Consigliere comunale Pasquale Doria (Matera Civica) in una nota esprime alcune riflessioni sul degrado che affligge il quartiere Lanera di Matera.
Sono tanti i negozietti e le botteghe che aprono e chiudono nel corso dell’anno in città. Sopratutto la cessazione di piccole attività non suscita chissà quali reazioni. In queste ore, però, fa un certo effetto sapere che anche l’ultimo esercente della piccola zona commerciale del quartiere Lanera, quella affacciata su Via della Quercia andrà in pensione. La piccola, ma notissima bottega di Ruggieri e Nicoletti, lui calzolaio e lei alla guida della merceria, fu una delle prime a partire nella stecca dedicata ai servizi, quella ben ordinata ed edificata accanto alla torre quadrata che domina l’intero abitato, costituito da cinque vicinati e una serie di abitazioni a schiera.
La nuova realtà urbana, inaugurata a valle del programma di risanamento degli antichi rioni Sassi il 22 dicembre del 1957, sorge in parallelo del tracciato ferroviario delle allora Ferrovie Calabro Lucane. Pianificazione generosa e scrupolosa, furono previsti tutti i servizi occorrenti alla comunità, compresi i locali per la scuola serale, oltre alle vicine aule dell’Istituto comprensivo intitolate alla memoria di Padre Giovanni Semeria. Straordinario l’elemento panoramico della collina che mette in contattato visivo il passato, il cordone ombelicale rappresentato dallo svettare del campanile della Cattedrale nel centro storico, e il futuro, il lago di San Giuliano e le sue acque irrigue a servizio della riforma agraria, linfa vitale per i campi della valle del Bradano. Il tutto immerso nel verde urbano, ordinati e straordinari percorsi pedonali che ritmano e mettono in comunicazione tra loro i vari moduli edilizi, i vicinati rivisti e volutamente sistemati in modo da ricevere la luce dal sorgere fino al calare del sole, tanto da essere ribattezzati dai contadini assegnatari “le case del sole”.
Simbolo monumentale del riscatto è il massiccio perno centrale del quartiere, una sorta di cubo in mattoni, alleggerito e sollevato dalle fondamenta che sembrano alzarsi come tante gambe ed ergersi fieramente sul suolo della antica madre terra, così da elevarsi verso un nuovo avvenire.
Tristezza e nostalgia sono i sentimenti che alimentano la chiusura di un negozio storico. Rappresentava un punto di riferimento nella comunità e la sua scomparsa lascia naturalmente un vuoto. Lo suscitano i ricordi legati a quel luogo, le esperienze vissute e lo hanno testimoniato le persone incontrate sul posto durante una riuscita giornata di attività svolte dal Comitato dei residenti. Intense le loro parole, il riconoscimento di un luogo dei ricordi, dove un tempo c’erano anche il barbiere e l’immancabile rivendita di alimentari, oggi abitanti riconoscenti del valore che quelle attività hanno ha svolto nella comunità.
Non manca, tuttavia, un senso di imbarazzo e di autentica amarezza per le opportunità perse. Per fortuna c’è l’area parco, frequentata specialmente dai più giovani, ma non si fa certo abbastanza per valorizzare il quartiere, invaso ovunque da erbacce e segnato da alcuni episodi di degrado urbano nei vialetti, nonostante tutto resistenti agli insulti del tempo e dell’incuria.
Il senso di comunità, in compenso, non si era mai perso del tutto e, novità di non poco conto, sembra riprendere quota con le famiglie impegnate a non smarrire ogni memoria (ottimo il lavoro che sta svolgendo la vicina facoltà di Architettura dell’Università di Basilicata) ma anche a promuovere nuove opportunità nella vita quotidiana. Un progetto che può contribuire in termini non secondari alla tessitura del tessuto sociale della comunità e quello dell’orto del quartiere, vicino la scuola, in piazza Semeria. Un fazzoletto di terra adottato dai residenti che, con la pazienza di Giobbe, chiedono la possibilità di irrigare. Basterebbe l’autorizzazione per l’allacciamento a una bocchetta dell’acquedotto già esistente. Sono anni che dal Comune vorrebbero collaborare. Dicono che non c’è nessun problema, ma ogni aspettativa è andata puntualmente delusa. Nel frattempo, quasi provocatoriamente, è partito l’orto secco, un angolo in cui sono state piantate essenze vegetali che hanno bisogno di pochissima acqua, tipiche delle zone desertiche. Chiaro il messaggio, a contrasto: in realtà, Lanera vuole continuare a essere il giardino che è sempre stato e la cui aria ancora oggi, non a caso, profuma del buon pane del forno, uno dei simboli certi del quartiere, monito di resistenza, continuità e lievito di nuova vita.