Grano, De Bonis (Liberi Agroltori): “Le sentenze non lasciano dubbi sul funzionamento distorto del mercato. Agire subito per salvare il settore”. Di seguito la nota integrale.
La filiera del grano italiano vive una crisi comatosa, che viene da lontano e si rilancia solo con precise regole a garanzia della trasparenza e legalità. Le sentenze dei tribunali italiani sono verità storiche: hanno già dimostrato, a monte, l’opacità di alcune borse merci locali e, a valle, il cartello delle industrie pastaie, ma hanno anche dimostrato la presenza di contaminanti, sia pur sotto i limiti, addirittura nelle paste dichiarate 100% italiane”. Lo ha evidenziato il Responsabile Relazioni Istituzionali della Confederazione Italiana Liberi Agricoltori, On.le Saverio De Bonis, intervenendo alla riunione del Tavolo Frumento Duro, svoltasi ieri al dicastero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste alla presenza del Ministro, Francesco Lollobrigida e del Sottosegretario, La Pietra.
La politica ha, dunque, il compito di arrivare prima della magistratura, non dopo.
“Stiamo assistendo ad una disaffezione dai contratti di filiera (solo il dieci per cento degli agricoltori sottoscrive quei contratti) e ad un abbandono della coltivazione con conseguente impoverimento degli agricoltori su cui si scaricano tutti i costi e perfino le riduzioni degli aiuti comunitari PAC che prima erano un ammortizzatore. Di contro aumenta il numero dei consumatori sempre più sospetti sulla qualità perché costretti a mangiare pasta prodotta con grani stranieri, senza garanzie da parte del legislatore o del produttore sull’assenza di residui”.
“Se sapeste che un piatto di pasta può contenere residui di sostanze potenzialmente dannose, lo dareste da mangiare ai vostri figli?”
Qualche domanda il Governo se la deve porre, senza fare spallucce e senza nascondersi sul Glifosate dietro l’alibi dell’EFSA, anche perchè l’Italia è il primo consumatore di pasta e la questione salubrità incide pesantemente sul bilancio sanitario pubblico.
In questo comparto l’adozione del principio di precauzione è un dovere morale.
Non ci si deve sorprendere se poi i consumi calano perché qualche associazione si preoccupa d’informare i consumatori. In assenza di trasparenza questa attività sarà necessariamente intensificata e, se non lo fa il pubblico, lo faranno le associazioni private.
Molti consumatori iniziano a capire che la pasta con un tenore proteico elevato se fa bene al ristoratore perché non scuoce e gli fa risparmiare tempo, crea problemi al loro apparato digerente con intolleranze sempre più frequenti.
L’industria italiana deve comprendere che il grado di consapevolezza dei consumatori è cambiato, la qualità percepita dai consumatori va in una direzione diversa rispetto al tenore proteico della cosiddetta pasta di alta gamma.
Noi auspichiamo che l’attuale Governo, che della sovranità alimentare ha fatto la sua bandiera e non lesina confronti continui con gli addetti ai lavori, possa valorizzare ulteriormente il nostro grano italiano, già “sovrano” per via delle condizioni pedoclimatiche. Imitare il modello Americano del Desert Durum, che è un modello virtuoso e liberale, non vuole dire andare nella direzione di un’economia pianificata, ma valorizzare la qualità e l’assenza di residui, differenziando le relative quotazioni.
Questo processo necessita di una regolamentazione del mercato che richiede l’avvio immediato di una CUN effettiva (non serve più sperimentare), a cui ancorare le contrattazioni, informazioni chiare in etichetta anche sui residui e tracciabilità delle partite trasformate per evitare il gioco delle tre carte.
Se si perde altro tempo, senza agire con misure concrete, i consumi si ridurranno, le semine diminuiranno ulteriormente e saremo costretti ad importare sempre più dall’estero con buona pace della pasta Made in Italy.