«Battaglie epocali e corali, condotte all’insegna di unità d’intenti, condivisione e di una precisa volontà comune: sottrarre gli antichi rioni di tufo al degrado che li stava sbriciolando giorno dopo giorno.
Dopo anni d’intensi dibattiti, proposte e concorsi internazionali, si giunse finalmente all’approvazione della legge dello Stato 771 del 1986, che prevedeva la rivitalizzazione di rioni Sassi e del prospiciente altipiano murgico, primo passo propedeutico al riconoscimento di un patrimonio dal 1993 tutelato sotto l’egida dell’Unesco».
Parte così una riflessione d’inizio anno del consigliere comunale di Matera Civica Pasquale Doria.
«Mentre sono del tutto evidenti i pericoli che corre l’altipiano murgico, meno chiaramente emergono le dinamiche che tendono a una nuova marginalizzazione del cuore antico della città. Una regressione che può essere quantificata già all’indomani del 2012, quando per il risanamento del tessuto connettivo del Barisano e del Caveoso non furono più seguite le linee guida dei Piani biennali di recupero.
Da questa data in poi, basta consultare i dati in possesso degli uffici comunali, è iniziato un arretramento residenziale – ci sono sempre meno abitanti – aggravato negli ultimi mesi da uno stop repentino delle attività registrate a valle degli effetti e dei reiterati divieti anti pandemia».
«L’Ufficio Sassi – continua Doria – è stato smantellato da anni, mentre uno degli obiettivi principali della 771 non è mai stato centrato. Si voleva dichiaratamente contribuire a rendere concreto un know how nel settore del recupero architettonico, urbanistico ed economico della città, orientato al recupero del centri storico, soprattutto i centri storici del Mezzogiorno e del bacino mediterraneo, attivando una serie di capacità attrattive extraregionali.
Tutto questo è rimasto solo un’ambizione mai perseguita con la dovuta tenacia all’insegna di localizzazioni di unità produttive di beni e servizi esportabili».
«Ma non è tutto perduto – conclude Doria – non bisogna dimenticare che la legge 771 è un provvedimento dello Stato aperto, cioè, può essere nuovamente finanziato nell’ottica di una ritrovata e fattiva pianificazione. C’è qualcuno tra Camera e Senato che vorrà farsene carico per evitare un nuovo doloroso declino del patrimonio più cospicuo della nostra comunità?».