miei confronti, descritto quale burattino dei servizi segreti, ladro e mafioso. Insomma: sono cadute molte maschere.
La cosa va studiata: dalla pretesa della dirigenza a vita, all’ammutinamento di dirigenti regionali che si ponevano a capo di iniziative politiche personali, contro quelle del Movimento, quanto è accaduto mostra che il Movimento, complice il troppo tempo intercorso prima del nostro primo congresso, aveva preso una deriva settaria, ovvero si occupava più di se stesso che dello scopo per cui è nato. Tutti i conflitti (e la democrazia è conflitto regolato da norme) erano interni al Movimento; mentre i nostri successi, e sono tanti, li abbiamo colti quando ci siamo spesi fuori dal Movimento. E cose ne abbiamo fatte: manifestazioni in tutto il Sud, a Roma, documenti e studi su Recovery Fund, Pnrr, coinvolgimento di parlamentari sui nostri temi, iniziativa per la nascita delle prime associazioni di sindaci e di imprenditori meridionali, influenza su altri gruppi e nella società…
Ma qualcosa che pareva episodico è invece divenuta la cifra, in negativo, del nostro Movimento: le secessioni regionali, cosa che se, da una parte, indica a cosa miravano davvero i protagonisti di tali scossoni, dall’altra suggerisce di rivedere la struttura organizzativa del Movimento. Cominciò Paolo Spadafora, referente per la Calabria, che tentò di sottrarre gli iscritti calabresi, per sostenere un’altra forza politica. Peccato, perché Paolo è fantasioso, a volte un po’ troppo bizzarro, diciamo così; ma a lui si devono un paio di ottime intuizioni, prima che si rivelasse inaffidabile. Recuperata la Calabria, sul fallimento dell’accordo elettorale con De Magistris, per l’inqualificabile, vergognoso suo comportamento, si ebbe una replica con gruppi pugliesi e lucani che aggredirono alle spalle il Movimento in Calabria, schierandosi con don Giggino, e appropriandosi delle pagine locali del Movimento; idem, poi, la miscellanea di alcuni siciliani e residenti all’estero che riducono il loro, ehm…, impegno meridionalista, all’attacco incessante contro il nostro Movimento. Infine, a sorpresa e nuovamente, la parziale fuoriuscita, con uguale modalità e volgarità, di una fetta di iscritti e dirigenti della Calabria. La ripetizione indica che il difetto è, quindi, strutturale. E si dovrà tenerne conto. E non so dire quanto questo sia assimilabile al frazionismo tipico delle comunità colonizzate e alla violenza che le contraddistingue: i seguaci di Nelson Mandela si massacrarono fra loro e Gandhi fu ucciso da uno dei suoi, non dagli inglesi.
L’ultima vicenda è stata quella delle elezioni anticipate: abbiamo cercato di parteciparvi, accordandoci con il Movimento di Cateno De Luca, grazie anche alla genuinità del nostro rapporto personale. L’intesa era stata facilmente raggiunta (un terzo dei collegi continentali scelti da noi, il resto a loro); in seguito, su aut-aut di esponenti della segreteria, sono state avanzate altre richieste irricevibili da parte di Cateno. E c’è stata la rottura (non del rapporto personale, come vedete, tanto che Cateno è qui, oggi e l’intesa politica l’abbiamo ripristinata). Idem con i cinquestelle: chi accusa, a posteriori, il presidente del mancato accordo con i cinquestelle, dimentica che a stilare le richieste “irrinunciabili” da porre per iscritto e far firmare, fu uno degli accusatori; un altro di loro le trasmise al vice presidente del M5S. La verità è che sia Cateno che M5S volevano me candidato (addirittura candidato premier, con Cateno), non il Movimento che rappresentavo. Ma non avendo mai accettato candidature a titolo personale, il mio poteva solo essere un no.
A quel punto, se non puoi giocare una partita seria dentro, devi giocarla fuori. E proposi il NO-AD sulla scheda; avremmo così approfittato della campagna elettorale per raccogliere le firme per la legge popolare di abolizione del comma tre del Titolo V riformato. Aderirono diversi movimenti, oggi ospiti del nostro congresso. Ma dopo l’ok della nostra segreteria e del direttivo, chi aveva disertato le riunioni, per non rovinarsi le vacanze, contestò la scelta, dichiarò guerra sui social e fece saltare la raccolta delle firme (la fanno oggi, per un movimento di “meridionali antimerionalisti del piagnisteo”. Wow!).
I dati positivi sono che:
1 – queste convulsioni son servite a liberare il Movimento di correnti che avevano altre mire, altri indirizzi. La cosa è avvenuta con virulenza e ferocia inaudite, tanto che molte persone perbene, pur seguendoci, hanno evitato di iscriversi, per non esser coinvolte in tali risse. Ma, per le battaglie che ci aspettano, questo da una parte ha selezionato i più convinti e leali, dall’altra li ha resi più forti: allenati al peggio dai nemici interni, il confronto con quelli esterni sembrerà una passeggiata.
2 – abbiamo capito che dobbiamo spendere meno tempo per il mezzo (la conformazione del Movimento) e più per il fine (l’Equità), allargando la nostra azione e fare massa critica con altri.
3 – le nostre idee suono buone, tant’è che ce le copiano, ci copiano i temi, persino le parole; a sporcarle, paradossalmente, sono alcuni che erano con noi e volevano usarle per obiettivi miserabili, da orticello di casa, ambizioni condominiali.
