Riflettori accesi lunedì 8 gennaio a Senise su una grande questione della Basilicata: l’acqua pubblica.
In una sala gremita di cittadini, esperti, tecnici, amministratori pubblici ed esponenti politici hanno sviscerato il tema partendo dalla nascita di Acque del Sud Spa, la società pubblica che dal 1 gennaio 2024 ha sostituito il vecchio Eipli, l’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione in Puglia, Lucania ed Irpinia.
Nel corso del convegno, organizzato da Medinlucania, Italia nostra e il Comitato acque lucane di Senise, sono stati approfonditi i limiti e gli errori compiuti nel corso dei decenni dalla politica nazionale e regionale e tutti i relatori hanno evidenziato come l’acqua sia una risorsa naturale e preziosa della regione e occorre impegnarsi per utilizzarla e custodirla affinché diventi una ricchezza e un bene comune.
L’argomento che ha tenuto banco più di tutti è stata la recente modifica di giugno 2023 alla legge 214 del 2011, che ha sostanzialmente sancito come la gestione delle acque delle dighe del Sud passa nelle mani del governo nazionale. Esautorando di fatto la Regione Basilicata, detentrice del patrimonio idrico e delle infrastrutture di captazione e adduzione più importanti del Mezzogiorno.
Infatti, Acque del Sud Spa sarà sotto il controllo del ministero dell’Economia che avrà il 100% dei 5 milioni di capitale iniziale che potrà trasferire nel limite del 5 per cento a soggetti pubblici e nel limite del 30 per cento a soggetti privati individuati come soci operativi. Dunque, eventualmente le tre regioni dovranno contendersi solo il 5%. Una rappresentanza pari quasi a zero nell’assemblea dei soci, come è stato anche sottolineato dal rappresentante dei sindacati presente al convegno.
Si è discusso anche della composizione del consiglio di amministrazione e i rappresentanti del territorio hanno espresso diverse perplessità al riguardo. Resta il fatto che la Società è già costituita ed è operativa dal primo gennaio 2024.
Durante i vari interventi tenuti, tra gli altri, da Domenico Totaro, Antonio Amatucci, Marco Arcieri, Nicola Mastromarino, Giuseppe Decollanz (presidente Acque del Sud Spa), Giuseppe Castronuovo, Lino De Luise, Valentina Viola, Donatella Merra e Tommaso Coviello, si è parlato di come l’Eipli sia diventato ad un certo punto della sua storia decennale un «relitto» in piena tempesta, carico di debiti, di polemiche e contenziosi. Di Acque del Sud che arriva già con obiettivi ben precisi, partendo da un investimento di 50 milioni di euro per la «rifunzionalizzazione» degli impianti e nel giro di tre anni conta di riportare alla capacità originaria di un miliardo di metri cubi gli invasi gestiti fino ad oggi dall’Eipli che, tra mille problemi e carenze, non è stato, negli anni, in grado di garantire una costante manutenzione delle dighe (nel Mezzogiorno c’è una perdita del 50 per cento di acqua a causa proprio dell’inadeguatezza degli impianti).
I sindaci e i rappresentanti dei territori hanno espresso il loro rincrescimento per non essere stati implicati nel processo che ha portato alla costituzione del nuovo ente di gestione dell’acqua ma hanno anche mostrato disponibilità al confronto e al dibattito. Alla fine i punti di contatto tra il presidente di Acque del Sud Decollanz e gli amministratori locali sono stati diversi, due su tutti: l’azionariato diffuso e popolare e la ritrosia nei confronti di impianti di energia fotovoltaica da collocare nei bacini.
Si è parlato anche di ricadute e compensazioni economiche, poiché la presenza delle dighe e degli invasi sul territorio lucano deve essere occasione di crescita e di sviluppo, e del modo in cui porsi con Acque del Sud per ottenerle.
“L’intera questione – commenta il presidente di Medinlucania Dino Nicolia che ha concluso i lavori – apre molti interrogativi. Su tutto c’è una domanda da porsi: un bene strategico che interessa tutto il territorio lucano deve essere gestito a livello regionale o da Roma?
