Autonomia differenziata, il dibattito in Consiglio regionale. Sono intervenuti i consiglieri Vizziello, Polese, Aliandro, Giorgetti, Sileo, Cifarelli, Leggieri, Pittella, Cariello, Braia, Coviello, Perrino, Quarto, Bellettieri e Baldassarre. Sulla votazione della risoluzione di Cifarelli cade il numero legale.
Il Disegno di legge quadro in materia di “Autonomia differenziata” al centro dei lavori del Consiglio regionale della Basilicata, riunitosi oggi in seduta straordinaria, ai sensi dell’art. 32 dello Statuto regionale.
Ad aprire il dibattito in Aula, il Presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, il quale ha illustrato la filosofia del Ddl che reca disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario (articolo 116, terzo comma, Costituzione). Con questo progetto normativo vengono definiti i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” e le “relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”. Il fulcro del disegno di legge Calderoli, ministro per gli Affari regionali, è costituito dai LEP (livelli essenziali delle prestazioni). In particolare, con ilDdl si stabilisce che l’attribuzione di nuove funzioni relative ai “diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” viene consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) da parte della Cabina di regia istituita dalla legge di bilancio 2023. Si tratta dei livelli minimi dei servizi erogati dallo Stato per ogni materia, dalla salute all’ambiente, che ogni regione dovrà rispettare se vorrà esercitare una funzione finora in capo allo Stato.
“Purtroppo, il Ddl sull’autonomia scavalca il Parlamento nella misura in cui prevede che saranno uno o più Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri a determinare i LEP, affidando quindi ad un atto amministrativo e non alla legge, la disciplina di fondamentali diritti soggettivi”. Lo ha detto il consigliere regionale di Basilicata Oltre, Giovanni Vizziello, per il quale “Il prodotto finale di questo perverso iter legislativo rischia di trasformare il Bel Paese in un accrocchio di tanti staterelli a cui è consentito di scegliere le materie sulle quali chiedere ‘condizioni e forme particolari di autonomia’, ignorando che alcune materie hanno una dimensione sovraregionale, nazionale o addirittura europea che non può essere frammentata tra una regione e l’altra, pena l’indebolimento a tutto svantaggio dei cittadini. Una considerazione che vale per la scuola, per la sanità, per le reti di comunicazione, per la valorizzazione dei beni culturali per il sistema di approvvigionamento e distribuzione dell’energia. Pensate cosa sarebbe potuto succedere se ciascuna regione d’Italia durante la pandemia, in ossequio all’autonomia, avesse acquistato i vaccini per conto proprio, senza una strategia di acquisto comune deliberata a livello europeo e che sorti avrebbero avuto in questa prospettiva di esasperata competitività le regioni più piccole e più povere come la Basilicata”.
“Il tema – ha detto MarioPolese di Iv-RE – è molto molto serio e credo che non serva a nessuno utilizzare in maniera un po’ raffazzonato e intempestivo la vicenda dell’autonomia per obiettivi politici di basso cabotaggio. Ed eviterei anche la strumentalizzazione al contrario di chi si mette a fare barricate ideologiche e politiche contro l’autonomia differenziata semplificando il tutto in appartenenze e casacche di partito o peggio di appartenenza territoriale, facendo leva su un sentimento divisivo tra Sud e Nord del Paese. Voglio specificare, inoltre, che non ho alcuna posizione pregiudiziale, tanto è che ho anche apprezzato le prime posizioni espresse dal presidente Bardi perché credo che una opportunità prevista dalla nostra Costituzione vada indagata fino in fondo. Per questo ribadisco però, che voglio vederci chiaro, mettendo sul piatto della bilancia tutti i pro e tutti i contro dell’autonomia differenziata in Basilicata con dati e numeri e non solo opinioni per poter ragionare in maniera oggettiva e, soprattutto, per essere pronti a cosa fare nel momento in cui la legge dovesse essere approvata e le altre Regioni dovessero attivarla”.
