Enrico Letta torna a casa, nel Partito Democratico. L’ex premier è stato eletto segretario del Partito Democratico all’Assemblea nazionale con 860 voti a favore, 2 contrari e 4 astenuti. “Non saremo il partito del potere e delle Ztl”, ha detto durante il suo intervento, annunciando di voler “spalancare” le porte del Nazareno a territori, sindacati, imprese. Poi ha affrontato il tema delle divisioni interne: “Non vi serve un nuovo segretario, ma un nuovo Pd”
Di seguito il report integrale relativo all’elezione di Enrico Letta
Un ringraziamento speciale a Nicola Zingaretti “con cui continuerò a lavorare, legati da un rapporto di lunga amicizia e sintonia”, un pensiero “ai centomila morti e al mezzo milione di italiani che hanno perso il lavoro, a loro noi guardiamo cercando le migliori soluzioni per il loro futuro”. Priorità quindi al lavoro, ma anche alle donne e ai giovani. Ammette che dentro il Pd c’è un problema sulla parità di genere. Promette battaglia sul voto ai sedicenni e per lo Ius Soli, scatenando le prime reazioni di Lega e FdI. E assicura che la liberazione dal Covid è vicina, grazie al vaccino. Enrico Letta, proclamato segretario del Partito democratico con 860 voti a favore (2 i no e 4 gli astenuti), è salito sull’inedito ‘palco’ al Nazareno in diretta streaming per il suo discorso durante l’assemblea nazionale del Pd con la consapevolezza di essere il nuovo segretario anche se quello che serve è “un nuovo Pd”. “Mi viene in mente la frase di Papa Francesco che dice che vorrebbe un mondo che sia un abbraccio fra giovani e anziani – ha detto Letta prendendo la parola – Da solo nessuno si salva. Ce lo ha detto il Papa”. Non solo. È fondamentale per Enrico Letta “fare un partito che abbia le porte aperte. L’apertura sarà il mio motto: spalanchiamo le porte del partito”. Poi dopo la votazione ha ringraziato tutti “siamo chiamati a uno sforzo terribile, ce la metterò tutta”, ha assicurato.
È il suo giorno. Che è iniziato con un tweet pubblicato all’alba: “Le ultime aggiunte, le ultime correzioni. Ci vediamo oggi alle 11.45 sulla pagina Facebook del Pd e di Radio immagina. Io ci sono”. Una frase accompagnata da una foto della tastiera del computer con cui ha scritto la relazione da presentare all’assemblea che, questa mattina, è chiamata ad eleggerlo segretario Pd. Poi un altro post. “Lo ammetto. L’emozione non manca a salire di nuovo al Nazareno, più di sette anni dopo”. Con 713 sottoscrizioni è il candidato unico alla segreteria, come ha riferito Cuppi.
Il discorso di Letta è il cuore di questa insolita assemblea senza dibattito, ma puramente ‘elettiva’, con voto elettronico. E poco prima di mezzogiorno, l’ex premier ha preso la parola dalla sede del partito: “Vorrei che oggi la discussione non si chiudesse ma iniziasse. Domani presenterò un vademecum di idee da consegnare al dibattito dei circoli per due settimane. Ne discutiamo insieme e poi facciamo sintesi in una nuova assemblea”. Ha messo subito le cose in chiaro, riconoscendo i limiti del Pd: “Lo stesso fatto che sia qui io e non una segretaria donna dimostra che esiste un problema” sulla parità di genere. “Io metterò al centro” il tema delle donne: è “assurdo” che sia un problema.
E dopo le donne, i giovani. Che “saranno al centro della mia azione”. Tanto che, ha assicurato, “l’altra battaglia da fare è quella per il voto ai sedicenni, anche se so che sarà una battaglia divisiva, complicata, ma dobbiamo allargare il peso dei giovani nella società”. Ma non solo. “Voglio rilanciare lo Ius soli – ha precisato Letta – Credo che sarebbe una buona cosa se il governo Draghi, il governo del tutti insieme, sia quello di una normativa sullo Ius Soli”. Parole che non sono piaciute al leader della Lega, Matteo Salvini e al capogruppo di Fdi alla Camera, Francesco Lollobrigida, subito all’attacco.
Aprire le porte del partito, quindi, perché quello che “serve è un nuovo Pd”. Letta è pronto a prendere le redini del Partito democratico lasciate in corsa da Nicola Zingaretti, ma ad alcune condizioni. Vuole fare la rivoluzione. E per farla deve ripartire dalle sezioni, come dimostra anche la sua visita a sorpresa ieri nel circolo dem del quartiere romano di Testaccio, il suo, con la foto davanti allo striscione “Ripiamose sti cocci”. “Noi non dobbiamo essere quelli che sono la ‘protezione civile’ nel senso di considerare che devono per forza andare al governo perché sennò l’Italia sbanda”. Altrimenti “diventiamo il partito del potere e se diventiamo il partito del potere, noi moriamo. Questo è il passaggio più importante di tutti. Noi dobbiamo avere le nostre idee in testa, andare al governo se si vincono le elezioni ma sapendo che si vincono le elezioni se non si ha paura di andare all’opposizione. Noi non dobbiamo essere il partito del potere. Apertura è il mio motto. Spalanchiamo le porte del partito”.
