Riportiamo la nota dell’onorevole Vincenzo Folino (Sinistra Italiana), firmatario della mozione che propone l’accorpamento del voto referendario sulle trivelle in mare con il primo turno delle elezioni amministrative.
Per Folino (Sinistra Italiana), che ha firmato la mozione proposta da Pellegrino, questa scelta comporterebbe un risparmio di 300 milioni e contribuirebbe a promuovere la partecipazione dei cittadini
È stata depositata alla Camera dei Deputati una mozione che propone l’accorpamento del voto referendario sulle trivelle in mare con il primo turno delle elezioni amministrative, onde garantire la più ampia partecipazione dei cittadini al voto, nonché per realizzare un risparmio di circa 300 milioni di euro, che invece non ci sarebbe nel caso tali consultazioni si svolgessero in giorni diversi.
A darne notizia il deputato di Sinistra italiana Vincenzo Folino, tra i firmatari della mozione presentata dall’onorevole Pellegrino SI-SEL e sottoscritta da parlamentari dei diversi gruppi.
“In seguito alla dichiarazione della Corte Costituzionale del 19 gennaio 2016 sull’ammissibilità del referendum contro le trivellazioni in tema di durata delle concessioni – afferma Folino -, il Presidente della Repubblica, probabilmente tra il 10 e 15 febbraio 2016, indicherà, su proposta del Governo, la data per lo svolgimento di tale referendum. Le elezioni amministrative, pure in programma quest’anno, si terranno a giugno prossimo ed è evidente che l’accorpamento del voto referendario con le elezioni amministrative garantirebbe, oltre che un risparmio di circa 300 milioni di euro, anche la massima partecipazione rispetto ad una consultazione referendaria che, come è noto, per la sua validità, richiede il raggiungimento di un quorum e che riguarda un tema particolarmente delicato, quale è quello di un diverso futuro energetico del nostro Paese”.
A parere di Folino “l’accorpamento del voto referendario con la tornata delle elezioni amministrative, meglio ancora se con il primo turno previsto per il 6 giugno, è opportuno dunque sia per ragioni economiche, soprattutto in tempi di ‘spending review’ – visto, in caso le consultazioni si svolgessero in tempi diversi, ci sarebbe un pesante aggravio di costi – nonché per la promozione della più ampia partecipazione alle urne rispetto al voto referendario, uno dei più importanti strumenti di democrazia diretta”.