Silenzio tombale sul Piano strategico, strumento che disegna il futuro della città. Di seguito la nota inviata da Pasquale Doria, consigliere comunale Matera Civica.
Ma che fine ha fatto il Piano strategico per Matera, quel progetto/processo utile a fissare gli obiettivi del nostro sistema territoriale, unitamente all’individuazione dei mezzi, degli strumenti, delle conseguenti azioni per poterli raggiungere in una prospettiva di medio e lungo periodo?
Dopo quattro anni di inutili insistenze l’interrogativo rimane senza risposta. Imbarazzante. Non è solo una vaga percezione, è qualcosa di più, una sensazione persistente di perdita, a partire dall’orientamento. Si ha la netta impressione di non sapere dove ci si trova e dove si sta andando. Si contrappone a questo stato d’animo l’urgenza di una più chiara visione delle cose, del significato di quanto si sta facendo, la volontà di non lasciarsi travolgere dagli eventi, dalle incertezze dei tempi che fanno saltare anche i più facili disegni perché, con tutta evidenza, non sono il risultato di meditati propositi da portare avanti con perseveranza, dedizione, passione. L’ultimo strumento strategico comunale risale al 1990, il Rapporto sullo stato dell’economia e del territorio materano e definizione degli scenari al duemila. Nel frattempo, sono trascorsi 34 anni. Siamo alla cronaca, per quanto, fare affidamento a nostalgie passatiste non aiuta certo a capire come siamo arrivati a questa situazione. Lo sforzo di capire potrebbe dare almeno una mano a non replicare comportamenti e abitudini dannose e a evitare di mettere in atto schemi auto assolutori.
Il Piano strategico mai ritrovato, che non è un capriccio, ma normalmente anticipa il Piano strutturale e il Regolamento urbanistico, evoca il doloroso smarrimento della bussola di comunità, strumento che permette di muoversi verso una destinazione. Senza equivale a navigare a vista, alla conclamata mancanza di scopo, propone l’istantanea di un momento in cui non si sa più come muoversi per spingersi verso la linea d’orizzonte. Si tratta di uno smarrimento che non riguarda solamente i locali operatori del turismo, una parte non fa il tutto. Denuncia una condizione di insoddisfazione diffusa – le reti sociali, economiche, politiche – che, a seconda delle reazioni, può sfociare in un dannoso stato d’ansia come nella più totale apatia causa dall’esclusione dal racconto di protagonisti, valori, risorse, alleati, ma anche dalla valutazione di naturali ostacoli e limiti propri del territorio in cui agire.
Bisogna mettere in conto che il piano strategico è decisivo, ma come la bussola non serve a navigare in acque calme, a mantenere i propri privilegi, a restare in una comfort zone. Si tratta comunque di agevolare la comprensione, favorire il dialogo e la ricerca di soluzioni tramite tutti gli attori della città, privilegiando una dichiarata dimensione partecipativa. Pratica allargata a tutte le istanze locali, pubbliche e private, e ai singoli cittadini L’obiettivo di base è aquello di un coinvolgimento il più ampio e qualificato possibile finalizzato a rispondere in tempi accettabili, in modo efficiente ed efficace alle nuove necessità. Una pratica creativa che è formazione, all’occorrenza invenzione, ma che si struttura nella consapevolezza di un cammino e ha la sua condizione nell’ascolto.