Vincenzo Maida (Centro Studi Jonico Drus): “Dopo le festività natalizia torna l’incubo dello spopolamento”. Di seguito la nota integrale.
Il dramma ormai silenzioso dell’emigrazione e dello spopolamento colpisce ogni famiglia lucana, ma c’è una sorta di pericolosa assuefazione. Servirà qualche spot televisivo sul gas gratis ai lucani?
I centri abitati, anche dei piccoli comuni lucani, per un paio di settimane si sono rianimati grazie al rientro degli studenti universitari e a qualche emigrante, sempre di meno, che ha deciso di passare le festività natalizie tra i familiari nel suo paese d’origine. Un fenomeno quest’ultimo che si va sempre di più diradando con le seconde, terze e a volte le quarte generazioni. Solo i più anziani ricordano ormai le Feste dell’Emigrante, con le quali d’estate si omaggiava chi per lavoro aveva lasciato la sua terra.
Le due grandi ondate emigratorie dal Sud verso il Nord, quella post unitaria verso le americhe e l’altra negli anni ’60 verso il Nord, vennero ricordate da tante inchieste e film, quella odierna si è ormai cronicizzata e viene vissuta come un destino, una fatalità. Famiglie divise, giovani costretti ad emigrare sono ormai un destino che ci impoverisce sempre di più e rispetto al quale la “politica” dovrebbe seriamente interrogarsi.
È sufficiente studiare i dati demografici storici per apprendere che l’unico periodo dall’unità d’Italia in cui siamo cresciuti e l’emigrazione ha avuto una battuta di arrestato, è stato quello del “famigerato” ventennio fascista, quando, come hanno dimostrato di recente alcuni studiosi, uno straordinario processo di ammodernamento e di realizzazione di opere pubbliche interessò la regione. Per la prima volta acqua e fogna furono portati in tutti i paesi, come ancora testimoniato dai tombini nei centri storici, vennero realizzati edifici scolastici ed iniziò un’opera di bonifica nelle aree interessate dalla malaria e con “la battaglia del grano” anche i terreni più sperduti vennero messi a coltura. L’Opera Nazionale per la Maternità e l’Infanzia, di cui a Matera ancora campeggia l’insegna, vicino al monumentale palazzo della Provincia, allora realizzato, assicurò l’assistenza anche alle ragazze madri, etc. etc.
Si può e si deve condannare quella forma di governo che portò alla privazione delle libertà democratiche, ma non si può disconoscere che l’emigrazione subì una battuta d’arresto e la Basilicata crebbe demograficamente.
Sarebbe interessante sapere che risultato stanno ottenendo gli spot televisivi sui maggiori canali nazionali, commissionati dalla Regione tramite il suo ufficio stampa, con i quali si invita gli italiani a trasferirsi in Basilicata dove il gas è gratis e una presunta “rivoluzione” sarebbe iniziata.
L’ultimo rapporto annuale dell’Istat risale al mese di luglio 2023 ed é impietoso.
Il precipizio dello spopolamento è iniziato 20 anni fa e per i prossimi 20 anni, tranne miracoli e appunto una improbabile “rivoluzione” saranno catastrofici, con una perdita prevista del 30% di forza lavoro e la Basilicata ha un tasso di disoccupazione tra i più alti dello stivale.
Ma vediamo da vicino alcuni dati.
I residenti in Basilicata al primo gennaio 2018 erano 567.118.
Su 131 comuni solo 12 superano i 10.000 abitanti, i restanti sono, per gran parte, dispersi nel territorio, difficilmente raggiungibili per un obsoleto sistema infrastrutturale e sempre più disabitati. Infatti la Basilicata è la regione con la più bassa densità abitativa con 59 abitanti per kmq, a fronte di una media nazionale di 173 a/Kmq per il sud e di 143 a/Kmq per l’Italia.
Agli inizi degli anni ’70 i lucani erano 640.000.
Terz’ultima regione per PIL (prodotto interno lordo), ultima per consumi delle famiglie, il 26% della popolazione è sotto il livello di povertà relativa (la media nazionale è dell’11% ). La percentuale degli uomini in attività è del 49,6%, quella delle donne del 34% a fronte di una media nazionale del 58%. La percentuale di disoccupati, quella reale, supera il 22%, vale a dire più del doppio di quella nazionale.
La Basilicata perde oltre 30.000 residenti ogni 10 anni, senza considerare che tantissimi, per varie ragioni, sfuggono ai dati statistici perché pur risiedendo temporaneamente o definitivamente in altre aree, conservano la residenza nel loro paese d’origine.
Il fenomeno emigratorio, accentuatosi nell’ultimo decennio, colpisce, particolarmente, i giovani scolarizzati determinando un pericoloso depauperamento della regione sia in termini numerici che qualitativi.
La tragedia è che alle prossime elezioni regionali l’alternativa potrebbe essere tra un centro-destra che in questi cinque anni ha rivelato tutti i suoi limiti e un centro-sinistra che dietro un volto nuovo cela il più retrivo, clientelare e autoreferenziale sistema di potere.