Pietro Sanchirico, coordinatore Italia Unica: “Folgorazione” di Lacorazza sulla strada dei referendum richiede un’operazione verità. Di seguito la nota integrale.
La “folgorazione” di Lacorazza sulla strada dei referendum richiede un’operazione veritàperché è il momento della verità sulle riforme istituzionali (e, ancor più, sulle reali intenzione di chi le ha proposte) sembra ormai davvero vicino. Non è possibile nascondere manovre politiche anti-renziane dietro l’alibi delle estrazioni petrolifere mediate dall’articolo 38 dello Sblocca Italia e della prossima riforma costituzionale. Proprio come l’iniziativa congiunta tra i Presidenti delle Regioni – Pittella, De Luca ed Emiliano – che fanno a gara per acquisire il titolo di “migliore renziano”, siamo alla prova del nove. Che la riforma di quella riforma del Titolo V varata nel 2001 da un centrosinistra dilaniato ed a fine legislatura, fosse il punto di partenza per una complessiva ridefinizione dell’architettura istituzionale del Paese non vi sono dubbi. Tuttavia, quanto nel metodo quanto nel merito, non sembra ci siano segnali concreti. Prendiamo come esempio l’117 della Costituzione. È innegabile che testo vigente non abbia dato una grande prova di sé, come dimostrano sia l’enorme contenzioso sviluppatosi innanzi alla Corte Costituzionale sia l’inefficienza e talvolta lo speco che ne è derivato. In molti casi abbiamo assistito a fenomeni di ingiustificata sovrapposizione tra la burocrazia statale e quella regionale e, in altri, allo scandaloso replicarsi dei vizi della politica nazionale su scala regionale. Sin troppo semplice rilevare come, al di là degli annunci e dell’abile (vuota) retorica renziana, ci troviamo di nuovo alle prese con l’ennesimo tentativo di modificare tutto per modificare (di fatto) poco e nulla. O peggio, di fronte ad una riforma che (se possibile) aggrava ulteriormente le incertezze in merito ai confini della competenza legislativa rimessa alle Regioni in via non esclusiva. Da un lato, occorrerà verificare come (e se) tali modifiche si coordineranno con il sistema di riparto delle funzioni amministrative delineato nel successivo art. 118 della Costituzione e, soprattutto, se anche rispetto ai principi di adeguatezza, sussidiarietà e differenziazione si opterà per un passo indietro rispetto alla formulazione vigente. Dall’altro, la conflittualità tra Stato e Regione non pare affatto superata ma piuttosto aggravata proprio nel momento in cui la giurisprudenza costituzionale sembrava aver ormai ridotto i margini di incertezza grazie al ricorso alle “materie trasversali” al fine legittimare l’intervento Statale anche in settori devoluti alla podestà legislativa regionale.
Al di là degli aspetti metodologici, che restano tutt’altro che secondari, ciò che più preoccupa è l’assenza di una visione istituzionale del Paese in grado di ridisegnare e raccordare in modo organico (e non improvvisato) il complesso sistema delle autonomie in cui si articola la Repubblica, operando un conseguente ridimensionamento di quegli apparati burocratici svuotati di competenze. La Basilicata non merita di assistere a nuove recite prive di contenuti e di ricadute positive sul piano economico e sociale. Sul fronte istituzionale non servono riforme tese a garantire il mantenimento del potere di pochi a discapito dei molti, bensì un deciso passo in avanti sul fronte dell’inclusività delle nostre istituzioni politiche. Solo così potremo sperare di liberare le energie vive della regione e del Paese e far si che le riforme istituzionali possano tradursi in concreti passi avanti sul piano economico e sociale.