Domenico Bennardi nuovo sindaco di Matera, il vademecum di Giovanni Caserta. Di seguito la nota integrale.
Non avrei mai pensato che i 5 stelle, in crisi dappertutto, a Matera arrivassero al ballottaggio e vincessero il ballottaggio in modo tanto clamoroso e schiacciante. Il che, lo diciamo con la massima serenità, non è necessariamente un buon segno. Quando arriva la tempesta, arriva anche molta roba di scarto. Il nuovo Sindaco credo che riceve una città non nelle migliori condizioni, forse nelle peggiori. Credo che i più non saranno d’accordo, troppo elettrizzati dalla nomina di Matera a capitale europea della cultura. Anche i successi, però, soprattutto quelli clamorosi, possono portare danno. Purtroppo si eredita un città stravolta nella sua identità e costruita ad immagine del Sindaco uscente e della sua cultura. Cosa legittima, ma non necessariamente positiva. Sul Comune si è portato l’abito di un ceto sociale e di un circolo che di quel ceto è espressione, come è vero che quel circolo culturale non solo qualche volta si è associato alle istituzioni, ma, talvolta, le ha persino sostituite. Non si può dimenticare che il Cinema comunale, ristrutturato, non era stato ancora inaugurato e già veniva usato per le celebrazioni del 50° anniversario del circolo stesso, privato.
Si eredita una città che si è voluta far bella solo nel centro storico, dove si sono apportate modifiche radicali, adanno dell’accesso con le macchine e dei parcheggi. Si è voluta allargare l’area pedonale, immaginando chei materani abitino tutti nel centro storico. Non si vorrebbe che, isolando isolando, impedendo impedendo, si determini nel Centro storico di Matera quello che si è verificato a Potenza per via Pretoria: il deserto. Ci pensino, i commercianti. Per il resto, è accaduto che, soprattutto negli ultimi mesi, con una frenesia degna di maggiore impegno, si facessero opere che si ritiene abbiano abbellito la città, nella presunzione che la città “bella”è , di per sé, città che dà lavoro e benessere economico. E’ concetto da studiare attentamente, soprattutto quando si abbellisce in modo sbagliato. Almeno quattro vulnera la vecchia amministrazione ha arrecato alla storia e alla identità della città. Mi riferisco all’orrore della stazione Fal, alla cancellazione del Cinema comunale, cioè di tutti (per farlo diventare Cinema-teatro Gerardo Guerrieri), alla cancellazione di Vico I Cappelluti (per farlo diventare, guarda un po’, via Gerardo Guerrieri), e, infine,alla incomprensibile fontana dell’amore,che battezziamo subito fontana dell’adescamento. Credo che la nuova giunta qualche passo lo debba fare per correggere tali operazioni. Che male, poi, abbia fatto alla città il giovane Vincenzo Cappelluti, e che bene abbia fatto alla città Gerardo Guerrieri, non sappiamo. Il che non significa che non si potesse onorare Guerrieri senza offendere nessuno e senza arrecar danno agli abitanti di vico I Cappelluti.
La città che il nuovo Sindaco eredita è tutta da riportare a sé stessa, cioè alla sua autenticità. Una delle conseguenze più gravi che, a nostro avviso, l’operazione Matera 2019, in sintonia con l’amministrazione comunale, ha apportato è stata la diffusione di orgoglio e presunzione, spesso tramutatisi in arroganza, rifiuto del dialogo e persino vituperio. Sono tutte cose su cui quotidianamente si esercitano i social, incutendo timore e paure. Ci si è cimentato persino un cavaliere della repubblica, appena insignito. Abbiamo trovato anche un sacerdote. E’ spocchia che bisogna dissolvere.
Se questa è la scena, o lo scenario, dietro le quinte c’è una città che ha pensato di realizzare sé stessa sulla cultura-turismo, ospitando cultura, ma non producendone. Avendo peraltro ridotto la cultura a spettacolo, non ha avuto turisti interessati ad apprendere, ma, piuttosto,folle vocianti di giovani ansiosi di partecipare alle esibizioni di cantanti, attori, saltimbanchi e stardi ogni genere. Nella migliore delle ipotesi, sono arrivate persone alla ricerca del buon ristorante. Ha trionfato, insomma, il turismo di massa e di consumo, con inevitabile,grande e confuso afflusso, che nessuno vuol negare. Il presidente della Fondazione Matera Basilicata 2019, sen. Salvatore Adduce, spesso da noi criticato, credo civilmente, ci ha gentilmente fornito uno studio della Banca Intesa San Paolo, molto serio, ma anche molto preoccupato e preoccupante. Ci dice che dal 2015 al 2019 i turisti sono aumentati dai 214.924 del 2015 ai 388.158 del 2019. Ci dice anche che si sono incrementati i posti-letto negli alberghi a quattro e cinque stelle, ma si sono ridotti in quelli di categoria inferiore, a favore dei bed and breakfast. Dice anche che, grazie a questa esplosione turistica, i posti di lavoro sono aumentati del 10%., passando dai 19.300 del 2015 ai 21.200 del 2019, con l’aumento di 1.900 unità.Ma si è chiuso il 4, 1 %. delle aziende artigiane!
