Elezioni comunali Matera 2025, Basilio Gavazzeni: “Spighe vacanti e attese”. Di seguito la nota integrale.
Se alcuni mesi fa la prospettiva di nuove elezioni comunali appariva probabile, ora è sicuro che ne ritornerà l’agone. I cittadini sensibili al bene comune chinano il capo delusi davanti alla conclamata insufficienza del Sindaco abbattuto e dei suoi. Ancora una volta i materani che si erano piegati a votarli senza meditato discernimento e, concesso l’incarico, avevano ripiegato nell’abituale impartecipazione, hanno da percuotersi il petto con un pietroso mea culpa.
Si può già rilevare qua e là un incipitario brulichio di rinascenti comitati di quartiere, circolini culturali, stente associazioni, gruppuscoli amicali che ritrovano lo scatto e l’estro in vista di scorribande intorno ad aspiranti leader che fanno cenno dall’ombra. Di questi alcuni da anni esercitano il becco e gli artigli adunchi. Amico/a, non ti basta ciò che hai ammucchiato volitando a destra e a sinistra? Altri si appresta a sguainare un’ambizione sproporzionata alla sua taglia. Amico/a che ne sai tu della macchina comunale, che hai mai fatto tu di gratuito per gli altri? Scarparo/a, non oltrepassare la suola, ti ingiunge un’antica sapienza. Altri, in consorteria, enumera adepti della stessa specie. Insieme, ragiona, qualcosa ne caveremo, no?, nonostante la penuria sfavorevole?
V’è pure chi ha la vocazione all’interesse generale. Conosce la città, popolazione e territorio. Ha dalla sua una motivazione interiore, una visione che lo costringe ad assumere la sfida del possibile politico. Vi fossero finalmente donne e uomini di tal fatta, dalla coscienza intemerata, dalla schietta affezione per il nostro popolo, dalla cospicua competenza, dall’opzione preferenziale per gli scartati in aumento, dalla radicale indifferenza al particulare.
La città di Matera non ne può più di spighe vacanti che progettano di granire a spese della messe pubblica. Non possiamo non ricordare la raffigurazione emblematica che compare nel sogno che il faraone sottopose all’interpretazione di Giuseppe nel libro della Genesi (41,40), alle sette spighe secche, sottili e arse che divorano le sette spighe piene e belle. Troppe volte le spighe vacanti e divoratrici sono prevalse anche sul nostro territorio.
Matera ha bisogno di una forte storia d’amore per lei. Non pretende l’impossibile, ma crede che uomini e donne a lei fedeli con puntuale realismo possano immedesimarsi nei problemi della cittadinanza e provvedere secondo equità.
Ma tali uomini e donne, leader e squadre cooptate, hanno il diritto di contare sulla scelta illuminata degli elettori e su un’alleanza durevole con i concittadini in uno scambio dinamico di speranze e energie, mettendo da parte le beghe municipali.
In conclusione, a Matera cercansi leader riconosciuti di valore, sostenuti da manipoli di incondizionati omogenei e, nel contempo, un popolo consentaneo, dialettico, pluralista ma concretamente partecipe.
È così difficile per la nostra cittadina piccina piccina picciò distillare una onesta amministrazione vitale dove il bene comune e l’eguaglianza presiedano a tutto e a tutti garantiscano una decente esistenza?
Divisi fra la cura del nostro orticello, le molteplici sirene del divertissement e nello stato di ipnosi ingenerato dallo spettacolo delle guerre e degli erculei megasoggetti della geopolitica, succede che trascuriamo le necessità della nostra piccola patria.
Anni fa, un nostro politico non mediocre arringava il popolo degli elettori proponendo di dare ali alla politica. Ero in piazza e percepivo come l’aerea metafora elettrizzasse gli ascoltatori che ondeggiavano commossi. Mai più sarà possibile suscitare una simile adesione in un uditorio all’aperto. Oggi c’è il problema di convincere alle urne metà dei cittadini e di trattenere nel caldo della partecipazione quelli che vi convergono.
Da cattolico, da uomo-nonostante – amo questa definizione della persona che ostinatamente non recede, coniata dal poeta Angelo Maria Ripellino – pur disincantato, ancora una volta oso la speranza che il Comune di Matera sia assunto da persone dotate di una carica esistenziale scevra da interessi e propulsiva, capaci di ideare una nuova versione della città e di costruire prospettive di sviluppo congiuntamente all’impegno di singoli e gruppi generativi, ma anche degli ultimi.
Da cattolico, anzi da uomo di Chiesa, fiero di quanto i miei compagni di fede e simili, compiono ogni giorno, primeggiando, per le fasce afflitte della popolazione, dichiaro che noi non si verrà meno. Noi non verremo mai meno, aggiungendo l’imprescindibile lavoro dello spirito di cui ha scritto Massimo Cacciari, ma soprattutto la partecipazione alla creazione del soprannaturale che era richiamata in una bozza dell’Enciclica Populorum Progressio, come riferisce Giuseppe De Rita.
Che sarebbe la calcarenite di Matera se non vi si fosse librato sopra lo Spirito Creatore? Ricordare il magistero di Simon Weil così poco studiato da noi: una società giusta e umana deve essere fondata su solide radici, e la prima radice, l’enracinement tradusse Albert Camus, è in cielo. Il resto è retrotopia, come intende Zygmunt Bauman.