“Al di là delle singole ideologie, mi sento di dire – ha detto GianuarioAliandro della Lega – che siamo tutti, nessuno escluso, chiamati a ragionare nell’interesse esclusivo della Basilicata e dei lucani. Quindi trasponendo il discorso dell’autonomia differenziata sul piano della nostra Regione, possiamo sicuramente affermare che per la Basilicata dovremmo partire dalla produzione, dal trasporto e dalla distribuzione di energia, visto che abbiamo gas, petrolio, sole, vento e acqua: una ricchezza dal valore inestimabile. Quanto ai servizi sanitari e scolastici, nessun arretramento con i LEP e i costi standard. Anzi,accadrà il contrario, considerando che oggi paghiamo milioni di euro per la cosiddetta migrazione sanitaria. Tra autonomia differenziata e determinazione dei LEP si è creato un nesso indissolubile che rende del tutto ingiustificato il timore di disgregazione che oggi manifestano i detrattori. L’autonomia accorcia le distanze tra cittadino e potere decisionale e fornisce l’occasione di valutare fino in fondo gli amministratori, responsabilizzando il loro operato.Il Ddl è l’occasione per semplificare e normare il processo che dovrà assicurare, caso per caso, la necessaria correlazione tra autonomia regionale, individuazione delle materie, esercizio delle relative funzioni amministrative e risorse finanziarie, umane e strumentali a tal fine necessarie”.
“Non mi soffermerò sul concetto di autonomia differenziata, che sappiamo bene essere un tema propagandistico per la Lega e una ‘mancetta’ elettorale che Fratelli d’Italia deve ‘pagare’ per trattenere la Lega in maggioranza. Piuttosto è necessario sradicare il pregiudizio che il nord regge il peso economico del sud, come se il nord producesse e il sud assorbisse gran parte delle risorse”. Così ha esordito il consigliere regionale del Gruppo Misto, Gino Giorgetti che si è poi soffermato, tra l’altro, sui livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi che – ha sottolineato – devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. “I LEP – ha evidenziato il consigliere -, riguardano i diritti civili e sociali da tutelare per tutti i cittadini e dovrebbero essere preventivamente stabiliti su tutto il territorio nazionale. Il disegno di legge prescrive, invece, che questi siano stabiliti dopo la sua approvazione (entro un anno). Ma prevede anche che, se ciò non avvenisse, l’autonomia differenziata potrebbe comunque essere approvata: il finanziamento sarebbe accordato sulla base della spesa storica di quella regione nello specifico ambito in cui viene richiesta l’autonomia. Sono disposto a scommettere che i LEP non saranno mai stabiliti per tempo e che, di conseguenza, la ‘spesa storica’, generalmente molto più alta nelle regioni del nord, sarà indefinitamente mantenuta, facendo così crescere ancora il divario tra nord e sud”.
“Un tema così fondamentale per il futuro del Paese e della Basilicata chiama tutti alla responsabilità e non a posizioni di bandiera.Il nostro Paese e la nostra regione hanno una impellente necessità di riforme, soprattutto in termini di sburocratizzazione, per stare al passo degli altri paesi europei. Lo ha affermato la consigliera regionale del Gruppo Misto, Dina Sileo, precisando che “Il divario tra Nord e Sud affonda le radici in tempi tutt’altro che recentima è vero anche che la capacità di amministrare con efficacia ed efficienza determina lo stato di benessere di una regione. Autonomia significa anche più responsabilità. La Basilicata ha peculiarità tali che impongono ai decisori politici di valutare il percorso dell’autonomia. Tra le materie per le quali possono essere concesse ulteriori forme di autonomia vi è, ad esempio, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia. Sarebbe per la Basilicata un’occasione enorme trarre maggiore beneficio dalle proprie risorse e riappropriarsi di quanto è stato tolto con il cosiddetto ‘Sblocca Italia’.Le Regioni meridionali, dunque, dovrebbero accettare la sfida dell’autonomia ed emanciparsi da una visione che ci vede penalizzati e che finisce per convincerci di esserlo irreversibilmente. Sarebbe bello che questo segnale di speranza nel futuro e nella capacità di autodeterminarsi partisse dalla Basilicata”.
“Oggi, in seduta straordinaria convocata grazie alle opposizioni, siamo chiamati ad esprimerci su una gigantesca proposta legislativa dai piedi di argillain quanto potenziale portatrice (in)sana di frammentazione territoriale ed egoismi localistici nonché indifferente al divario esistente tra Nord e Sud del Paese”. Sono le parole del consigliere del Pd, Roberto Cifarelli, il quale non ritiene bastevole rivendicare la centralità nazionale delle nostre risorse energetiche per guadagnare autorevolezza sui tavoli che contano. “Bisognerebbe-ha affermato – elaborare proposte, stabilire alleanze territoriali e costruire una unità politica che guardi all’interesse generale dei territori. Diventa fondamentale chiedere al Governo nazionale, senza timidezze ed esitazioni, che il processo di attuazione dell’art.116 avvenga nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di equità territoriali. Evitando di cristallizzare condizioni di divario tra territori. Inoltre, si ribadisca che nel procedimento in corso ci sia un autentico coinvolgimento del Parlamento, del sistema delle autonomie locali e della pari dignità tra livelli istituzionali. Ed infine, si metta a sistema un tavolo di coordinamento con le altre Regioni del Mezzogiorno al fine di definire una proposta unitaria che metta al riparo i territori più deboli da un federalismo che, così come concepito finora, ha tanto il sapore di secessione”.
