Il Vulture è un esempio di come un territorio possa rispondere ad una domanda di fruibilità a 360 gradi. Qui cultura e tradizioni produttive sono intimamente legate da un rapporto millenario raccontato da numerose fonti. Già Orazio descriveva con dovizia di particolari la qualità del cibo ritenuto uno degli emblemi della lucanità. Ma come troppo spesso accade, dimostriamo in molti casi di non saper bene utilizzare il dato storico culturale per valorizzare le nostre risorse”. Lo ha dichiarato l’ex parlamentare Cosimo Latronico, dirigente nazionale di Noi con l’Italia, partecipando ad un convegno a Rionero in Vulture sul tema “Il Vulture e la Basilicata: analisi, bilanci e impegni”. “Cultura e tradizione quindi, come quelle produttive della vitivinicoltura, già descritte dallo stesso Orazio e, prima ancora proprio dai greci che non a caso chiamarono questa terra a loro sconosciuta Enotria. Un territorio che anche dal punto di vista ambientale presenta risorse straordinarie (acqua, foreste, biodiversità) che chi ci ha preceduto ha dimostrato di utilizzare molto bene. Il riferimento è agli ordini religiosi che hanno fondato è utilizzato per secolo la Badia di San Michele a Monticchio o a chi, molto prima di loro nella stessa area, ha realizzato il complesso monastico di Sant’Ippolito oggi ridotto a un rudere e sconosciuto ai più. Invece, bisognerebbe riflettere sul fatto che altri prima di noi hanno eletto questa parte della Basilicata a centro nevralgico di potere, come accaduto con Federico II a Melfi e a Lagopesole, conteso poi dagli Angioini fino ad essere strenuamente difeso dal brigantaggio. Cosa fare? Rivolgere lo sguardo alle proprie radici, valorizzare prima di tutto la conoscenza e poi utilizzarla efficacemente (come stesso in altri luoghi riescono a fare meglio di noi) per valorizzare il territorio con ciò che contiene. Non bisogna ripetere l’errore di pianificare strategie a prescindere da ciò che i processi di ricerca e di conoscenza fanno emergere: come ad esempio sta accadendo per la Via Herculia (l’antica strada imperiale del III-IV secolo d.C.) che attraversava l’Appennino lucano per motivi soprattutto commerciali legati alle eccellenze produttive del territorio che già all’epoca erano riconosciute de apprezzate; ricerca effettuata dal CNR per la quale lo sforzo scientifico della ricerca effettuata non ha trovato, nonostante le premesse, una corrispondente attenzione da parte delle istituzioni locali, sprecando occasioni preziose. I sistemi territoriali integrati – ha concluso Latronico- devono essere una modalità per programmare uno sviluppo sostenibile che renda protagonisti i soggetti sociali delle realtà” .