Gianni Maragno: “Da Calciano un drammatico interrogativo: ha davvero ragione di esistere la regione Basilicata?. Di seguito la nota integrale.
Era il dicembre del 1971, quando il gruppo veneziano di sociologi ed esperti di urbanistica, promotore della rivista “Il Politecnico” e composto da Amalia D’Adamo, Luciana Fabris, Aldo Musacchio, Silvia Musacchio e Ferruccio Orioli, portava a termine, pubblicandola, una relazione socio-economica sul comune di Calciano, a seguito di un’inchiesta commissionata esplicitamente dalla amministrazione di quel centro della provincia materana.
“Il caso di Calciano non è dissimile da quello di altre collettività della Basilicata interna” – si legge in introduzione. La Basilicata, infatti, era stata individuata quale laboratorio privilegiato di studi e ricerche, che, attraverso una interpretazione di centralità dell’urbanistica, miravano a raccordare e definire in maniera innovativa le coordinate socio-economiche della collettività. Trattavasi di un progetto teso a socializzare e non a statizzare, che fu alla base del pensiero e dell’azione di Adriano Olivetti e del gruppo di “Comunità”, a loro volta vagamente ispirati a Carlo Levi.
Come ha opportunamente osservato Clara Guida, nella sua ricerca Adriano Olivetti e il Movimento Comunità in Basilicata, gli interventi nell’ottica di questa strategia avrebbero dovuto attribuire maggiore rilevanza alle singole comunità, dotate di espressa autonomia e responsabilità, limitando la presenza e l’influenza dello Stato centrale. Si delineava, così, una diversa organizzazione della società con un ruolo determinante della cultura ed il conseguente coinvolgimento attivo degli intellettuali. A questo modello si era, appunto, ispirata l’inchiesta sollecitata dal comune di Calciano.
A 50 anni di distanza, riprendendo i dati emersi da quella relazione e uniformandosi ai relativi criteri ispiratori, Gianni Maragno, nell’ambito delle proprie ricerche dedicate alle vicende e alle tensioni culturali e sociali del territorio materano, torna a rivalutare le evidenze relative a Calciano, “sempre più omologate a quelle di altre collettività della Basilicata interna.
Il 1971 fu l’anno di un potenziale cambiamento per il comune di Calciano. Prima di allora, Calciano era fuori dalla storia contemporanea, con il mercato limitato alla sola corte del paese. A partire invece da tale data, vennero attivati collegamenti viari (Strada statale 407 Basentana), mentre già da qualche anno era stato introdotto l’intero ciclo dell’obbligo scolastico. Si materializzavano così i prerequisiti dello sviluppo. Questi sintomi di sviluppo economico, tuttavia – si legge ancora nella relazione del Politecnico -, “così come sono stati immessi nella società lucana, …. risultano essenzialmente fattori tecnologici. Anche la scuola, che di per sé non dovrebbe esserlo, … scade a mera strumentazione tecnica quando, da fattore di promozione sociale, si riduca a mezzo di acculturazione per forza-lavoro, che altrimenti, analfabeta, risulterebbe indisponibile alle esigenze della moderna produzione industriale. In altri termini sia le grandi infrastrutture che la scuola, proprio per la loro stessa forza di rottura cui non ha corrisposto localmente la creazione di nuove risorse e quindi di posti di lavoro, sono divenuti fattori avanzati e veicoli orientati di emigrazione. Di qui i limiti della loro presenza sul territorio ed il fatto che, non essendosi posti in alcuna relazione con un processo di sviluppo economico direttamente realizzato in Lucania, abbiano assunto un ruolo tecnico, limitato a certi effetti (per lo più esterni alla Basilicata) e non ad altri”. Non era ininfluente – va detto – la grave crisi che stava attraversando tutta la complessa area industriale della Val Basento, che tante speranze aveva suscitato a partire dalla prima metà degli anni 1960. Si andava verso la chiusura di grossi complessi come la Pozzi e l’ANIC.
Questo scoraggiante quadro di previsione dell’inchiesta, trovò, purtroppo, un crudo riscontro nei dati demografici del comune di Calciano. Rispetto alla popolazione residente al 1970, di 1.317 unità, si passava agli 807 abitanti del 2010, con un calo di circa il 40% e un considerevole invecchiamento della età media nella popolazione residente. Alla data del 14 settembre 2021, Calciano ha registrato una popolazione di 668 abitanti con un calo di circa il 50% dei residenti rispetto al 1970 e con una età media della popolazione di 65 anni.
Alla prova dei fatti, dunque, ogni cittadino si aspetterebbe riflessioni, iniziative, provvedimenti da parte dei sovrabbondanti e spesso ridondanti enti pubblici e territoriali presenti. Le inchieste si conducono, e si producono relazioni, solo per fornire strumenti idonei a risolvere i problemi. Non è un mistero che la Basilicata contava più abitanti all’indomani della Unità d’Italia, che non oggi, così come non è mistero che la popolazione nazionale, ad oggi, si è quasi triplicata.
Con l’abitudine a subire passivamente i fenomeni, spesso subentra, purtroppo, una certa apatia rassegnata, che viene accettata come un male ineluttabile, anche quando non lo è. I nostri territori “sono ricchi e si sentono poveri … sono sani e si sentono malati” – diceva, agli inizi del Novecento, il Monaco Bianco (al secolo Luigi Loperfido, materano, artista, sindacalista e Pastore evangelico). Lo scriveva in un pubblico manifesto rivolto ai suoi concittadini. Così le opportunità si trasformano in diseconomie (vedi il petrolio lucano), la scolarizzazione di base prima, e l’istruzione universitaria poi, concorrono, per un verso, all’esodo di braccia per l’industria, per altro verso alla fuga di cervelli verso i mercati delle nuove tecnologie e della ricerca, generando le fortune di altre realtà nazionali o estere. Tutto questo accade mentre una pletora di politici di scarso spessore continua a sostenere che tutto va bene in questa regione “virtuosa”, omettendo di specificarne l’età media, il reddito pro-capite, il tasso di disoccupazione e di emigrazione, l’incidenza dei tumori… Invece, per contrasto, si enfatizzano illusorie e malfondate prospettive di sviluppo a breve, medio e lungo termine.
Calciano, come si vede, potrebbe rappresentare, oggi, l’emblema di una regione che corre il rischio dell’estinzione. Che sia il caso di avviare una nuova inchiesta? Ci domandiamo: “Ha davvero ragione di esistere la regione Basilicata?”.