Il caldo dell’estate lucana tiene lontana la maggioranza del centrodestra del “cambiamento” dal Consiglio regionale. Meglio dedicarsi ad altro e non partecipare alla riflessione su quanto accaduto il 2 maggio scorso. Il Movimento Cinque Stelle ha invece ritenuto importante partecipare alle sedute della Commissione regionale pari opportunità, presieduta da Margherita Perretti, e del Consiglio regionale dedicate alla vicenda Leone-Merra.
Le parole pronunciate oltre un mese fa dal Consigliere regionale Rocco Leone hanno rappresentato una caduta di stile, che induce a riflettere sul livello sul quale la politica locale alcune volte si colloca.
Un’altra nota stonata che ha generato grandi polemiche e che ha offuscato non poco l’immagine della più importante assise locale. L’episodio dal quale trae origine l’odierno incontro del Consiglio regionale con la Commissione Regionale Pari Opportunità è indubbiamente sgradevole, non solo per il tenore intrinseco della frase pronunciata dal consigliere Leone, ma anche per il risalto che l’episodio ha avuto sui mass media sia locali che nazionali.
La questione che oggi ci vede impegnati assume rilevanza soprattutto sui luoghi di lavoro, dove bisogna combattere gli stereotipi di genere e i pregiudizi profondamente radicati, anche se poi spesso capita di dover assistere a comportamenti sessisti che possono manifestarsi anche sotto forma di battute.
L’aggressività verbale, unita a sessismo e superficialità, sono alcuni dei mali peggiori della nostra società che si riverberano anche nell’attività politica.
Occorre invitare tutti i protagonisti della società civile e della politica ad interrogarsi sull’importanza del significato delle parole, sull’opportunità della loro pronuncia e sulla consapevolezza che possono colpire – anzi, ferire – le persone verso le quali sono indirizzate.
Spero che quanto accaduto nei mesi scorsi non si verifichi mai più.
Il Consiglio regionale già fa i conti con una risicata presenza femminile e le Colleghe ivi presenti devono essere considerate una risorsa preziosa per tutti noi.
Attacchi insulsi e offese gratuite lasciano il tempo che trovano e danno la dimensione delle persone che pronunciano certe parole.
Partirei, prima di tutto, dalla piccolezza di chi pronuncia certi discorsi o fa certe battute. O meglio battutacce da bettola.
Lo scorso maggio abbiamo fatto i conti con una mera caduta di stile, sicuramente da stigmatizzare, ma da riportare nell’alveo della sua reale natura di battuta infelice.
Nel contesto che ci vede occupati, però, non posso esimermi dal fare una riflessione.
Negli scorsi anni l’ex numero uno di Cotrab (il Consorzio che gestisce il trasporto pubblico locale) è stato condannato in via definitiva per violenza sessuale ai danni di una dipendente del medesimo Consorzio. Un’altra pagina triste, una vicenda stomachevole, rispetto a certe vicende che si intrecciano pure con le attività istituzionali del Consiglio regionale.
In quella occasione – e lo dico senza alcuna polemica, nello spirito secondo il quale i problemi vanno affrontati tutti insieme anche nella diversità di vedute, pure alla luce di quanto ci siamo detti questa mattina – si sono levate timide voci di protesta.
Non si è gridato al sessismo. Poca, per non dire risicata solidarietà rispetto all’abominio subito da una lavoratrice.
Unica voce su questa vicenda? La mia.
Qualche mese fa, inoltre, l’ex sindaca di Ruoti, Anna Maria Scalise, quando era ancora in carica alla guida del suo Comune, Ruoti, fu oggetto di attacchi feroci, nei quali furono coinvolti a vario titolo diversi soggetti con l’obiettivo di compiacere il “nemico politico” e non solo politico dell’ex prima cittadina.
Un’altra pagina triste per la Basilicata e anche per le istituzioni, considerato il coinvolgimento in quella occasione di alcune persone legate proprio e alle istituzioni e addette alla “macchina del fango”, in una malata interpretazione del concetto di comunicazione. Anche in questo caso ho notato che in tanti si sono ben guardati dal prendere una posizione netta, senza distinguo, senza se e senza ma. Meglio non disturbare troppo.
Ma, come detto, guardiamo avanti. Guardiamo avanti con lo sguardo proteso alla nostra storia.
Voglio ricordare a questo riguardo Lidia Poet, prima donna avvocata in Italia. Si iscrisse all’Ordine degli avvocati di Torino il 9 agosto 1883. Un evento eccezionale per quei tempi. Un esempio umano e professionale, fatto di caparbietà e passione per il proprio lavoro, che può essere utile per farci dimenticare alcune delle miserie umane che spesso siamo costretti ad affrontare.