L’acqua pubblica – spiega Nicolia – è l’essenza dell’attività civica che svolgiamo come associazione, del bene comune e della difesa dei territori e delle comunità locali. L’acqua e i quattro fiumi della Basilicata sono il simbolo della regione, se si viene privati della possibilità di decidere, di pianificare la loro gestione e l’utilizzo, sarebbe un atto grave sul quale tutti i lucani si dovrebbero interrogare e mobilitare. Ciò che lascia perplessi è soprattutto quella quota del 30% cedibile ai privati. In sostanza – argomenta il presidente di Medinlucania – si tratterebbe di un importante e preoccupante passo verso la privatizzazione della gestione del patrimonio idrico”.
L’evento di Senise ha costituito un’importante occasione di dibattito e di confronto. Altri incontri verranno organizzati prossimamente su temi specifici con l’intenzione di continuare a sensibilizzare i cittadini e rendere partecipi i territori e le comunità locali.
Il consigliere regionale Donatella Merra è intervenuta a Senise al Convegno “La Basilicata, l’acqua e la sua gestione”. L’evento è stato organizzato dal Coordinamento Comitato Acque Lucane, da Medinlucania e dalla sezione Italia Nostra, con la partecipazione, tra gli altri, del Presidente della neocostituita società Acque del Sud S.p.A.
“Viviamo una fase complessa che coinvolge la politica, le istituzioni, i Comuni e i cittadini. La questione acque e nel caso specifico l’accumulo e il trasporto della risorsa acqua in Basilicata è un tema rilevante e sensibile per il futuro del nostro territorio. L’aforisma latino “Mentre a Roma si delibera Sagunto è espugnata” riassume una situazione in cui, per anni, abbiamo rischiato di farci sottrarre un bene girando intorno ai problemi reali senza individuare soluzioni adeguate. La Basilicata per sua conformazione geomorfologica e territoriale, essendo la regione dei cinque fiumi, è di fatto la terra di accumulo delle risorse, è la terra delle dighe e dei grandi invasi, ma ha seriamente corso il rischio di farsi sottrarre questo bene innanzitutto dalla vetustà delle sue infrastrutture che non sono state curate e modernizzate nel tempo.
Nelle Dighe ci deve essere innanzitutto l’acqua prima di poter parlare di altro, per esempio, di installazione di impianti fotovoltaici flottanti. Questo è un fatto non scontato, a distanza di decenni in cui infrastrutture tra le più strategiche e complesse si ritrovano ancora ad essere in riduzione di invaso, in un periodo di emergenza idrica. Ciò perché sono mancate rappresentanza e partecipazione alle decisioni riguardanti gli impianti e la gestione oculata della risorsa sul nostro territorio.
Necessario è proprio il governo della risorsa, senza governo non c’è gestione, cura, manutenzione, efficienza dell’infrastruttura stessa. L’acqua è un bene comune, lo affermo da rappresentate regionale proveniente da un’area nella quale una delle più grandi dighe della Basilicata è oggi ridotta ad un relitto, vuota da vent’anni. La mia battaglia, purtroppo solitaria, per questa diga e per gli altri invasi lucani è stata una priorità, proprio nella convinzione che il potenziale accumulo della risorsa idrica costituisca nel nostro territorio un fattore inequivocabile sviluppo, anche e soprattutto per il settore agricolo.
Dobbiamo pertanto rivendicare per tutte le dighe lucane quei giusti principi evidenziati anche dai Sindaci, ovvero maggiori ricadute e compensazioni economiche poiché la presenza delle dighe e degli invasi sul nostro territorio deve tornare a essere occasione di crescita e di sviluppo. Questi sono i margini della trattativa che la rappresentanza territoriale deve esigere da Acque del Sud perché l’acqua è di tutti. Tuttavia, assunto che l’acqua sia un bene pubblico occorre ripensare la governance delle infrastrutture poiché è innanzitutto l’obsolescenza di queste che sottrae efficienza. Fino a ieri non c’era un organo in grado di governare un patrimonio di questa portata, oggi invece c’è, si chiama Acque del sud, ed è a questa che chiediamo a gran voce un governo chiaro delle scelte legate alla funzionalità e alla messa in sicurezza delle nostre infrastrutture, nonché rappresentanza e partecipazione al processo decisionale per ottimizzare ricadute e risvolti economici a favore dei lucani”.