Consigliere comunale Pasquale Doria (Matera Civica): “La grande bellezza di Timmari abbandonata a se stessa, appello dei residenti”. Di seguito la nota integrale.
Sono disperati i residenti della collina di Timmari.
Hanno lanciato l’ennesimo appello a valle delle ultime piogge che hanno finito per compromettere ulteriormente la già precaria viabilità di accesso alle loro abitazioni. Il problema non è nuovo. Ad agosto del 2020 furono realizzati alcuni “rattoppi” nella parte di asfalto che compete al Comune. In realtà è una strada in due, nel senso che la prima parte è stata adeguata a cura dell’Amministrazione provinciale.
La parte finale è di proprietà dell’Amministrazione comunale e da anni versa in condizioni pietose. Le cunette sono piene di erbacce e, quando piove, s’intasano e riversano di tutto sul quel che resta del manto bituminoso, pieno di buche e a loro volte colmate con acqua e fango.
Un percorso di guerra mette a dura prova i mezzi che devono per forza di cosa raggiungere le abitazioni. Non è infatti solamente una amena località nota per la sua reputazione legata a un’aria salubre e a pregiate fonti di acqua naturale. Le pendici della collina sono sempre state abitate e tra gli anni ’70 e ’80, con il boom economico, molti materani hanno scelto di costruire qui la loro casa di villeggiatura qui, a pochi chilometri dalla città.
Le ragioni per accogliere l’accorato appello dei residenti non mancano. Emerge una vicenda di diritti negati, ma anche di scarsa attenzione a un territorio che si conferma scrigno di ricchezze spesso e volentieri sottovalutate o sconosciute ai più. Forse è il caso di descrivere brevemente le caratteristiche del luogo.
Timmari è un pianoro collinare boscoso che raggiunge nella parte più alta 451 metri sul livello del mare, in cima al Monte Timbro. Per le sue caratteristiche naturali, nel 2005, è stato inserito nella lista dei Siti di interesse comunitario (Sic). Le pendici che scendono in direzione dell’invaso della diga di San Giuliano sono in gran parte rimboschite soprattutto da pini e cipressi. Le successiva fasi di rimboschimento hanno permesso alle essenze mediterranee di ricrescere e riformare in molte stazioni il bosco tipico mediterraneo composto da lecci e roverelle con sottobosco di lentisco, ginepro, fillirea, olivastro. Il bosco originario è soprattutto presente a ridosso degli altipiani della sommità della collina.
Ma la località è importante anche per la sua intensa valenza di interesse archeologico e storico, infatti, fu abitata fin dal neolitico e durante l’età del ferro (XI-X secolo a. C.), frequentazione che si è protratta per tutto il periodo dell’Impero Romano fino a interrompersi agli inizi del VI secolo dopo Cristo, a seguito delle guerre gotiche. Statuette votive in terracotta e corredi funerari con armature in bronzo e monumentali vasi a figure rosse, e parte delle opere d’arte rinvenute nella straordinaria area archeologica a ridosso della chiesetta di origini medievali di San Salvatore, sono esposte al Museo archeologico nazionale Domenico Ridola di Matera.
Qui sorgeva un monastero benedettino e si hanno notizie perfino di una struttura fortificata di cui si sono perse le tracce. Anche il sito archeologico, una risorsa di grande interesse per la città, è purtroppo abbandonato a se stesso.