“La rivoluzione logistica” di cui parla la Svimez con la costruzione di infrastrutture, filiere e servizi logistici ad alto valore aggiunto che aumentino il valore delle merci in transito generando ricchezza, è una buona proposta per superare il gap infrastrutturale regionale e favorire l’export delle nostre imprese”. A sostenerlo è il consigliere regionale di Forza Italia Paolo Castelluccio riferendo che “l’idea progettuale è tanto più interessante perchè non ipotizza nuove infrastrutture, sicuramente necessarie per il nostro territorio ma con tempi medio-lunghi di realizzazione, quanto invece l’utilizzo delle cosiddette aree intrustriali retroportuali che sono necessarie per l’agroalimentare e prodotti dell’High tech, oltre che del mobile imbottito, nel caso del retroporto di Taranto-Potenza-Matera-Lecce riferita all’Area Vasta Taranto-Basilicata-Puglia meridionale e nel caso di Salerno le attività si concentrerebbero sempre nella filiera dell’agroalimentare/agroindustria riferita all’Area Vasta di Salerno-Benevento-Basilicata-Alta Calabria.
Nel nostro Paese come evidenziano i ricercatori della Svimez – aggiunge Castelluccio – manca una cultura che intenda la logistica come un settore che produce ricchezza, attraverso attività di trasformazione dei prodotti a vari livelli, come magazzinaggio, assemblaggio, controllo qualità, etichettatura, confezionamento, imballaggio, ecc. . Mentre queste attività possono arrivare a incidere sul prezzo del prodotto finale, in alcuni casi, fino al 70%. A differenza di altri Paesi in Italia il costo della logistica e’ superiore all’11% della media europea; questo perché la stragrande maggioranza delle piccole e medie imprese italiane non ricorre a servizi di questo tipo e si limita a non curarsi del prodotto una volta esportato. Mentre sviluppare servizi e filiere logistiche nei retroporti, specialmente nel Mezzogiorno, permetterebbe di sfruttare meglio il vantaggio geografico del nostro Paese, al centro delle direttrici internazionali tra l’Europa e l’Africa, e tra il Mediterraneo e l’Estremo Oriente. Di qui – sottolinea il consigliere di Forza Italia – l’intuizione della Svimez: le aree industriali dismesse da oltre venti anni e inserite nei retroporti dovrebbero essere sottoposte a interventi di bonifica e a riconversione in strutture logistiche per la trasformazione delle merci e per servizi di sostegno all’export. Ad esempio, prodotti semilavorati, giunti in porto in container, potrebbero essere sottoposti a lavorazioni finali quali: assemblaggio; fissaggio; controlli qualità; imballaggio; etichettatura, ecc .
La merce che ha pertanto sensibilmente accresciuto il proprio valore commerciale può essere riesportata via mare oppure, sfruttando la presenza di un centro intermodale, essere instradata per ferrovia o autostrada verso i mercati di destinazione nazionali o europei. Infine, di fronte allo scenario di desertificazione industriale che si registra al Sud la Svimez avanza alcune delle proposte di policy per cercare di invertire il trend tra cui fiscalità di compensazione, rilancio degli investimenti, una politica industriale nazionale specifica per il Sud. Servono – conclude – una «logica di sistema» e un’azione strutturale di medio-lungo periodo fondata su quattro direttive: rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un’ottica mediterranea, valorizzazione del patrimonio culturale.