Naturalmente, aumentata del 10% l’occupazione, è diminuita del 10% la disoccupazione. Ma tutto – lo si ripete – per solo merito del turismo, che, però, è settore molto labile. Gli ombrelloni sono facili da impiantare; ma è anche vero che basta un soffio di tramontana per portarseli via. Nel rapporto della Intesa San Paolo si dice, onestamente,che sarebbe stato difficile mantenere i livelli turistici del 2019, anche perché – diciamo noi – fuor dei Sassi, Matera non ha l’opera unica da offrire. Potrebbe essere “Lucania 61” di Carlo Levi; ma non ci si è pensato. Un brutto segnale, invece, è il fatto che,nel quinquennio 2015-2019, la popolazione della città non è aumentata, ma anzi è diminuita sia pure di poco, passando da 60.436 nel 2015 a 60.411 nel 2019. E’ diminuita la natalità. Ed è logico. Poiché emigrano i giovani, la conseguenza è che ci sono meno matrimoni e meno nascite. Insomma si conferma quello che abbiamo ripetuto per dieci anni, cioè che Matera è città buona da visitare, ma non da abitare.
Il rapporto insiste sull’importanza del turismo, anche se poi lamenta che l’unico aeroporto a disposizione è quello di Bari. Non si dice che Matera non ha una ferrovia che la porti a Est, a Ovest, a Sud e a Nord, e non per viaggiatori, ma anche per merci. Per cinque anni non l’ha detto né il Sindaco uscente né alcun consigliere comunale. Si plaude invece alle Fal che hanno realizzato la stazione intermodale di Serra Rifusa, mai entrata in funzione. Si tace del fatto che le Fal, arrogantemente, continuino a non circolare nei giorni di festa, giorni più adatti a far turismo;non si dice che la mastodontica stazione realizzata dalle Fal, inutile, ha un solo binario che serve a poche unità di viaggiatori.E si dice che le navette, che collegano con gli intercity per Salerno, risolvono ogni problema.Poi, però, è accaduto che su una attività economica qual è il turismo, molto labile di per sé, è arrivato il corona virus. E qui mi fermo…
Voglio invece ribadire che funesta è statala intenzione estetizzante, e solo estetizzante,che si è imposta alla città. Quando una ragazza materana, quella dei Sassi, non voleva sposare un ragazzo perché non bello, la mamma le ricordava che “la bellezza non si mangia”.Voglio dire che c’è bisogno di lavoro, lavoro, lavoro, di quello continuo e sicuro, quale possono dare l’agricoltura, l’industria e l’artigianato, e non dà il turismo. A questa verità, nei prossimi cinque anni,il nuovo Sindaco deve pensare. Siamo proprio rassegnati all’abbandono della Ferrosud (che aveva ottocento addetti) e agli insediamenti della valle del Basento? Vogliamo farne archeologia per turisti? Siamo proprio rassegnati a non far ritornare sul mercato la pasta materana? E il pane? E l’olio? E le botteghe artigiane? E la zona PAIP? Per cinque anni si è parlato solo di città culturale (che non so che sia), con molte esibizioni televisive e molta retoricaore rotundo. Che importava se i giovani andavano via, spesso i migliori?
Al momento del saluto, però,con nostra meraviglia, il Sindaco uscente ha detto: “Il problema è il lavoro”. Abbiamo salutato l’espressione come una benedetta resipiscenza. Abbiamo detto: Hinc proficiscendum est. Ma come? Se i 5 stelle, che generalmente non sono proclivi ad accettar consigli, volessero un suggerimento,noi glielo daremmo. Gli diremmo di diradare incontri e dialoghi, finora esclusivi, con l’on. Franceschini;gli diremmo di bussare ad altre porte, ad altri ministeri;gli diremmo di istituire un assessorato per l’agricoltura, l’artigianato e l’industria. Non è molto; ma potrebbe essere un gesto, un segnale.Sappiamo che il cammino è lungo, molto lungo e che non si fa da soli. Sifa col mondo del lavoro, con quello che nella città ancora sopravvive.Si fa con le sue organizzazioni, da subito.E si fa con gli auguri di un cittadino, che, per sua fortuna, non si è mai sentito “cittadino culturale”.