Il politologo materano Franco Vespe ha inviato alla nostra redazione alcune riflessioni sul film “Hammamet” che racconta gli ultimi anni di vita di Bettino Craxi con la straordinaria interpretazione dell’attore Pierfracesco Favino. Di seguito la nota integrale.
Qualche tempo fa ho visto il film Hammamet sugli ultimi anni di vita di Craxi. Un film che passerà alla storia per la straordinaria interpretazione di Craxi da parte dell’immenso Favino. Praticamente identico nella gestualità, nell’eloquenza, nelle pause. Solo per la sola interpretazione di Favino valeva la pena pagare il biglietto e per pochissimo altro! Il film ha voluto soffermarsi sul Craxi sconfitto e costretto nella sua Sant’Elena. Ha voluto descrivere così un titano dolente, caduto nella polvere che ha preferito orgogliosamente farsi morire pur di conservare lo status di uomo libero. Non ha toccato, se non in modo collaterale, la sua vicenda politica. Al contrario il dibattito che è seguito al lancio del film avvenuto proprio in occasione del 20° anniversario della sua morte, si è focalizzato maggiormente sulla vicenda politica di Craxi, riservando ad essa giudizi più clementi e comprensivi rispetto all’epoca del lancio delle monetine all’Hotel Raphael. Come per Napoleone vale tentare di rispondere alla fatidica domanda: fu vera gloria ?
Sicuramente le risultanze giudiziarie gettano una macchia indelebile sul personaggio e sull’epoca in cui esse maturarono. Un sistema di finanziamento ai partiti irregolare o illegale come ammise lo stesso Craxi nel suo leggendario discorso tenuto in parlamento in sua difesa nel 1992. Questo non toglie di cogliere nel personaggio Craxi le positività delle sue azioni politiche. Due i fatti che hanno poi determinato la cifra della sua eredità politica: La posizione ferma assunta a Sigonella nei confronti degli americani che volevano arrestare Abu Abbas. Non esitò a schierare i carabinieri che circondarono i marines che stavano assediando l’aereo dove viaggiava il terrorista che, in quel frangente, per un accordo fra il governo italiano e l’OLP di Arafat, pose fine al sequestro della nave Achille Lauro. La seconda fu certamente quella di aver fatto vivere all’Italia un momento di “euforia” economica con il sorpasso effettuato ai danni della Gran Bretagna. Un sorpasso ottenuto con uno straripamento del debito pubblico che a quei tempi non spaventava. Ardite poi furono le proposte riformiste del suo PSI che anticipò di almeno 10 anni il dibattito sul presidenzialismo e sui sistemi elettorali maggioritari che ci fu nella II Repubblica. Ma torniamoa mani pulite. Una pulizia sacrosanta per arginare una politica sbruffone, che ricorreva all’illegalità ed alle ruberie per sostenere i suoi mastodontici apparati partiticie… con qualcosa che rimaneva attaccata alle mani a dirla con l’amico di Craxi andato ad Hammamet per fargli visita. Tuttavia occorre ammettere che davanti a certi portali le indagini di mani pulite si siano inspiegabilmente bloccate. E’ indubbio che quelle indagini siano entrate a gamba tesa nella politica italiana colpendo asimmetricamente e facendo due pesi e due misure fra i diversi soggetti. Chi vi scrive iniziò la sua avventura politica proprio in quegli anni entrando in consiglio comunale di Matera come catto-comunista e uscendone anti-comunista deluso dalla millantata, quanto inesistente, superiorità morale della sinistra. Ma non divaghiamo! Politicamente quale fu la conseguenza di quell’azione giudiziaria ? Sostanzialmente la classe dirigente della I repubblica mariuola ma capace fu completamente spazzata via per dare spazio alle mezze cartucce della II e III fila. Basti pensare a quello che combinò quell’impiastro di Mario Segni o le tristi vicende che portarono alla liquidazione definitiva del Partito Popolare ( ex-DCper intenderci!). In II luogo concorse a spazzare via esperienze e tradizioni politiche storiche e gloriose come quella socialista e quella del Popolarismo che continuano ad essere ancor oggi le due maggiori famiglie politiche in Europa. In campo rimasero il vecchio PCI che solo alla Bolognina nel 1989 svoltò in chiave social democratica, quando ormai l’orso sovietico era irreversibilmente in ginocchio, per mettersi all’ombra di una poco identitaria quercia. La nascita di un partito di stampo Peronista come Forza Italia invece prese il posto del glorioso Partito Popolare (ex-DC). L’eliminazione di questi due vincenti filoni politici dalle profonde radici politiche ha poi dato la stura alla formazione di numerose compagini ibride, confuse, poco coerenti dottrinalmente primitive e capaci di confezionare messaggi buoni solo per parlare al sistema limbico dell’elettore. Ma il danno maggiore non è questo. Le conseguenze collaterali di mani pulite è stata quella di aver dato la stura alla deriva fra competenza e rappresentanza. La ribalta raggiunta di mediocri seconde e terze linee senza ne arte e ne parte e la convinzione giustizialistica che solo l’onestà fosse il requisito primario, forse unico, per l’accesso al protagonismo politico, ha mortificato l’importanza della “competenza”. Si ma di quale competenza parliamo ? Certamente è compresa quella tecnica ma non solo. Zamagni ci avverte che la giustizia non basta per garantire la pace e la democrazia. Occorre che la giustizia sia anche “benevolente”; ovvero che essa si arricchisca del “dono”di cui ciascunodi noi –persona- è portatore. Esso è passione civile, volontà di sentirsi parte di un destino comune, partecipazione, dialogo. In sintesi una giustizia benevolente ha bisogno che ciascuno dia il meglio di se.Il giustizialismo invece crede che nell’altro ci sia il “peggio” e, pertanto è a caccia di teste da far rotolare. Si chiama questa competenza sociale di cui c’è tanto bisogno e che in tutti questi anni si è creduto di poter farne a meno o, quel che è peggio, la si sta disinvoltamente dilapidando, per far posto ad imbonitori di piazza capaci di confezionare meravigliosi “contenitori”. Su questo la vicenda Craxi ci deve far riflettere. Sicuramente il personaggio aveva colpe da espiare; ma nella sua vicenda c’era anche “dono”.