“Il Disegno di legge sull’autonomia differenziata, che pochi giorni fa ha ottenuto il via libera dal Governo – ha detto GianniLeggieri del M5s – deve chiamare tutti alla responsabilità con la consapevolezza che le Regioni, a prescindere da chi le guida, svolgeranno un ruolo fondamentale, così come il Parlamento per i passaggi che verranno consumati nelle due Camere. Si pensi a questo riguardo all’atto di iniziativa di ciascuna Regione e allo schema di intesa preliminare ‘negoziato tra Stato e Regione’, indicati nei primi articoli del Ddl. Il ruolo soprattutto delle Regioni non deve essere sacrificato in nome di interessi di bottega, ma deve essere tutto proteso al benessere dei cittadini. Il punto cruciale è da innestarsi sulla determinazione dei LEP, che, nella bozza del Ddl, viene delegata ad una Commissione paritetica Stato-Regione, incaricata anche di ‘adeguare annualmente i profili finanziari dell’intesa’. I partiti devono vigilare, affinché la struttura dell’autonomia differenziata abbia solide fondamenta. I partiti diano un contributo concreto per evitare squilibri e disparità inaccettabili, soprattutto in un momento storico delicato come questo in cui la Basilicata ed il nostro Sud vivono, ad esempio, uno spopolamento preoccupante. Io farò la mia parte e darò, come sempre il mio contributo avendo a cuore solo una cosa: il benessere dei lucani”.
“Sono nettamente contrario all’autonomia differenziata”. Lo ha detto il consigliere regionale Marcello Pittella (Pl) che ha spiegato così il suo convincimento: “Ci sono due elementi che mi portano verso questa posizione, il primo è la pandemia che ha messo a nudo le grandi fragilità sociali, ponendo in discussione lo stato sociale e la tenuta del welfare, intesa come garanzia dei diritti della salute. Nella legislatura 2013/2018 vi furono tagli in termini di trasferimenti alle regioni di circa 200 milioni di euro. Il secondo tema a supporto della mia contrarietà è la guerra che mette in discussione il ruolo del nostro paese in Europa rispetto alle grandi gerarchie mondiali. Nello scenario internazionale c’è bisogno di una Italia coesa e forte. Se non si ragiona tenendo presenti questi due grandi temi, rischiamo di mettere in atto una sorta di referendum che non serve. Prima dei Lep c’è il tema del fabbisogno standard. Se il fabbisogno è diverso tra le regioni è diverso il costo di quel fabbisogno e come facciamo a individuare i livelli essenziali di prestazione? Abbiamo una velocità diversa rispetto a quello che vivono altre Regioni italiane anche in tema di infrastrutture e scuola.Al presidente Bardi chiedo di rafforzare la cooperazione interregionale. Idealmente voterei una risoluzione che vada in questa direzione e sarei felice se animassimo un dibattito tra esperti della materia. Né voglio accettare le narrazioni dei partiti”.
“A tutte le Regioni, compresa la nostra – ha detto il capogruppo della Lega PasqualeCariello – viene data la facoltà di accedere o meno a questa autonomia che si prefigge di aumentare gli standard della qualità di vita di tutti i suoi cittadini. Secondo infatti il Ddl Calderoni il punto di partenza dell’autonomia è in primis quello di individuare i LEP, i livelli essenziali delle prestazioni, con relativi costi e fabbisogni standard. L’obiettivo è fissare dei parametri oggettivi per i servizi da offrire ai cittadini che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Nello specifico, attraverso un controllo della spesa e della qualità dei servizi offerti, questo disegno di legge si propone di migliorare la vita stessa dei territori, curando questo divario immenso (creato finora dal centralismo). Una spesa efficace, con meno sprechi e più risorse a disposizione del territorio. Questa metterà in una posizione di favore tutti cittadini che, attraverso un controllo dell’amministrazione pubblica, potranno verificare direttamente quali servizi e disponibilità economiche un governo regionale saprà introdurre durante la propria legislatura. L’Italia è un treno che può correre se ci sono Regioni che fanno da traino ed altre che aumentano la propria velocità, in una prospettiva di coesione nazionale che non è mai mancata”.
