Franco Vespe commenta in una nota l’insediamento del nuovo Governo di Matteo Renzi e rilancia il tema delle riforme più urgenti da attuare per rialzare il nostro Paese. Di seguito la nota integrale.
Delle tante cose insopportabili del dibattito politico italiano è lo stereotipo che le cose per il nostro paese non vanno bene perché non si fanno le riforme. E’un “light motif” che si trascina ormai da 30 anni (considerando anche il decennio Craxiano degli anni 80!). Se però guardiamo agli ultimi 20 anni questo quadro di immobilismo legislativo riformistico viene sconfessato in modo bruciante. Infatti al contrario di quanto si predica ormai negli stucchevoli dibattiti politici (si chiamano Talk show!), c’è stata una variopinta creatività nel proporre ed attuare riforme in questi anni. Nel mondo del lavoro c’è stata una particolare irrequietezza. Il pacchetto Treu, la riforma D’Antoni, la legge Biagi e chi più ne ha più ne metta. E che dire delle pensioni.? La riforma Dini fino alla riforma feroce e crudele della Fornero che ha conficcato i suoi aculei nella carne viva del ceto medio fino a toccarne le ossa. Ce n’è pure per la scuola e l’università. Di riforme ce ne sono state di altrettanto feroci quanto insulse. La Riforma Berlinguer, la Moratti, perfino le insipienti e sprovvedute ministre coccodè degli ultimi tempi hanno concorso alla vorticosa girandola di riforme che hanno definitivamente scassato scuola e università con un magistrale filotto. In una mia leggendaria visita all’ambasciata in Egitto mi trovai ad incrociare la mia eloquenza con quella del pro-rettore del politecnico di Torino e la Giannini (si proprio lei la ministra dell’Istruzione). Attaccai con la consueta brutalità il famigerato 3+2 spiegando con dovizia di dati che un’ottimo sistema universitario dell’Italia che garantiva una istruzione degna dei migliori master internazionali era stata ridotto a sfornare delle “frocerie” di diploma di laurea ed a frammentare il sapere che una università poteva fornire. Dati alla mano dimostrai che negli ultimi anni, da avere due fra le migliori cento università del mondo (già di per se dato sconfortante!), incontriamo oggi la prima delle italiane dopo il 200esimo posto! Ciò suscitò, è inutile dirlo, le ire feroci della Giannini e del pro-rettore di Torino. Così la mia carriera è definitivamente stroncata! E che cosa dire delle riforme per la semplificazione amministrativa. Chi non ricorda l’epopea tragicomica del diluvio legislativo scatenato da Bassanini (fortunatamente andato poi a fare danno in Francia!) che non ha badato a complicare pur di semplificare! E le leggi elettorali dove le mettiamo? Ne hanno fatte già due in 20 anni e se ne sta preparando un’altra ancora più perversa delle precedenti. Al mio amico Saverio che ha coniato una proposta di riforma elettorale sicuramente funzionante, spero comprenda che quei signori tecnicamente sono tutt’altro che sprovveduti e le riforme elettorali funzionanti sanno farle ad iosa! Non le propongono perché funzionerebbero molto bene e questo, in un paese che ha fatto della responsabilità e la competenza una bestemmia, non può essere accettabile. Allora la vera domanda pertanto è perché non è possibile nel nostro paese promuovere buone ed efficaci riforme ? La resistenza ad esse ha radici profonde ed ha come causa la perversa ed inossidabile struttura corporativistica della nostra società ed una assoluta mancanza di etica pubblica della nostra nazione. Due concause che in verità sono due facce della stessa medaglia. Il corporativismo, assunto fra l’altro come cifra qualificante delle battaglie sindacali del nostro paese, fa inquadrare i problemi e le questioni in termini di miope difesa di interessi e bisogni delle diverse categorie. Così vi è la corporazione dei medici (la più potente di tutte), gli avvocati, i giudici, i farmacisti, i notai, i professori universitari, i militari per passare a quelle più povere come quelle dei tassisti, della scuola (la più miserabile!), perfino dei pensionati!… E chi più ne ha più ne metta! La tutela di queste corporazioni tout cour non educata o non coniugata al ben comune è stato il più potente antidoto per riformare radicalmente il nostro paese. Per fare un esempio di come queste camarille agiscono con violenta ferocia basta vedere la fine che fece la riforma sanitaria di Rosy Bindi che cercò di marcare l’ incompatibilità fra lo svolgimento dell’attività dei medici in strutture private con quella prestata in strutture pubbliche. Giusto per capirsi chi scrive, se svolgesse un incarico nel privato che fosse in conflitto d’interesse con il suo impiego pubblico immediatamente sarebbe licenziato! Ai medici questo non capita! Anzi! Così, dopo le proteste della potentissima lobby dei medici, Rosy fu ruvidamente giubilata e sostituita con il Prof. Veronesi il quale, senza tante perifrasi, dichiarò di esser stato chiamato al ministero proprio per cancellare la riforma Bindi!
Questo corporativismo poi scade in forme deviate, a volte esoteriche, altre volte illegali che si chiamano massoneria, clientelismo e mafie. Sono sicuro che un giorno, se si apriranno gli archivi di quella struttura illegale “de facto” che va sotto il nome di Massoneria (e non è solo la P2!) parecchi passaggi oscuri turpi e torbidi della nostra convivenza civile potranno essere finalmente spiegati. Dopo quest’altra dichiarazione la mia carriera è doppiamente finita! Nella dirigenza dello stato la carriera si può fare solo se iscritti alla Massoneria ormai (e ci sono fondati dubbi che anche in quelle ecclesiastiche….!).
L’altra causa che impedisce di fare buone riforme è la mancanza in Italia di un’etica pubblica che dovrebbe essere la firma (Weltanschauung) di una Nazione. Manca cioè la percezione nel nostro popolo di essere parte di un destino comune. Lo storico De Felice parla dell’ 8 Settembre 43 come del giorno in cui la nazione italiana si infranse. In verità la Nazione italiana probabilmente non è mai esistita se non per brevi rarissime eccezioni. Come giudicare altrimenti il linguaggio di alcuni esponenti che dichiarano di voler tutelare gli interessi di una sola zona del paese? Come giudicare il divario Nord-Sud che è stato accumulato nel corso dell’Unità d’Italia e che non si ha nessuna voglia ancor oggi ripianare! La “cattivissima” Germania, che per certi versi ha una struttura sociale corporativistica molto simile alla nostra, negli anni 90 si pose la grande metà biblica della piena unificazione dell’Est con l’Ovest e, nel giro di un ventennio, a tappe forzate (anche a spese dell’Europa n.d.r.), ha raggiunto questo suo grande obiettivo etico, prima che economico. Se le riforme, ivi inclusa quella elettorale, si impantanano per inseguire i particolarismi delle diverse camarille, senza mettere al centro il bene comune della nostra Nazione, è perché manca questa etica pubblica. Ora ai giovani tocca governare questo nostro paese. La domanda è se questa giovinezza è solo anagrafica tipica delle mosche cocchiere, oppure se queste energie fresche sapranno rompere le catene che ormai da anni imbrigliano il nostro paese. Chi vivrà vedrà!
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