Ad un anno esatto dal primo lockdown, l’Italia rischia di dovere richiudere. E il primo Dpcm di Mario Draghi rischia di dover essere cambiato pochi giorni dopo la sua entrata in vigore.
Che, con centomila italiani morti per il Virus, nuove restrizioni ci saranno su tutto il territorio nazionale è certo. Il governo deciderà già nelle prossime ore dopo l’incontro con i tecnici del Cts che sono stati convocati per questa mattina dalla Cabina di regia: devono dare il loro parere sulla richiesta del governo che – vista la mutata situazione epidemiologica – chiede di sapere quali nuove misure adottare.
E dal Cts arriva un via libera a mettere in pratica misure più stringenti per ridurre la circolazione del Covid nel nostro Paese. Gli esperti hanno detto intanto che la zona gialla non basta in questo momento a tenere sotto controllo l’epidemia. Hanno inoltre sottolineato che è stato efficace quanto fatto a Natale, con una modulazione tra arancione e rosso. L’obiettivo resta sempre quello di arrivare a meno di 50 casi per 100mila abitanti, che in certe regioni è stato già raggiunto. Gli esperti insistono anche sulla necessità di potenziare la campagna vaccinale.
Il Cts ha perché sottolineato che vanno valutati ulteriori interventi di mitigazione e contenimento dell’epidemia, anche di livello nazionale. I tecnici sono stati convocati ieri sera e si è chiesto loro di rispondere a un quesito del ministero alla Salute sulle misure di contenimento. Anche alla luce della circolazione in aumento hanno quindi dato il via libera all’intervento della politica. L’idea è quella che sopra i 250 casi settimanali per 100mila abitanti debba scattare la zona rossa. Ma le restrizioni, al di là dell’incidenza, vanno decise anche se sono presenti le varianti brasiliana e sudafricana che stanno facendo che hanno una potenziale capacità di ridurre l’immunizzazione. Teoricamente gli interventi sono anche su scala regionale. E, in effetti, molte realtà locali hanno messo in zona rossa province e comuni. Possono però essere utili anche interventi nazionali. Uno dei timori degli esperti è legato anche alla prevalenza della malattia. Oggi sono tante, cioè 470mila le persone infette in Italia.
Il ventaglio delle ipotesi si è ormai ristretto. Si va dall’ipotesi più severa di tre settimane di lockdown generalizzato per provare a vaccinare più persone possibili a quella, più plausibile, della stretta dei parametri che farebbero entrare un territorio in zona rossa. E dunque, come aveva già propsto il Cts, basterebbe che l’incidenza del contagio raggiungesse i 250 casi ogni 100.000 abitanti per far scattare la zona rossa. Una misura necessaria per evitare che anche in regioni colorate di arancione o giallo, i governatori possano chiudere le scuole al raggiungimento di questa incidenza di contagi. Ma lasciare aperti bar, ristoranti o negozi.
L’altra ipotesi è quella di far scattare un lockdown generalizzato quando su tutto il territorio nazionale si dovessero superare i 30.000 contagi giornalieri.
Sul tavolo del Cts anche la replica di una misura adottata già a Natale e con successo: la chiusura in tutta Italia nei weekend di ogni attività escluse quelle essenziali; quindi stop a bar, ristoranti, negozi anche in zona gialla e una zona arancione-scuro; quindi scuole chiuse e divieto di spostamento dal proprio Comune, valido su tutto il territorio nazionale.
A questo punto sembra ormai scontato che le nuove restrizioni scatteranno già dal prossimo weekend.