“Chi ha chiesto al netto delle appartenenze politiche che il principio dell’autonomia differenziata diventasse un dibattito pubblico. Chi ha portato avanti questa battaglia? Le regioni del nord. Perché hanno questa idea di Italia diversa? Perché sono convinti che da questo processo potranno ricavare un grande vantaggio”. E’con questi interrogativi che è intervenuto nel dibattito il consigliere di IV-Re- Luca Braia. “Non voglio apparire come quello che dice un sì o un no a prescindere ma voglio anche ricordare a tutti noi che l’aggregazione è un elemento di forza che impone una capacità di relazione positiva tra i popoli e a maggior ragione tra gli abitanti di una stessa regione. Avrei preferito ascoltare da lei Presidente dei numeri a sostegno della sua tesi. Non essendoci, al momento, una valutazione tecnica, il rischio è che potremmo spingerci verso un salto nel buio. Su istruzione e sanità, ad esempio, abbiamo una qualità e quantità di servizi nettamente inferiori rispetto alle regioni del nord. Sul tema petrolio la situazione del 2018 è diversa da quella di oggi perché abbiamo opzionato la risorsa fossile per i prossimi 30 anni. Il petrolio non è più nostro. E noi pensiamo con il contributo del bonus gas a rilanciare la sfida a un nord avanti 100 anni rispetto a noi. Il mio pensiero personale è estremamente negativo sulla proposta Calderoli. Mi auguro che questo anno che manca alla fine della legislatura possa mettere in campo strumenti per immaginare un percorso di proposta e di difesa di un processo che non sta nelle nostre mani”.
“Il Ddl Calderoli – ha detto TommasoCoviello capogruppo di FdI – non è un atto di secessione, tantomeno uno strumento per spaccare il Paese e chi afferma questo aggrappandosi ai LEP, evidentemente, non ha letto il comma costituzionale sul quale si poggia, ovvero il comma 2 dell’articolo 119 della Carta costituzionale o semplicemente si nasconde dietro a posizioni campanilistiche, provando a difendere gli ultimi avamposti rimasti. I tempi sono maturi per portare a compimento il progetto dell’autonomia differenziata, ovviamente in maniera ponderata e attenta, armonizzando il nord ed il sud in un quadro di coesione nazionale. C’è una sfida al futuro che mette al centro i territori, avvicinando l’efficienza amministrativa ai cittadini.Mi sarei aspettato dal centrosinistra e pure dal Movimento 5 stelle, che tanto si ergono a riformisti e innovatori, un ruolo più costruttivo e propositivo. Le criticità ci sono com’è naturale che ci siano: ogni cambiamento porta con sé delle problematiche da risolvere, ma occorre tenere ben presente l’obiettivo da raggiungere senza farsi travolgere da inutili condizionamenti ideologici”.
“Nessuno è ingenuo ed è lecito farsi delle domande rispetto all’impatto che questo Disegno di legge produrrebbe sulla nostra regione. Il vero tema che emerge da una disamina degli articoli dell’impianto normativo è che storicamente, nelle regioni manchevoli di servizi, questi devono continuare a non esserci a differenza delle regioni del nord che continuerebbero a rafforzarsi. Come fare per recuperare il gap accumulato in questi anni? Se si realizzasse questo tipo di autonomia differenziata come potremmo immaginare di migliorare la nostra situazione? Esaminando la legge quadro approvata in Consiglio dei Ministri la definirei una legge ‘metaverso’ in quanto ha una profondità inimmaginabile perché presenta tutta una serie di situazioni che se realizzate porterebbero a un vero e proprio disegno eversivo”. E’il pensiero del consigliere regionale Gianni Perrino (M5s) che si è soffermato su diverse criticità e, tra queste, la distribuzione delle risorse economiche, il quantum dei LEP e la modalità di finanziamento. Rispetto all’art. 9 che prevede misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale mi chiedo – ha concluso Perrino – è stata compiuta un’analisi in sede di conferenza unificata delle Regioni? Da parte mia vedo un tentativo di scippare il fondo di sviluppo e coesione”.
