Il materano Vincenzo Viti, ex parlamentare, consigliere regionale e assessore regionale, attualmente impegnato nel ruolo di consigliere dello Svimez, in una nota commenta il Manifesto lanciato da Corsetti e Sieni in cui si aspica che Matera possa diventare la capitale della creazione artistica e commenta i riflessi sulla politica materana.
Leggo il “trionkontalogo” declinato da Corsetti e Sieni : trentatré “principi” di liturgia laica e di dichiarazioni di intenti : una sequenza di lampi fosforescenze e folgoranti intuizioni al servizio di un futuro di “spettacolo partecipato” e di “arte mirata a creare comunità” .
Sono la sostanza di un manifesto da neoavanguardia con cui si tende a capitalizzare alcuni degli episodi di maggiore successo registrati nel fantastico 2019 da cui Matera si è da poco congedata.
“Un atto politico e democratico per fare cultura e parteciparla” recita il Manifesto alludendo ad un progetto che “unendo azione fisica e riflessione” intanto si distenda lungo un anno, così da riattivare un circuito vitale di rianimazione dei luoghi nei quali è vissuta la saga postleviana e di “catalogazione dei gesti della gente anche quelli meno praticati”.(?).
Questo è quanto.
Difficile pretendere dalle avanguardie un linguaggio più godibile.
Vero è che la Cavalleria Rusticana è stato uno spettacolo emotivamente straordinario,da rammentare fra le pagine migliori quali la Rassegna sul Rinascimento l’Escavandi e il Purgatorio.
Ma l’idea di un “progress” di eventi destinati a dilatare senza limiti la stagione del teatro di strada, aprendo magari “la città agli artisti di tutto il mondo per sviluppare residenze e percorsi di creazione”, pur suggestiva, rischia di avvolgere in una atmosfere psichedeliche un percorso che invece avrebbe urgenza di ritrovare punti più saldi di ripartenza.
Matera potrà certo aspirare a costituirsi come “capitale del capitale creazionista” ma a patto di recuperare innanzitutto le linee identitarie che sono state il suo “capitale storico e culturale” . Mi riferisco alle cultura materiale (sale del successo conseguito in Europa) di cui è costituita la sua complessa modernità, cioè il suo patrimonio simbolico e la sua irriducibilità alle irruzioni di fantasie psicanaliste quando non di surrealismo e dadaismo nel frastuono della Festa.
Credo sia perciò un errore immaginare che per il futuro operi la stessa Fondazione che si avvia a chiudere per compimento dell’ “Opus magnum”.
L’Amministrazione che verrà eletta fra qualche mese verrà chiamata ad un progetto integralmente nuovo. Che parta da una “governance” inedita, frutto di un modello avanzato, cooperativo con tutte le Istituzioni , collegata ad una nuova “Fondazione per Matera Capitale”. Ovviamente autonoma ma dotata di cresciute più specifiche competenze pur se strettamente coordinata sia ad un potere municipale autorevole e partecipato sia alle Istituzioni sovraordinate e alle Agenzie e Organizzazioni private disponibili al coinvolgimento e alla gestione.
Una “Fondazione per lo sviluppo” che nel declinare una promozione mirata e selettiva assista i poteri locali nello svolgimento del Piano Strategico cui sta lavorando la Svimez e che sarà prestissimo oggetto di una larga e approfondita verifica popolare.
Per queste ragioni, la battaglia elettorale non potrà assolutamente somigliare a vecchi giochi di società. Scomparsi i partiti, archiviato il civismo già sperimentato, anarchico ed organico ad antiche bandiere, debole e claudicante il sardinismo che si affaccia un po’ per importazione un po’ per simulazione, viviamo ormai in un mare che non ha né pescosità né profondità.
La politica sembra aver esaurito tutte le rappresentazioni. Sopravvivono solo le recitazioni soggetto. Manca il complemento oggetto, perfino la copula si fa desiderare.
Un avviso ai naviganti si rende perciò quanto mai opportuno.
Si parta da un’idea ambiziosa, da un disegno. I nomi e i cognomi verranno dopo. Sopratutto nuovi e adeguati, non estratti a sorte o riesumati da vecchi indirizzi. Sopratutto organici alla domanda di novità e di modernità cui la città è chiamata e allo sforzo immenso di nuova Storia come proiezione della grande Storia da cui veniamo.
Vincenzo Viti