L’identità politica dei centristi italiani è ancora una volta un problema aperto e attendiamo gli sviluppi delle consultazioni del Presidente Fico per vedere se saranno protagonisti di un Conte Ter.
Pierluigi Diso in questa nota esprime alcune riflessioni sull’innovativa e attualissima dell’esperienza dei cattolici in politica, ma siamo nella seconda Repubblica e i politici sono cambiati molto.
Il vero problema è un nuovo governo presieduto da Giuseppe Conte? Perché insistere con una personalizzazione su Conte? Qual è la direzione che deve prendere il Paese? Lapolitica è solo uno scambio di incarichi, un poltronificio o l’attenzione va spostata sui progetti prima che sul nome del nuovo primo ministro che dovrà navigare in questo mare? Insieme a quali compagni di viaggio? Verso l’isola che non c’è del governo istituzionale o tirando dritto verso una soluzione politica? La storia si ripete? La politica ritorna sempre sui medesimi schemi e la lotta per il potere (sostantivo e non verbo) è antica come il mondo. Al momento si cerca di ripartire dal “centro, tentazione senza fine” era il titolo di un libro di qualche anno fa.In ogni caso dovremmo attendere le decisioni del Capo dello Stato, che segue la Costituzione che è molto più, ma anche molto meno di un programma politico.Il paese ha seguito senza enfasi e senza clamori l’evidente crisi dell’attuale maggioranza di governo, con lo spegnersi di grandi illusioni che aveva dato il movimento del vaffaday di Grillo, che non parla più. Sulla crisi della Repubblica dei partiti è caduta la mannaia di una riforma della legge elettorale che non permetterebbe adesso di andare al voto, trincerandosi invece dietro la pandemia (che non ha fermato altre democrazie che al voto sono già andate e ci andranno presto), la crisi sociale ed economica, mentre emergono ancora le incertezze di un tempo. In tre anni di legislatura molte cose sono cambiate e altre vanno cambiando: chi ha perso governa e vorrebbe tornare a farlo senza il vincitore delle politiche del 2018, ma gli manca un leader forte che muova le masse, anche per questo non vuole andare al voto. Occorre adesso misurarsi con gli eventi e capire quello che è accaduto e sta accadendo, mentre anche i giovani iniziano a rimpiangere il vecchio sistema politico fondato sulla democrazia dei cristiani con l’attivismo del cattolicesimo in politica. Forse il Presidente Mattarella gradirebbe il ritorno di una forza politica capace di una modernizzazione intelligente del paese che non sacrifichi i profondi sentimenti di solidarietà e di unità radicati nel popolo italiano, nonostante le urgenze del paese e quella che qualcuno chiama la maturità raggiunta dall’elettorato. L’esperienza politica degli ultimi due anni e mezzo, con il successo elettorale dei pentastellati e l’altrettanta repentina crisi del loro progetto politico di dar vita ad una stabile forza politica moderata, fuori dagli schemi noti della politica italiana, ha fallito e non certo per colpa di un partitino che detiene il 2% del consenso elettorale. È confrontandosi con la dura realtà della competizione politica e dei problemi di governo che bisogna saper esprimere le proprie potenzialità. Il partito dei cattolici lo ha saputo dimostrare navigando tra la democrazia e le istituzioni repubblicane vivendo e affrontando le sfide della modernità, nel confronto tra la sfida del messaggio evangelico e la sfida della storia. In Italia la tradizione del cattolicesimo democratico ha avuto uno spessore politico rilevante: ha realizzato la democrazia politica e lo Stato democratico.La tradizione democratico-cristiana con Sturzo ha espresso una concezione originale e innovativa del partito e dello Stato. Forse a quella Mattarella vorrebbe ispirare il suo modus operandi e sta lasciando ai partiti dell’ultimo governo Conte la possibilità di riorganizzarsi, prima che ci pensi lui. Mattarella ha forse intuito che serve un “centro” che attragga gli opposti. Le perplessità emerse da questa crisi di governo non deriva tanto dall’insufficienza strategica della prospettiva, quanto piuttosto dall’incoerenza e dalla scarsa consapevolezza dimostrate dall’attuale classe dirigente sulle complesse indicazioni del progetto, a partire dal Recovery Plan. Occorre adesso un’assunzione di responsabilità pubblica, visibile, esigente sul piano morale, competente su quello economico e sociale, svincolata dalle vecchie forme, radicata nella tradizione e al tempo stesso aperta all’intelligenza delle nuove generazioni. I nodi son giunti al pettine e bisogna riflettere su una pluralità di esiti possibili e su di una prospettiva politica non troppo ravvicinata, che supera le nostre simpatie e preferenze, magari guidata dalla storia del cattolicesimo politico italiano, innervando la democrazia di quei valori e di quelle tensioni che la presenza cristiana esprime in maniera eminente. Anche la laicità, che è una conquista condivisa, ha bisogno di un’anima religiosa. Occorre una riflessione innovativa e attuale sull’esperienza culturale e politica dei cattolici nella storia italiana e sul ruolo della coscienza religiosa e della Chiesa nella crisi della democrazia. La parte cattolica e centrista della democrazia italiana rappresenta ancora una risorsa per l’evoluzione del sistema politico, aprendo un confronto serrato e non solo partitico tra credenti, che devono impostare un nuovo progetto politico, in caso contrario la presenza cattolica sarà messa a dura prova dal riemergere di vecchie tentazioni politiche… senza fine.
Pierluigi Diso