“Il partito di Fratelli d’Italia – ha detto PiergiorgioQuarto- vede l’attuazione dell’autonomia differenziata come un percorso positivo, purché non pregiudichi il ruolo centrale dello Stato, unica strada percorribile per consentire che i diritti sociali siano uniformemente garantiti a tutti i cittadini del territorio nazionale. Le legittime spinte regionalistiche che vanno nella direzione di acquisizione di maggiore autonomia normativa, organizzativa e finanziaria devono essere intese nel senso di accompagnare le Regioni storicamente meno virtuose ad ottenere performances sempre migliori e non già nel senso di lasciarle indietro. Al contempo, occorre garantire che non ci siano sperequazioni nel trattamento dei cittadini sul territorio nazionale, soprattutto con riferimento ai comparti quali sanità o istruzione, che devono essere salvaguardati e resi accessibili a tutti, a parità di condizione e offerta. Una riforma che vada nella direzione dell’autonomia differenziata non è affatto di per sé un problema, anzi sono convinto che la sua applicazione possa davvero determinare, anche per i territori più in ritardo, una straordinaria opportunità”.
“In questi anni di legislatura – ha detto GerardoBellettieri di FI – si è sempre messo al centro l’interesse della comunità e mai come in questo momento prescindendo dalla propria appartenenza politica il buon senso deve prevalere, al fine di prendere una decisone che porti a superare i limiti della dimensione regionale. Per affrontare il tema dell’autonomia differenziata va premesso che a seguito della revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione effettuata con la legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, il rapporto del sistema dei poteri locali con lo Stato è stato esplicitamente ispirato al principio di sussidiarietà. Fino ad oggi, lo Stato paga i servizi agli enti locali in base a quanto spendevano negli anni precedenti, quindi chi spendeva di più aveva di più. Ora si potrà avere uniformità, garantendo uno standard nei costi dei servizi.Passaggio decisivo per arrivare all’approvazione della legge sull’autonomia differenziata è di stabilire i LEP o spesa dei Livelli Essenziali di Prestazione, che vanno garantiti su tutto il territorio nazionale. Se la riforma dell’autonomia fosse già stata approvata in campo energetico avremmo potuto ampliare la nostra strategia energetica e in prospettiva potremmo dare acqua, luce e gas gratis alle famiglie ed anche alle imprese”.
“Il Ddl Calderoli – ha detto Vincenzo Baldassarre di Idea – non è un atto di secessione. L’iter è molto complicato, vedrà a più riprese coinvolti il Governo, diversi ministeri, le Regioni richiedenti, la conferenza Stato Regioni e il Parlamento. Conoscendo i tempi e gli iter burocratici passeranno anni prima della sua realizzazione. Secondo l’articolo 119 della Costituzione le Regioni possono richiedere molteplici competenze e qualora venissero trasferite alle Regioni richiedenti quanti miliardi di euro servirebbero per finanziare tutto ciò? Ci sarebbe una crescita dei bilanci regionali e un ridimensionamento di quello statale che non potrebbe più garantire i diritti su tutto il territorio nazionale. Se i LEP vedessero la luce quanto dovrebbe spendere lo Stato per garantirli? Ci sono due strade: la prima che va nella direzione di ridurre la spesa pubblica e l’altra verso l’aumento del debito pubblico. Non credo che l’Italia possa permettersi ciò. Sono certo, pertanto, che coloro che hanno fatto l’Italia hanno saputo ben strutturarla e non sarà facile smontarla”.
“Dagli interventi ascoltati – ha detto il capogruppo di Basilicata Oltre, MassimoZullino – si evince che questo centro destra lucano non crede al Ddl Calderoli. Molti hanno detto, riprendendo le parole di Berlusconi, che saranno risolti i problemi della sanità. Nessuno in realtà ha colto gli aspetti salienti di questa riforma perché qui non si parla dell’articolo 116 della Costituzione che è attuativo del Ddl. Il decreto Calderoli va oltre quello che prevede il 116. Sulle materie essenziali, giustizia, scuola, sanità, università, si chiede piena e totale autonomia. Ma autonomia è anche saper gestire quelle materie residuali. Il comma 1 dice che l’Italia è una ed è indivisibile e quindi non si possono avere 20 Stati. Nella modifica del Titolo V della Costituzione, con l’inserimento dell’articolo 119, è stato inserito il famoso federalismo fiscale. Quella legge ed altri decreti attuativi hanno inserito il principio dell’equiparazione della sede legale alla sede fiscale. Al Sud le tasse non sono rimaste in questo modo. Non c’è autonomia che regge su questi aspetti. Con questo decreto si vuole arrivare al famoso residuo fiscale perché si interviene sul fondo perequativo ma in questi 20 anni il sud ha visto sottratti tanti fondi a favore del nord. Se questo Ddl voleva solo essere un momento per vincere le elezioni in Lazio e Lombardia forse il centro destra ha fatto una buona operazione, ma oggi si blocchi questo scempio perché non è questa l’autonomia differenziata. Invito la Lega e Fratelli d’Italia a fare proposte serie”.