4 – se, strada facendo, possiamo perdere, fortunatamente, tante scorie della storia, restando lo stesso così influenti e attivi, vuol dire che l’area di attenzione, se non di partecipazione, a quel che siamo e facciamo, è molto più vasta di quanto noi stessi pensiamo.
5 – dobbiamo stare attenti agli opportunisti dell’ultimo minuto, meridional-chic da salotto, che riescono ad essere sempre comprensivi e vicini ai potenti di turno, da “meridionalisti ragionevoli”, non come noi, che non sappiamo stare a tavola con lorsignori. E, dopo essere stati assenti da tutte le battaglie di questi anni, denigrando le nostre iniziative, deridendo le nostre idee o semplicemente ignorandoci, costoro si propongono oggi, a sorpresa, quali guide e rappresentanti dei nostri diritti, pronti a vendersi (hanno esperienza, in questo) e a venderci.
Ultima cosa: alcuni pensano che io voglia tirarmi fuori dal Movimento, solo perché non mi sono candidato nessun ruolo dirigente. Sbagliatissimo: ci sono e resto. Ritengo di poter fare quello che ritengo utile, anche senza distintivi. Mi ero dimesso già alla scorsa assemblea. Non stavo nemmeno bene. Mi fidai di chi, appellandosi al senso del dovere, all’amicizia (la mia era vera) e con la garanzia di tutelarmi da nuovi scontri e tensioni, per me deleteri, mi chiese di coprire, pur solo nominalmente, l’interregno sino a oggi. Beh, è da loro che ho dovuto difendermi, tanto da uscire dalle chat del movimento, per non sporcarmi con il fango che mi buttavano addosso.
I candidati alla guida del Movimento sono due giovani che hanno molto meritato, per questo li appoggio: Rossella Solombrino, instancabile, intelligente, preziosa, saggia a dispetto dell’età (le donne sono state una benedizione per il Movimento, da Rossella a Francesca Privitera, a Sara Scarpulla, Rita Capaccio, Liliana Stea, Costantina Caruso, purtroppo per noi e per suo merito, oggi sommersa da impegni di lavoro; non continuo ma le ringrazio tutte); e poi, Piernicola Pedicini che tanto ha fatto per sostenere le nostre iniziative a Bruxelles e che sin dalla scorsa assemblea avrebbe potuto essere alla guida, oltretutto arrivandoci da vicepresidente, quale era. Contro di lui si levarono alcuni dirigenti (oggi, ex), con tale volgarità da indurre Piernicola a trarsi da parte, per non trovarsi infilato del frullatore del fango del Movimento e degli ex. Piernicola (e lui come sintesi di ogni nuovo arrivo nel Movimento) è stato visto non come una opportunità, qual è, ma come un pericolo da chi ha un’idea settaria della nostra comunità. Il nuovo impone il disegno di nuovi equilibri, forse ostacola le ambizioni di qualcuno, ma apre nuovi orizzonti per tutti e, in primo luogo, amplia il campo di quanti corrono nella nostra stessa direzione.
Vedete oggi quanti volti nuovi, esperienze parallele alle nostre che ora si incrociano. Se sul mio nome si sono coagulate tante tensioni, la faccenda si risolve facilmente: mi traggo da parte, ma non mi rendo estraneo. Ci sono, resto, faccio e dico. Diciamo che sono servito da catalizzatore di risorse sparse che non riuscivano a incontrarsi; e poi da catalizzatore del peggio che ha potuto sfogare su di me i suoi livori e le delusioni dei mancati obiettivi personali; e ora non posso dimettermi da quello che ho creato, dalla mia vita. Spenderò il mio tempo e le mie relazioni diversamente, per sostenere la nuova dirigenza e creare nuove possibilità dentro e fuori il Movimento: intendo incrementare, in particolare, l’ideazione, la comunicazione, la nascita di iniziative che generino lavoro per i nostri giovani, valorizzino il nostro territorio e la nostra storia. Una sfida che ha la stessa radice da cui è germogliato il Movimento. Sarò aiutato da dirigenti che, per questo, si sono generosamente fatti da parte, per favorire il ricambio. Come faccio a non ringraziare Emiliano Pagano, Raffaele Cariglia, Giuseppe Ercolino, Massimo Mastruzzo, Vincenzo Greco, Pasquale Zavaglia e Pino Colucci, Bertolone, Fasano, Gangemi, Gallo, Rose, Sasso dal Verme, Picariello, Biscari, Ambrogio Carpentieri, i coniugi Scocuzza, Malerba…
Vorrei ringraziare pure quanti hanno ceduto il passo, non avendo ampiezza d’animo e di fiato, per continuare la corsa. Perché non dimentico cosa abbiamo costruito insieme, ma credo sia troppo presto per dimenticare cosa fanno per cercare di distruggerlo. Quindi mi astengo.
Questa nuova attività, non solo mia, che ho in mente, dentro e al fianco del Movimento, servirà ad avvicinare nuovi campi e il momento della nostra vittoria. Perché vinceremo, a dispetto dell’odio dei poveracci e degli interessi insaziabili dei predatori da 160 anni e più; vinceremo, perché noi abbiamo una forza finora non sfruttata a dovere: noi abbiamo ragione e il compito storico e morale di farla riconoscere.