Il futuro della sanità pubblica nel Materano, le proposte di Matera Civica. Di seguito la nota integrale.
Di recente, in più occasioni, abbiamo assistito ad una serie di interventi da parte di politici locali di tutte le forze, preoccupati a denunciare le disfunzioni dei servizi e/o lo sperpero di denaro e di beni patrimoniali dell’Azienda Sanitaria di Matera.
Molto spesso si tratta di interventi basati su informazioni non corrette e sembra quasi assistere ad un gioco perverso che tiene conto di una sola regola: A chi la spara più grossa.
Anche il presidente Bardi ha preso parte a questo gioco, limitandosi, nel suo ultimo intervento, ad elencare i prossimi investimenti (2019) di ristrutturazione edilizia tra cui pannelli solari sui parcheggi, riqualificazione della rampa di accesso, riqualificazione degli edifici vari, ampliamento della mensa; come se le drammatiche lista di attesa, aggravate dalla blocco delle attività degli ultimi mesi, dipendessero dalla mancata realizzazione dei pannelli solari nel parcheggio dell’ospedale.
Il rischio di buttare l’acqua sporca con tutto il bambino, in questi casi, è altissimo. Il presupposto di partenza è che bisogna difendere il presidio ospedaliero di Matera. Sarebbe quindi il caso di sapere almeno che l’ASM di Matera risulta l’unica azienda regionale ad aver rinegoziato i prezzi sui farmaci generici e bio-similari, permettendo un risparmio notevole della spesa pubblica pari a circa 1 milione di euro.
Il San Carlo, di contro, nell’anno appena passato ha registrato un aumento della spesa farmaceutica di circa 9 milioni di euro. Tuttavia, il dato più sconcertante, che nessun politico oggi presente in regione ha evidenziato, è che grazie all’azione dei tanti operatori sanitari tecnici ed amministrativi che ancora credono nel servizio pubblico sono stati risparmiati circa 4 milioni di nella gestione ASM Matera, poi finiti nella disponibilità di altre aziende regionali.
Ma i problemi ci sono e bisogna parlarne. I maggiori di questi nell’ultimo decennio sono legati principalmente al mancato investimento sulle risorse umane: mancano medici, infermieri, tecnici ed amministrativi.
L’Azienda sembra non essere più attrattiva e tutti i servizi sono in sofferenza.
Nell’ultimo decennio si sono avvicendati oltre 6 direttori generali e si è in attesa del settimo. Ci si chiede come è possibile dirigere una azienda così complessa se ogni due anni per ragioni di equilibri politici (fino ad oggi causati dal centro sinistra) si cambia.
L’attuale precario gruppo dirigente non pare all’altezza di risolvere i problemi, anzi, finisce per diventare esso stesso il problema.
Sono decenni che non si investe più nei servizi territoriali: gli ambulatori sono centralizzati e i servizi domiciliari sono del tutto scomparsi, se non delegati totalmente al privato come nel caso della esternalizzazione dell’assistenza domiciliare integrata. Persino la psichiatria territoriale, un tempo nota in tutto il Mezzogiorno, è scomparsa.
Il disastro dell’assistenza protesica non è certamente dovuto ai pochi ed inesperti operatori in servizio.
Insomma, non solo mancano le risorse umane, ma quelle poche rimaste resistono a malapena, un personale per che non viene per niente motivato e che finisce per essere non disposto all’innovazione.
Prima che sia troppo tardi è necessario definire il ruolo nel medio lungo termine dell’ospedale di Matera nel panorama regionale e, ovviamente, nel panorama murgiano, considerato che molta utenza proviene dalla vicina Puglia.
Crediamo che la priorità non sia solo salvaguardare e migliorare le prestazione specialistiche all’interno del presidio ospedaliero, questa comunità vuole sapere se davvero si intende investire sulla medicina territoriale e sui servizi sanitari di prossimità.
Da oltre un ventennio, a partire dalla riforma D. Lgs. 267 del 2000, gli enti locali hanno smesso di occuparsi di servizi sanitari sul proprio territorio, limitandosi a partecipare una tantum alla conferenza dei sindaci senza incidere sugli aspetti programmatici ed operativi.
Eppure, la conferenza dei sindaci ha il compito di stabilire le linee di indirizzo per l’elaborazione del Piano Attuativo Locale; esprime pareri sul bilancio pluriennale di previsione e sul bilancio di esercizio dell’ASL; poi, esprime pareri sull’operato del Direttore Generale dell’Azienda. Ciò detto, ai direttori generali appartiene la tendenza a rispondere ai partiti di maggioranza, poichè convinti che il loro datore di lavoro sia il presidente della giunta e non la comunità di riferimento dell’azienda sanitaria.
La responsabilità di questa distanza dalle comunità locali è da addebitare ai partiti che hanno occupato e che occupano le Aziende sanitarie, imponendo pratiche di affiliazione clientelari ad ogni livello e in cambio di consenso elettorale. Basta notare il contributo degli operatori sanitari in ogni campagna elettorale osservando le liste.
Le questioni sono abbastanza complesse e ridurre il tutto in tifoserie non aiuta a comprendere i problemi nè tantomeno a trovare le giuste soluzioni. Una maggiore attenzione ai problemi della sanità pubblica del proprio territorio, oltre ad essere un obbligo istituzionale, deve sensibilizzare le amministrazioni comunali su un loro naturale e ormai assopito indirizzo: farsi carico della domanda di salute dei propri cittadini, in particolare dei più deboli, al fine di garantire loro il diritto ad avere servizi dignitosi ed efficienti.
Ciò che deve essere promossa è una maggiore integrazione tra le politiche sanitarie e quelle socio-assistenziali di stretta competenza comunale.