“La Medicina di prossimità: a quando i fatti?” Di seguito la nota integrale inviata da Vincenzo Maida, presidente del Centro Studi Jonico Drus,
L’Assessore regionale alla Salute e al Pnrr, Cosimo Latronico, ha di recente dichiarato: “Accolgo con grande interesse le parole del Ministro della Salute, Orazio Schillaci, che sottolineano l’importanza cruciale dei medici di famiglia nel rafforzare il rapporto di fiducia tra cittadino e sistema sanitario. In Basilicata, siamo pienamente consapevoli del ruolo strategico della medicina territoriale come pilastro fondamentale per garantire una sanità vicina ai bisogni delle persone.”
Ma cosa ha detto Schillaci nel corso della Giornata del personale sanitario, sociosanitario, assistenziale e del volontariato? Egli ha ribadito il «cruciale apporto» del medico di famiglia nelle Case di comunità e annunciata la legge di riforma delle professioni entro l’anno.
Tradotto in soldoni i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta dovrebbero diventare dipendenti pubblici e non più professionisti convenzionati, integrandosi nelle Case di comunità con i medici della continuità assistenziale (le guardie mediche), per assicurare un’assistenza h24 con altri professionisti: infermieri, assistenti sociali, operatori socio- sanitari. L’obiettivo è quello di rafforzare la medicina territoriale o di prossimità dando risposte sanitarie immediate all’aumento della cronicità con l’invecchiamento della popolazione e filtrando in modo efficace ed efficiente gli accessi ai pronto soccorsi degli ospedali, dove dovrebbero arrivare soltanto i casi acuti.
I medici di base e i pediatri di libera scelta da tempo stanno facendo resistenza, perché a loro conviene di più lo studietto singolo o associato e la convezione: sono liberi, guadagnano di più e lavorano di meno senza dover timbrare il cartellino o fare i turni di notte. Quando arriva qualche caso un tantino più complesso lo sbarcano all’ospedale. Si riuscirà entro l’anno sbloccare la situazione di stallo?
La Regione Basilicata ha già legiferato, individuando le sedi e il modello organizzativo della medicina d prossimità. Il rischio è che tutto venga rinviato sine die. Ci sono problemi anche per la Telemedicina, il Fascicolo sanitario elettronico e la Digitalizzazione DEA.
Poco tempo addietro ci hanno pensato le Regioni, che hanno competenze in materia sanitaria, a centrare il problema sul tappeto, lanciando l’allarme sui ritardi e sul rischio che si vada avanti solo con proclami.
Con il PNRR (Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza) è stato previsto il potenziamento della medicina di prossimità, anche con la creazione di nuove strutture sanitarie per garantire sul territorio un’assistenza h24, per decongestionare gli ospedali e avvicinare la sanità al cittadino.
È prevista infatti la creazione di Case e Ospedali di Comunità, l’Assistenza Domiciliare Integrata con medici, fisioterapisti e infermieri che all’occorrenza devono recarsi nel domicilio del paziente.
Le Regioni fecero sapere, in un documento congiunto, che il progetto è ambizioso e indiscutibile nella sua validità e loro hanno già recepito il piano e legiferato, individuando sul territorio le sedi in cui allocare i nuovi presidi sanitari, ma manca il personale con cui attuarlo e problemi ci sono anche per l’inflazione che sta erodendo le risorse previste.
Si rischia insomma che tutto rimanga nel limbo delle buone intenzioni.
In tempi non sospetti, già nel mese di maggio del 2024, avevo scritto, a proposito del Piano per avvicinare la medicina al territorio, che: “Restano i irrisolti i problemi veri della sanità soprattutto nel Centro-Sud: 1) molti concorsi sono bloccati, l’arruolamento del personale non è sufficiente per assicurare neanche i servizi ospedalieri, gli specialisti bravi vanno via o non ritornano dopo aver studiato al Nord, perché pagati di meno e le strutture sanitarie al Sud non hanno appeal; 2) c’è l’indebolimento di alcuni Ospedali di frontiera ; 3) non è attuata la mancata riduzione della migrazione sanitaria, il Sud ha, infatti, una spesa per mobilità passiva che va dai trecento milioni di euro della Calabria agli oltre cinquanta della Basilicata, ma anche le altre Regioni del Centro-Sud non stanno messe meglio.”
Non sarebbe stato più semplice applicare la riforma subito, di fatto bloccata, del governo giallo-verde che prevedeva di chiudere gli studi privati dei Medici di famiglia e dei Pediatri di libera scelta, spesso ormai ridotti a riprodurre ricette, concentrandoli in un’unica sede e integrandoli con i Medici della continuità assistenziale ( Guardia Medica), in modo da assicurare l’assistenza sul territorio h24 per 365 giorni all’anno, assumendo anche gli Infermieri in numero adeguato per coprire i turni notturni?
Per quanto riguarda gli Ospedali di Comunità, ammesso che si facciano, è ovvio che per qualsiasi esame diagnostico i pazienti saranno spostati nell’Ospedale più vicino, con il rischio di appesantire anziché alleggerire il lavoro delle strutture ospedalieri. E il personale (Medici, Infermieri, OSS) per assicurare l’assistenza ai ricoverati dov’è, dal momento che già ora vi è una cronica carenza?
L’argomento, che avrebbe bisogno di più spazio per essere sviluppato nella sua interezza, merita di essere seguito con attenzione. I casi di malasanità non mancheranno mai, anche perché la medicina non è una scienza esatta, ma un “sistema sanitario” che funzioni deve ridurli al minimo. Ѐ interesse di tutti. I ricchi, che possono permettersi cure costose e a pagamento, rappresentano una ristretta minoranza e anche per questo statisticamente vivono più a lungo. Ѐ stato calcolato che hanno un’aspettativa di vita oltre 5 anni in più degli indigenti.