Guerra in Ucraina, Basilio Gavazzeni: “Dopo Bucha…”. Di seguito la nota integrale.
Venerdì Santo. Zittito il concerto di campane elettroniche avvezze a spargere sereno trionfalismo ambrosiano nel nostro cielo meridionale, anche gli occhi dovrebbero digiunare e astenersi. Isolato, perché positivo al Covid, medito la Passione di Cristo nel finimondo ucraino.
Putin alla luce di Dostoevskij
Occorre andar oltre una superficiale fenomenologia di Vladimir Putin per scoprire la voragine oscura da cui traggono ispirazione il farabutto e la sua nomenklatura plutocratica. È necessario rifarsi ai capolavori di Fëdor Dostoevskij, ai romanzi I Dèmoni, Delitto e Castigo, I Fratelli Karamazov. Raskol’nikov, il protagonista di Delitto e Castigo, si chiedeva: Ma io, quanto valgo? Sono come un insetto o sono come Napoleone? E arrivava a uccidere la sua vecchia usuraia, un insetto per lui. La differenza fra superuomini e zoomorfi nei Dèmoni e nei Fratelli Karamazov è professata dai primi che si autodeificano e covano con spietatezza l’elimininazione o la schiavitù dei secondi. Nonostante l’ostentazione della religiosità e la benedizione del Patriarca ortodosso di Mosca, Putin, che è un despota reale e non un personaggio romanzesco, va annoverato fra i dèmoni antidio e assassini quali Hitler, Stalin ed epigoni che hanno incarnato il Male in un delirio di onnipotenza. Dostoevskij aveva antivisto tutto.
Per chi gandheggia
Dal tempo della gioviezza teniamo in gran conto la biografia e l’insegnamento di Gandhi, il Mahatma, la grande anima, che liberò l’India dal giogo inglese. La sua forza della verità (satyagraha) sinonimo della resistenza non violenta dimostrò il potere dello spirito sulle cose materiali (Stafford Cripps). È noto il mantra che fornì alla disobbedienza del suo popolo: “Agire o morire”. Noi libereremo l’India, altrimenti periremo nella lotta; non vivremo per vedere la perpetrazione della nostra schiavitù. Gandhi ha lasciato scritto, in Antiche come le montagne, che, per difendere donne e bambini dallo stupro, un uomo ha il dovere di respingere i soperchiatori anche con la violenza. Federico Rampini riferisce che c’è una macchia imbarazzante nella storia di Gandhi: pure da lui il nemico del nemico fu considerato un amico. Vi fu un periodo in cui simpatizzò per Adolf Hitler nemico degli inglesi. Lo testimonia un lungo carteggio. Nell’ultima lettera che gli inviò, la vigilia di Natale del 1941, il Mahatma ne elogiava il coraggio e la devozione alla patria.
Dall’idea di guerra giusta a papa Francesco
Si auspica che la guerra scompaia e che la pace sia sicura. Nella realtà effettuale Caino aggredisce Abele che deve difendersi ed essere difeso. Nel De civitate Dei, sant’Agostino scrive che la pace assoluta sarà possibile soltanto nella città di Dio, mentre, qui e oggi, l’iniquità dell’avversario costringe il saggio a contrapporre un’azione bellica difensiva sia pure regolata da pietà e compassione e volta alla pace. San Tommaso, nella Somma Teologica, riprendendo sant’Agostino, elabora la teoria della guerra giusta. Per lui la pace è opera della carità e della giustizia, la guerra è peccato di chi l’accende. San Tommaso distingue fra guerra giusta e guerra ingiusta. Tre le condizioni di quella giusta: 1) sia decisa dalla suprema autorità cui è affidato il bene della comunità; 2) vi sia rettitudine di intenzione perché il bene venga promosso e il male evitato; 3) una causa gravissima la renda necessaria. Altri ha aggiunto una quarta condizione: la pace che si stipula sia giusta in modo da evitare altra guerra. Spesso la teorizzazione di Agostino e Tommaso è stata abusata. Che cosa è accaduto? Con la nascita dello Stato moderno è sorto lo Stato sovrano, e si è arrogato la difesa della propria autonomia, sciolto da limiti di principio e soltanto sensibile all’opportunità. Ne abbiamo visto gli straripamenti abominevoli nelle guerre mondiali e, ancora, in recenti conflitti. Nel nuovo contesto internazionale fare giustizia da sé non sarebbe concesso a nessuno Stato. Purtroppo gli Organismi internazionali (ONU, Unione Europea. OCSE, Banca Mondiale, Fondo Economico Internazionale), impastoiati da calcoli e veti non sono efficaci. Ed ecco la partita bellica cui la sovranità assoluta di Putin e della Russia costringono l’innocente Ucraina. Nel 1937 Emmanuel Mounier, nel suo I cristiani e la pace, scriveva: In un mondo in cui certi vogliono la guerra o almeno non la escludono nei loro rimedi, rifiutare ogni azione che potrebbe comportarne il rischio significa rifiutare ogni resistenza, perché il rischio è ovunque, salvo nell’avvilimento e nel suicidio deliberato. Questo rischio deve essere corso facendo al contempo uno sforzo tanto più eroico per scongiurarlo. Dio deciderà del risultato. Ma ora il mondo, alla deriva in un disordine geopolitico mai visto, si rivela un immenso arsenale di super-armi attorno a super-atomiche. Per queste ragioni papa Francesco incessantemente grida pace, una pace ovviamente giusta, e sempre più appare la voce del realismo non solo cristiano, fuori di ogni ideologia pacifista e bellicista. Attenzione a non distenderne il magistero sul letto di Procuste della geopolitica, attribuendogli silenzi e viltà che non gli appartengono.
Realtà realtà
Per certi educatori è un tormentone parlare della guerra ai bambini e ai ragazzi, come se alla Tv non ne vedessero il dilatato bullismo di fuoco e acciaio. Bisogna decidere di non nascondere la realtà e il male che la infesta. Pedagogie e psicologie che censurano la realtà realtà non proteggono e non rafforzano i cuccioli dell’uomo. Raccontiamogli il Mowgli del Libro della giungla di Rudyard Kipling che gli educatori scout continuano a valorizzare. E, perché si è sostenuto che l’infanzia salverà il mondo, stringiamo in qualche paraboletta le saghe epiche di John Ronald Reuel Tolkien, in cui, con l’aiuto dell’innominata Provvidenza, i piccoli, buffi, indomiti Hobbit hanno la meglio sull’ecpirosi del Male. Anche parlare di pace sembra un problema. Non è la materna luna, pur riferimento di Leopardi e citata da papa Giovanni, cui bisogna guardare per affratellarci, come abbiamo visto insegnare in una scuola. Purtroppo, nella pervicace e irrazionale esclusione di una vera trascendenza, ci si riduce a bamboleggiare perfino nella tragedia.