Al termine del dibattito il consigliere Cifarelli ha illustrato una risoluzione. Al momento del voto (erano presenti i consiglieri Baldassarre, Braia, Cifarelli, Giorgetti, Leggieri, Perrino, Cicala, Quarto, Vizziello e Zullino), constatata la mancanza del numero legale, il Presidente del Consiglio regionale, Cicala, ha dichiarato sciolta la seduta.
In apertura dei lavori il Presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Carmine Cicala, ha invitato l’Assemblea ad osservare un minuto di silenzio per le vittime del terremoto in Turchia e Siria.
Autonomia differenziata, intervento di Bardi in Consiglio regionale. Di seguito il testo integrale.
“Il disegno di legge a firma del ministro Calderoli e approvato dal Consiglio dei ministri (…) definisce i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché́ le relative modalità̀ procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione.
Ma chi ha scritto questo articolo 116 della Costituzione? Chi ha reso possibile questa autonomia differenziata? Chi ha aperto questo vaso di Pandora? (…)
Ebbene, a scrivere questo nuovo articolo 116 fu il governo di centrosinistra guidato da Giuliano Amato, nel 2001 a “federalizzare” la Costituzione, altro che Calderoli. Giuliano Amato è stato poi anche Presidente della Corte costituzionale, per cui non certo identificabile come un attentatore dell’unità nazionale.
In quell’esecutivo c’erano Ds, Ppi, Dem, Verdi, Pdci, Udeur, Ri, Sdi.
(…) Imposero la riforma “federalista” – in quell’occasione il Centrodestra si dichiarò contro – con soli tre voti di scarto in Parlamento; e vinsero pure il successivo referendum confermativo con la partecipazione del 34% degli elettori. In Basilicata i Sì furono il 66,46%. L’affluenza lucana superò il 26% di poco. Credo che tanti che oggi gridano contro l’autonomia, nel 2001 erano in campagna elettorale per votare sì all’autonomia.
(…) Ecco come nacque la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n 3, passata con tre voti in più in aula e poco più di un terzo del Corpo elettorale. Altro che partecipazione e condivisione.
(…) Uno dei pilastri della legge è proprio la vexata norma dell’articolo 116, oggi diventata bersaglio privilegiato della sinistra meridionale, che pure nel Governo Amato esprimeva il ministro delle riforme istituzionali e il ministro degli affari regionali…
Ma torniamo al famigerato articolo 116 terzo comma che recita: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia…possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali…”.
A questa norma – votata dal centrosinistra – si collega il ddl Calderoli. Ma anche prima del DDL Calderoli, il probabile futuro segretario del Pd aveva già chiesto e con forza l’autonomia differenziata.
(…) Stefano Bonaccini e Giuseppe Conte, il primo da governatore dell’Emilia-Romagna e l’altro da premier, il 15 febbraio del 2019 firmarono la bozza d’intesa per dare alla regione i super-poteri del 116.
(…) Ma sgombriamo il campo dalla propaganda: il Ddl Calderoli non è eversivo, non è un atto di secessione, non è incostituzionale ma è anzi in attuazione della Costituzione così come modificata dalla sinistra. Ricordiamolo sempre, altrimenti non capiamo di cosa stiamo parlando. L’autonomia è già in Costituzione. E l’ha messa il centrosinistra nel 2001.
Tornando al DDL Calderoli, bisogna sottolineare che l’iter è molto complicato. (…)
L’articolo 1 definisce i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché gli aspetti procedurali delle intese tra lo Stato e una Regione, il tutto subordinatamente alla determinazione dei noti Livelli Essenziali di Prestazione;
L’articolo 2 disciplina il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e Regione.
(…)
L’articolo 3 contiene le disposizioni relative alla determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni e dei relativi costi e fabbisogni standard.
(…)
L’articolo 4 stabilisce i princìpi per il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, attinenti a materie o ambiti di materie riferibili ai LEP: tale trasferimento può avvenire, in via generale, solo dopo la determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard.
L’articolo 5 reca disposizioni di principio sull’attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie per l’esercizio da parte delle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Tali risorse sono determinate da una Commissione paritetica Stato Regione.
