La crisi della politica in Italia e in Basilicata in particolare ha evidenziato il distacco tra elettori ed eletti e la mancanza di un leader aggregante. Di seguito la riflessione di Pierluigi Diso, stimolato da un incontro tenutosi a Matera.
Come ha avuto modo di riferire in situazioni simili un ex parlamentare materano, anche ieri sera in un hotel di Matera si è tenuto un evento organizzato da nostalgici della politica locale, ma comunque vi ha partecipato gente pensante in vista delle prossime consultazioni regionali. Quello che ne è scaturito, a mio avviso, è stata la mancanza di dialogo tra governati e governanti e la ricerca affannosa di un leader. Il voto politico del 4 marzo ha evidenziato che la nostra democrazia partecipata si basa su meccanismi istituzionalizzati di espressione del consenso e del dissenso dei governati nei confronti dei governanti, quale condizione fondamentale per la sua stessa sussistenza. Stabilire in che misura il consenso o il dissenso dell’elettorato nei confronti degli eletti sia libero, informato e cosciente, fino a che punto sia in grado di scendere nei dettagli delle proposte politiche-programmatiche o si fermi a immagini fortemente semplificate degli attori e dei fattori politici in gioco, è questione intorno alla quale si è a lungo discusso, ma credo si debba ancora continuare a discutere in vista delle prossime elezioni regionali di Basilicata e soprattutto delle europee di primavera dalle quali – lo dicono in molti – dipenderanno le sorti dell’attuale governo Conte.Il web e le nuove tecnologie digitali oggi sono in grado di formare il consenso, ma occorre anche esaminare come la classe dirigente sia in grado di contenere le dinamiche e non lasciare che la situazione scappi di mano. Per contro i mediacontribuiscono alla costruzione di un consenso più o meno attivo e più o meno consapevole, riuscendo a suggestionare atteggiamenti e comportamenti sociali, politici, economici. Chi naviga in rete cerca più un leader, che a destra come a sinistra manca, e non funge da catalizzatore del consenso. I follower sono invece il classico esempio della crisi di identità che la politica e i corpi intermedi della nostra società vivono. Se la personalizzazione della politica (dal partito nazione al partito regione) ha portato ad un apparente rafforzamento della leadership, ha nei fatti ridotto i profili e più in generale le aggregazioni sociali a gruppi di followers. Da qualche giorno però si comincia a parlare di leader, vuol dire che la classe dirigente politica, ma soprattutto il popolo elettore lo cerca affannosamenteper gestire non solo il presente ma anche immaginare e costruire il dopo. E’ oggi venuta meno quella spinta esterna che ha caratterizzato intere generazioni del passato fatte di ideali, di passioni, di visione strategica. Ecco lo svuotamento di ideali dei partitie dei movimenti protagonisti comunque in crisi nel confronto politico contemporaneo, insieme al disimpegno del ceto medio e della borghesia nella politica in generale e nell’amministrazione della cosa pubblica. Occorre ricercareuna nuova leadership, moderna, al passo con i tempi perché non ci si può più permettere immobilismi e rendite di posizione, ma il futuro ci aspetta e ciò implica processi politici innovativi e creatività. Ecco che serve l’innovatore: non necessariamente un giovane, come auspicano in molti, anche uno con i capelli bianchi può esserlo, perché l’innovatore è colui che rompe gli schemi e rimescola circolarità consolidate, così accade soprattutto nel mondo della ricerca, della medicina e della scienza. Essere un leader innovatore in politica così come in un’azienda vuol dire innanzitutto possedere quella continuità di conoscenza frutto di anni di lavoro, da qui si parte per innovare. Un leader che sappia gestire realmente il cambiamento e sia responsabile e consapevole di quanto il processo della costruzione del dopo debbae possa dipendere dalla conoscenza, dalla gestione del presente, del processo del presente. Ecco che uno tsunami come quello del 4 marzo che ha spaccato l’Italia in due, con M5S al Nord e Lega al Sud, può innescare i processi di cambiamento che il vero leader sa gestire, proprio nel momento in cui accadono. Occorre subito lavorare per cercare il leader, a destra come a sinistra, prima della prossima competizione elettorale regionale.Insieme al leader può rinascere una qualificata e idonea classe dirigente del Paese. La trasformazione dei partiti, il rapporto tra populismo e antipolitica, la personalizzazione della politica e della leadership sono gli input da cui partire, di corsa, e gli “uomini liberi e forti”, per ricordare don Sturzo, devono alimentare il dibattito e scendere in campo per il bene della comunità.
Pierluigi Diso