“Io scelgo il Pd, perché stavo facendo altre cose. E sono stupito dal fatto che tante persone mi hanno incoraggiato ma qualcuno mi ha detto: ‘Ma come lasci quello che stai facendo per un impegno di partito? Lo potevi fare per andare al governo’. Quando me lo hanno chiesto, ho detto sì lo faccio davvero e mi sono reso conto dell’assurdità di questa frase – ha spiegato il neo segretario – È sbagliata perché abbiamo davanti una fase di rinascita del Paese che partirà dalla società e quindi dalla politica e dai partiti. E sono qui con questo hashtag ‘iocisonoPd’ perché ritengo che questa sia una sfida essenziale per l’Italia e l’Europa”.
L’assemblea è iniziata con l’intervento della presidente dem, Valentina Cuppi: “Serve un partito che sappia interpretare e combattere per le istanze democratiche” senza rimanere imbrigliato da “battaglie intestine fra aree culturali che rischiano di cristallizzarsi in lotta fra correnti”. Dopo l’intervento della presidente Cuppi, la diretta streaming dell’assemblea è stata sospesa, impegnata negli “adempimenti formali” per la presentazione delle candidature e le relative sottoscrizioni. È ripresa poi con l’annuncio della raccolta delle firme a sostegno della candidatura di Enrico Letta: 731 per la precisione.
Entrando al Nazareno, Letta ha citato “il principe di Condé” che “dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi” come scriveva Alessandro Manzoni nel secondo capitolo dei Promessi sposi. Letta, nella sede del partito, questa mattina ha trovato anche il ministro Andrea Orlando, Peppe Provenzano, Walter Verini, Cecilia D’Elia, Brando Benifei, Chiara Braga, Nicola Oddati, Caterina Bini, Luigi Zanda, Stefano Vaccari. In un primo momento, era stato annunciato, oltre a lui, solo la presenza della presidente Cuppi.
L’assemblea dem si è aperta con l’intervento della presidente Valentina Cuppi, dal palco al Nazareno, affiancata dalle vicepresidenti Anna Ascani e Debora Serracchiani: “Oggi do formalmente la comunicazione all’assemblea nazionale delle dimissioni da segretario di Nicola Zingaretti”, che ha ringrazato più volte. Le sue dimissioni “sono state un atto politico molto forte che ci spinge a un’analisi profonda del partito, che ci interroga sullo stare insieme, sul pluralismo. Era evidente che volesse dare una scossa al partito, fare in modo che emergessero in maniera chiara e trasparente i problemi che ci sono. Ora sta a noi cogliere l’opportunità. Dobbiamo affrontare le dinamiche di battaglie intestine tra aree che invece di arricchire il pluralismo rischiano di cristallizzarsi in lotta tra correnti. Possiamo essere il partito che al contempo si occupa dei diritti civili e sociali senza farci dipingere come quelli che si dedicano solo ai primi? Dobbiamo occuparci di entrambi”.
E ancora. “Vogliamo essere il partito che rivendica il congedo parentale, ma che ha il coraggio di dire che il 50% di retribuzione è poco, perché penalizza le donne. E che se si protrarrà la chiusura delle scuole serviranno più investimenti. Dobbiamo essere il partito che si batte per il concedo paterno obbligatorio di tre mesi. Possiamo occuparci dei diritti civili e sociali, del salario minimo, della transizione economica, dello ius soli e dello ius culturae. Dobbiamo essere all’altezza di costruire una società più giusta per tutte e tutti, che metta al centro le persone, cambi radicalmente il paese e il modello di sviluppo per superare le disuguaglianze territoriali, generazionali e di genere – ha sottolineato nel suo intervento Cuppi – Serve un coinvolgimento dal basso verso l’alto, rendendo i circoli luoghi di partecipazione, dove si sappia che si può ambire a porre le basi di una proposta di legge che arrivi fino al Parlamento. Questo fa un partito progressista, riformista e democratico, che sappia tessere relazioni. Deve essere”, ha continuato Cuppi, “il partito dei militanti e non quello delle correnti, il partito dei sindaci e delle sindache, un partito di lotta e di governo, che fa il women new deal e che sappia praticare veramente una politica femminista, che ambisca a fare sì che cessino le diseguaglianze territoriali e di genere. È una ambizione troppo grande? Non lo credo, non lo è: molto di questo esiste già, dobbiamo solo farlo emergere e farlo diventare protagonista”.
Poi la conclusione: “È il momento di trovare le ragioni della nostra unità, dello stare insieme attorno a una visione chiara e netta. E il modo migliore per ringraziare Nicola Ziungaretti è continuare su questa strada con perseveranza e questo è l’augurio più grande che posso fare a chi prenderà le redini di questo partito”.
Walter Verini è stato votato dall’assemblea tesoriere nazionale del Partito democratico con 775 voti favorevoli, 4 contrari, 23 astenuti. La nomina di Verini viene così ratificata dopo mesi, dal momento che a causa del Covid l’assemblea nazionale non si era più riunita.