L’articolo 6 prevede che le funzioni trasferite alla Regione in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, possano essere attribuite a Comuni, Province e Città metropolitane dalla stessa Regione, nel rispetto dell’articolo 118 della Costituzione, insieme con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie. (…)
L’articolo 7 riguarda la durata delle intese, che ciascuna di esse dovrà individuare, comunque non superiore a dieci anni. Si prevede, inoltre, che, con le medesime modalità previste per il loro perfezionamento, le intese possano essere modificate.
(…)
L’articolo 8 stabilisce che dall’applicazione della legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il finanziamento dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard.
(…)
Tuttavia, l’articolo 9 prevede comunque misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale.
(…)
L’articolo 10 reca, infine, le disposizioni transitorie e finali.
Ma concentriamoci sui LEP, se ne parla da 20 anni, esattamente da quando il centrosinistra votò a maggioranza il federalismo e l’autonomia in costituzione, ma nessuno li ha mai tradotti in norme.
(…) Adesso pare che ci siamo.
E sul punto si sono espressi favorevolmente anche i miei colleghi di centrosinistra – e nostri vicini di casa – Emiliano e De Luca. Voler definire i LEP credo sia un merito storico del Governo Meloni.
(…) Si provò già con la legge delega per l’attuazione del federalismo fiscale (Legge n. 42/2009) e con i suoi decreti attuativi. Ma, ad oggi, i LEP non hanno ancora visto la luce. Vedremo cosa cambierà. Se cambierà. Perché definire i LEP non sarà facile. Già immagino che qualsiasi stanziamento sarà insufficiente per chi oggi strepita contro l’autonomia. La determinazione dei LEP è una materia attribuita alla competenza esclusiva dello Stato. Insomma, deciderà il Governo. I LEP riguardano i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio della Repubblica.
(…)Il trasferimento delle funzioni aggiuntive alla Regione richiedente potrà avvenire solo previa definizione dei LEP e previo stanziamento delle coperture, qualora gli stessi ne richiedano.
(…) Il problema non riguarda solo la definizione dei LEP: si dovranno scegliere dei criteri che penalizzeranno alcuni e valorizzeranno altri, come in ogni norma.
Ma quante risorse finanziarie serviranno per la loro attuazione? Nessuno lo sa.
(…) Definire i LEP non sarà facile, stanziare i fondi necessari sarà ancora più difficile.
E se i LEP non fossero raggiunti dalle regioni, ci sarebbe un intervento diretto dello Stato?
La tentazione dello Stato di riappropriarsi delle funzioni trasferite, magari con un rigurgito centralista, andrebbe in direzione opposta all’autonomia.
Su questo punto voglio aggiungere un a considerazione: il dibattito centralismo versus regionalismo appassionò i nostri padri costituenti.
In favore del centralismo – ma soprattutto contro il regionalismo – ci fu il politico lucano più importante della storia unitaria, Francesco Saverio Nitti.
(…)
I dati della SVIMEZ, un istituto dalla chiara connotazione politica e culturale, ci dicono che dall’entrata in funzione delle Regioni a oggi, il divario Nord-Sud è aumentato.
Dai dati in nostro possesso si evince come il PIL pro capite del Mezzogiorno sia aumentato costantemente – riducendo in modo consistente le distanze con i territori del Nord grazie a un processo peculiare di convergenza – solo tra l’inizio degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Settanta. Questa situazione si è determinata a causa del ritardo con cui si è verificato un esteso sviluppo industriale nei territori meridionali (…)
Ovviamente legare questo andamento al quadro istituzionale è un azzardo logico che non farò. E che chiedo a tutti di non fare. Infatti, se pensiamo che il periodo di maggiore avvicinamento tra le due parti del Paese è stato quello tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, è più facilmente spiegabile con l’industrializzazione.
Il paradosso odierno è che chi grida contro l’autonomia, grida anche contro la produttività, le industrie, le imprese, inseguendo chimere fuori dalla realtà.
Ma questo è un altro discorso. (…) Passando dalla teoria alla sostanza, il Ddl Calderoli pone tante questioni fondamentali, fortemente intersecate tra loro. Secondo il Ddl, le risorse necessarie alla Regione richiedente per esercitare le nuove funzioni verranno definite da una commissione paritetica Stato-Regione. (…) È bene ricordare che le Regioni possono richiedere tante competenze. (…) Qualora tutte fossero contenute trasferite alla Regione richiedente, quanti miliardi di euro servirebbero per finanziarle?
