Riceviamo e pubblichiamo le proposte di Potere al Popolo sulla gestione dell’acqua lucana: “Bene comune che va gestito a beneficio di tutti e non regalato ai privati”. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
I dati forniti dall’Autorità di Bacino del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale forniscono un quadro molto preoccupante sulla situazione delle sei principali dighe lucane: Monte Cotugno, Pertusillo, San Giuliano, Camastra, Basentello e Gannano.
Dall’analisi delle capienze si evince che le sei dighe, al 1.2.2018, sono piene soltanto per il 26,64% del totale e che contengono una quantità d’acqua pari al 53,52% di quella presente l’1.2.2017.
A questo vanno aggiunti i numerosi dubbi sulla qualità effettiva dell’acqua del Pertusillo –di capienza pari a circa il 30% del totale considerato- interessato dallo sversamento di 400 tonnellate di greggio dai serbatoi del COVA nel corso del 2017.
Né sono possibili previsioni ottimistiche per il futuro, visto che le elevate temperature dell’estate del 2017 e le scarse precipitazioni dell’inverno in corso rientrano purtroppo in un trend di riscaldamento planetario che potrà essere invertito solo con misure drastiche di riduzione della CO2 e di progressiva eliminazione delle fonti energetiche fossili ed, in primis, del petrolio.
Già oggi l’agricoltura lucana soffre per la scarsità di acqua ed in questo quadro è assai facile ipotizzare che nella prossima estate anche il consumo domestico possa essere drasticamente razionato.
Insomma, come da tempo sostengono i movimenti ecologisti mondiali, ci stiamo avvicinando a grandi passi al momento in cui ci renderemo conto davvero di quanto questo bene comune sia prezioso ed indispensabile. Ed in Lucania, occorre ricordarlo, nasce il 35% di tutta l’acqua dell’Appennino Meridionale.
Ma, nonostante tutto questo, ad invertire la rotta sul petrolio gli Amministratori Lucani non ci pensano proprio, visto che fra qualche mese entrerà in funzione anche il secondo centro oli – quello di Tempa Rossa – e che le estrazioni, lungi dall’essere ridotte, verranno incrementate di ben 50.000 barili al giorno.
Né pensano minimamente a garantire che tutta l’acqua disponibile sul territorio lucano venga preservata e destinata a soddisfare i bisogni collettivi.
In gennaio, infatti, la Regione ha provveduto ad emanare ben due provvedimenti a favore di privati, per concedere loro il diritto di prelevare acque sorgive definite “minerali”, di imbottigliarle e di venderle con enormi guadagni, visto che l’acqua imbottigliata viene pagata dal privato alla Regione soltanto 60 centesimi ogni 1.000 litri (0,0006 €/l) e viene poi rivenduta a costi ben più elevati!
Con il primo dei due provvedimenti (del. G.R. n.5 del 9.1.2018) è stata prorogata la concessione “Capanna”, a Rionero, alla società Monticchio Gaudianello s.p.a. “per garantire i livelli occupazionali esistenti”.
Con il secondo, ancor più grave, (del. G.R. n.49 del 22.1.2018) si è dato il via ad una nuova captazione nell’ambito della concessione “Mercure”, a Viggianello, a vantaggio della ditta Viggianello Fonti del Pollino (ex San Benedetto); la portata massima è pari a 20 litri al secondo.
Va ricordato che la concessione “Mercure” (settembre 2013) -come evidenziato all’epoca dal Coordinamento Regionale Acqua Pubblica di Basilicata che vi si oppose con fermezza- costituì un enorme regalo che i cittadini lucani furono costretti loro malgrado ad elargire alla San Benedetto; l’allora Presidente Vito De Filippo infatti, oltre a concedere l’utilizzo a scopo di lucro di una delle più belle sorgenti del Pollino –quella del Mercure, per l’appunto- pensò bene di donare alla San Benedetto la ragguardevole cifra di 3 milioni e mezzo di euro, oltre a tutte le infrastrutturazioni necessarie, a fronte della garanzia del Presidente Zoppas di prevedere “ben 15 posti di lavoro fra operai e dirigenti” !
Tutto questo non è più tollerabile.
“Potere al Popolo” di Basilicata si oppone con forza a questo modo di operare sostenendo che la corretta gestione del bene acqua è uno dei temi fondamentali da affrontare su scala planetaria e che è ormai ora di cambiare completamente rotta rispetto a quanto fin qui fatto.
L’acqua è un bene che appartiene a tutti e che deve essere gestito in forma realmente pubblica e partecipata, come 27 milioni di italiani, fra cui 270.000 lucani, hanno affermato nel referendum del 2011.
Occorre, quindi:
· Inserire nella Costituzione Italiana e negli statuti locali il principio che l’acqua è un “bene comune privo di rilevanza economica” che va preservato da ogni forma di spreco e di inquinamento
· Abbandonare, a livello sia nazionale che locale, l’unificazione gestionale di acqua, rifiuti ed energia abolendo tanto ARERA quanto EGRIB e creando nuovamente dei soggetti decisori separati
· Opporsi alla creazione dell’Acquedotto del Mezzogiorno, mega-società prevista dalla finanziaria 2017, che dovrebbe inglobare tutti i gestori del servizio idrico del sud Italia, incluso Acquedotto Lucano; è facile ipotizzare che un organismo così mastodontico sfuggirebbe inevitabilmente ad ogni possibilità di controllo da parte dei singoli territori e finirebbe con il calamitare interessi sia della malavita che delle rapaci multinazionali già da tempo pronte ad avventarsi sul business dell’acqua
· Unificare la miriade di soggetti privatistici (s.p.a.) che oggi, in Basilicata, si occupano di acqua e creare un’Azienda Speciale Pubblica finalizzata esclusivamente a gestire il Servizio Idrico Integrato
· Escludere ogni forma di surrettizia privatizzazione dell’acqua come le concessioni a privati di emungimento di acque definite “minerali”; tutte le acque, infatti, sono minerali anche se con caratteristiche diverse e tutte fanno parte del patrimonio collettivo e devono, quindi, essere tutelate da ogni forma di accaparramento, oltre che di inquinamento, ed essere gestite a beneficio dell’intera collettività.