Il contributo e le proposte della FIOM Basilicata ha inviato alla nostra redazione un documento che contiene proposte da presentare ai candidati lucan in vista delle prossime elezioni politiche previste il 4 marzo e quelle regionali previste in autunno. Di seguito la nota integrale.
La legislazione degli ultimi venti anni in materia di mercato del lavoro, fisco e previdenza e l’assenza di politiche industriali capaci di difendere e incrementare i posti di lavoro nel Paese e nel Mezzogiorno hanno peggiorato le condizioni di vita e di lavoro, hanno aumentato la precarietà e non hanno contrastato realmente la disoccupazione.
I governi che si sono succeduti hanno prodotto “riforme” che hanno avuto come effetto una forte penalizzazione dei lavoratori a vantaggio dell’impresa: dalla riforma previdenziale Maroni alla cosiddetta Riforma Fornero, dalla legge 276/03 (cd. Legge Biagi) al Jobs Act, dall’art.8 della finanziaria dell’ultimo Governo Berlusconi (che ha attaccato la contrattazione, consentendo ad alcune sigle sindacali di derogare a norme di legge e contratti) alla modifica dell’Art. 18 ad opera dei governi Monti e Renzi.
L’introduzione del contratto a tutele crescenti ha lasciato intatte decine di altre forme contrattuali, più a buon mercato, con la conseguenza che è stata precarizzata l’unica forma di contratto stabile senza mettere in discussione il ricorso alle forme di lavoro precario, che sono diventate la normale modalità di assunzione e, troppo spesso, di permanenza in azienda. In aggiunta, come se non bastassero le numerose tipologie contrattuali precarie, l’alternanza scuola lavoro si è rivelata più una possibilità di sfruttamento di giovane manodopera a costo zero che un arricchimento dell’esperienza formativa. Fuori dal rapporto con le rappresentanze sindacali, infatti, i ragazzi in alternanza sono spesso messi impropriamente a lavoro. Purtoppo lo dimostrano i vari infortuni occorsi a ragazzi in alternanza, che si sono succeduti nelle ultime settimane.
Per di più il pesante depotenziamento dei servizi ispettivi per quanto attiene la violazione delle normative sul lavoro e sulla salute e sicurezza ha favorito abusi e situazioni di pericolo per i lavoratori.
La riduzione complessiva degli ammortizzatori ha inoltre determinato maggiori difficoltà, per il sindacato, nella gestione contrattuale delle crisi aziendali, con evidenti svantaggi per i lavoratori e con la conseguente perdita di posti di lavoro. Sul versante del diritto alla pensione, l’aumento dell’età pensionabile determinato dalle varie riforme ha creato ulteriori ineguaglianze e non ha tenuto conto di chi opera con mansioni usuranti come chi sta alla catena di montaggio o fa turni. Come se non bastasse l’equiparazione dell’età pensionistica fra i sessi ha creato ulteriori squilibri, visto che la fine dell’uscita anticipata dal lavoro per le donne non ha coinciso con politiche realmente in grado di sollevare le donne dal lavoro di cura della famiglia.
È stato poi reso più difficile il contenzioso legale per i lavoratori che vogliono far valere i propri diritti attraverso un aumento dei costi per accedere alla giustizia e una riduzione del tempo utile per impugnare di fronte al giudice.
L’assenza di una rappresentanza degli interessi materiali e morali dei lavoratori nelle istituzioni ha minato seriamente i principi della Costituzione Italiana. È mutato il diritto del lavoro, non più diritto diseguale, ovvero più vicino ai lavoratori e meno all’impresa allo scopo di riequilibrare la disparità di forze fra il singolo lavoratore e l’azienda, ma ridotto alla stregua del diritto civile e commerciale. L’equidistanza fra lavoratori e aziende è stato l’alibi, per chi ha rivestito incarichi di governo, per favorire solo i più forti.
Inoltre nessuno degli esecutivi nazionali ha mai accettato di approvare una legge sulla rappresentanza sindacale, consentendo così a sigle di comodo e a pseudosindacati di proliferare e sottoscrivere (senza alcuna reale rappresentanza) accordi in cui si troppo spesso sono svenduti diritti a danno dei lavoratori.
Occorre invertire completamente la rotta, ripristinando una legislazione complessiva in grado di ridare dignità e diritti ai lavoratori.
Come sindacato lo abbiamo fatto riconquistando il contratto nazionale di lavoro e chiediamo a tutti i candidati di riflettere sulla condizione dei lavoratori e di lavorare perché anche l’azione di governo vada nella stessa direzione.
Purtroppo molte delle proposte politiche in campo finiscono, oggi, per confondere le misure a sostegno dei lavoratori con generici aiuti all’impresa. Vogliamo essere chiari: questa vaghezza ed indifferenza non è per noi sufficiente.
Il territorio lucano, colpito duramente dalla crisi, vive gli effetti della legislazione oggi esistente e della mancanza di programmazione degli interventi da parte delle istituzioni.