Pensiamo alla nostra piccola Basilicata, che però produce idrocarburi per tutto il paese ed energia rinnovabile che va tutta nel GSE, contribuendo – insieme alla Puglia – in misura determinante alla produzione nazionale di energia rinnovabile.
Una singola regione deciderebbe la politica nazionale energetica e avrebbe in dotazione svariati miliardi di euro? È una riflessione che voglio condividere con voi, anche perché stiamo ovviamente studiando e redigendo una proposta di autonomia in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, come previsto dalla Costituzione, così come modificata nel 2001 dal centrosinistra.
Dinanzi a una crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale, per via della diversa allocazione del gettito fiscale. Ma se il bilancio dello Stato si ridimensiona, come farà quest’ultimo a garantire i diritti su tutto il territorio nazionale, I LEP? Sono queste le grandi tematiche cui doversi confrontare.
Si parla di definire le materie che possono essere trasferite tramite intesa. Non sembra avere senso trasferirle tutte.
Occorrerebbe limitarsi a quelle che, se trasferite, potrebbero essere gestite meglio ad un livello istituzionale più prossimo al territorio.
Per esempio, la Lombardia e il Veneto hanno chiesto l’autonomia in tutte le 23 materie di cui al 117 comma 3, l’Emilia Romagna per 15. Regioni anche molto organizzate possono gestire tutte queste materie? Ma soprattutto, con le risorse trasferite poi a queste regioni, come si fanno a garantire i LEP? Su questi grandi temi mi affido alla sensibilità, alla cultura politica e all’esperienza del presidente del consiglio, Giorgia Meloni.
Ma torniamo a noi, alla nostra Basilicata. (…) Il Consiglio regionale della Basilicata ha approvato all’unanimità, in data 20 marzo 2018, la risoluzione intitolata “Autonomia Basilicata”.
L’atto di indirizzo impegna il Presidente della Giunta a predisporre un documento in merito “alle potenzialità/opportunità del regionalismo differenziato”, da inviare alle competenti Commissioni consiliari. Si impegna anche il Presidente del Consiglio regionale a predisporre “un calendario delle attività delle Commissioni al fine di avviare un percorso di largo confronto e approfondimento con UPI, ANCI, parti sociali, associazioni e rappresentanze del modo del lavoro e delle imprese” ed avviare un’attività di confronto e supporto sul documento di indirizzo in sede di Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni”.
Mi pare che questa iniziativa sia stata intrapresa dal centrosinistra, sotto un governo di centrosinistra, in applicazione di una riforma – quella costituzionale – scritta dal centrosinistra. Nulla di male, sia chiaro, ma è giusto fare un excursus storico, così da dare tutte le informazioni necessarie ai cittadini. (…) Sempre nella scorsa consiliatura, il Consiglio regionale di Basilicata ha già approvato un atto di indirizzo nei confronti della Giunta per sollecitare approfondimenti sulle opportunità del regionalismo differenziato e, contestualmente, ha avviato una propria attività istruttoria.
Noi seguiremo ovviamente il dibattito parlamentare, ma nel frattempo abbiamo l’onore di dare seguito a quanto già votato dal Consiglio regionale di Basilicata. Questa Giunta regionale si assumerà l’onere di fare una proposta nel senso già auspicato dal Consiglio regionale della Basilicata, tra l’altro non essendo a oggi intervenuta alcuna modifica normativa.
Il nostro obiettivo è valorizzare al massimo le risorse della Basilicata, ma al contempo agiremo in sede di Conferenza Stato-Regioni per evitare che decisioni nazionali possano pregiudicare i diritti e i servizi in favore dei lucani.
Lo abbiamo fatto anche ieri, quando insieme all’assessore Latronico abbiamo incontrato il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, per perorare la causa lucana nel momento in cui si parla di semplificare l’iter di nuovi impianti da energia rinnovabile, dato che il Governo Meloni vuole far diventare il Sud Italia un “hub” energetico, una strategia lungimirante che però deve prevedere benefici tangibili anche per i territori e i cittadini che ospitano tali nuovi impianti.
Dopo il “gas gratis a tutti i lucani”, stiamo lavorando per applicare la medesima filosofia all’acqua e all’energia elettrica: autonomia significa prima di tutto tutelare gli interessi e le prerogative dei territori, assumendosi l’onere dell’autogoverno o della responsabilità verso la propria comunità: con questo nuovo “idem sentire”, potremo scrivere un nuovo futuro per la Basilicata”.