Le vertenze e le situazioni critiche, che come metalmeccanici ci troviamo ad affrontare quotidianamente, lo dimostrano:
AUTOMOTIVE
In Basilicata la presenza di FCA e di numerose aziende dell’indotto, della logistica e della componentistica (che operano talvolta anche per altri marchi) occupa decine di migliaia di lavoratori. L’assenza di una strategia industriale aziendale in grado di diversificare le produzioni e di contribuire alla difesa dell’ambiente grazie all’ibrido e all’elettrico, accanto alla perdita di mercato per i modelli prodotti, sta determinando rischi di tenuta occupazionale.
Occorre che la politica faccia la propria parte, convocando un tavolo presso il Ministero sul piano industriale e favorendo un confronto negoziale sulle condizioni di lavoro frutto della contrattazione fra tutte le parti, contrariamente a quanto avvenuto nel passato con l’uscita di FCA dal CCNL. Inoltre la disoccupazione riguarda ormai il 50% circa dei lavoratori somministrati delle aziende dell’indotto Fca. Chi oggi ha ancora un contratto è sottoposto al ricatto occupazionale: lavora attraverso missioni forzatamente brevi e in modo sempre più precario. Occorre porre un freno al proliferare del lavoro in somministrazione e attraverso le false cooperative.
APPALTI PUBBLICI
Centinaia di lavoratori operano negli ospedali, nei distretti sanitari, nelle scuole e nell’università, nei tribunali, nei distaccamenti territoriali dei ministeri e delle funzioni centrali, negli enti locali per assicurare il buon funzionamento degli impianti elettrici, termici, idraulici. Sono metalmeccanici. Questi lavoratori, che svolgono un compito fondamentale, senza il quale non potrebbero funzionare gli uffici, sono sottoposti a cambi appalto, dumping contrattuale, incertezza. Occorre prevedere l’internalizzazione dei servizi energetici e di conduzione di impianti, e nel frattempo rivedere il sistema degli appalti del pubblico attraverso l’introduzione di clausole sociali più stringenti e obblighi di rispetto del CCNL di settore per assicurare certezze e diritti a manutentori, conduttori, impiantisti e a tutti coloro che quotidianamente consentono alla macchina pubblica di funzionare.
ENERGIA
Petrolio, eolico, infrastrutture risentono della mancanza totale di programmazione che determina rischi per la cittadinanza, per i lavoratori e una sostanziale perdita di opportunità per l’intero territorio.
Manca una strategia complessiva, da parte delle istituzioni, per una transizione intelligente e per la corretta sorveglianza del processo estrattivo. A questo si aggiunge il fatto che si piantano pale eoliche un po’ a caso nel territorio regionale e non si affronta un piano per l’infrastrutturazione del territorio e per la sperimentazione di progetti pilota di elettrificazione (di concerto con il MISE e con l’ENEL): sia per creare nuova occupazione, sia per consentire una maggiore diffusione dei veicoli elettrici per il trasporto privato, integrato e pubblico. I metalmeccanici che operano nel settore dell’energia vivono una incertezza strutturale: fra cambi di appalto, dumping contrattuale, cooperative e sfruttamento del lavoro migrante. Per controllare e migliorare le condizioni di lavoro di migliaia di lavoratori del settore energia è urgente l’istituzione di una task-force fra Ministero del lavoro, enti locali, organizzazioni sindacali.
DESERTIFICAZIONE DELLE ZONE INDUSTRIALI STORICHE, FERROVIARIO, MATERA 2019
L’assenza di nuove opere infrastrutturali, assieme alla crisi che si è abbattuta pesantemente nel Mezzogiorno, ha determinato la desertificazione di molte delle zone industriali della Basilicata, in special modo sull’asse del Basento: Baragiano-Balvano, Tito Scalo, Potenza, Val Basento.
La difficoltà oggettiva della rete dei trasporti e l’assenza di mobilità pubblica penalizzano il reinsediamento industriale e, come se non bastasse, l’assenza di politiche pubbliche in tale direzione rischia di lasciare i lavoratori del settore privi di prospettive: da Firema a Ferrosud, per non parlare delle piccole imprese dell’indotto ferroviario, pur presenti in Basilicata.
Matera 2019, opportunità di sviluppo non solo turistico, rischia di favorire esclusivamente l’aeroporto di Bari e i noleggi di auto. Occorre investire nelle infrastrutture sia per le persone, sia per le merci, favorendo per questa via politiche anticicliche: queste misure sono fondamentali per difendere gli insediamenti industriali e, con essi, i lavoratori.
Le numerose vertenze regionali dimostrano che c’è bisogno di Politica, c’è bisogno di rappresentare gli interessi dei lavoratori e di mettere in campo azioni di governo a sostegno dello sviluppo, dell’innovazione, dell’ambiente.
I metalmeccanici lucani chiedono a tutti i candidati alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 e alle imminenti regionali di impegnarsi perché il diritto a un lavoro dignitoso vada oltre la campagna elettorale e sia sostanziato da atti concreti per invertire la direzione tenuta dalle istituzioni negli ultimi anni.