Centro permanenza rimpatri d Palazzo San Gervasio, Partito della Rifondazione Comunista Basilicata: “Quando la sofferenza diventa colpa”. Di seguito la nota integrale.
Cosa c’entra Milano con Potenza. Cosa c’entra il nord ricco ed europeo col profondo sud immerso nel mediterraneo? Ed ancora: cosa c’entrano le braccia alzate protese in un “Presente!” con le violenze perpetrate a danno delle e dei “deboli” di turno? C’entrano in quanto cartina di tornasole di una cultura imperante. Quella stessa cultura che porta al sonno quella forte parte della popolazione civile di un Paese ed al risveglio pronto ed aggressivo dei mostri della “Nazione”. Nessuno stupore, per questo e pur troppo, nell’annotare la esplicitazione di fatti, in qualche modo attesi, come quelli del Centro di permanenza per i Rimpatri di Palazzo San Gervasio. Non è da oggi, infatti, che in quella ed altre realtà assimilabili il puzzo di ingiustizia si è spinto fino a varcarne le inferriate fino a raggiungere le narici di qualsiasi essere abbia conservato ancora un briciolo di umanità. Non è da oggi che, come Rifondazione Comunista, denunciamo un sistema di detenzione amministrativa da ritenersi oscenamente (questo sì) illegale. Oggi, le nostre parole, unite a quelle delle tante e dei tanti che, nel tempo, hanno manifestato, avversato, criticato e stigmatizzato l’esistenza stessa di strutture di crudeltà organizzate come quella di Palazzo assumono altro valore ed altro spessore, e non per rivendicare uno sterile “Ve lo avevamo detto” ma per ridare nuova forza e dignità alla nostra richiesta di istituzione di una commissione d’inchiesta indipendente che superi la superficie di una singola situazione particolare (che pure andrà indagata a livello giudiziario) ma che scenda fino a valutarne i crismi di diritto, di umanità e di attuabilità. Perché questi episodi cessino è necessaria una rilettura completa delle dinamiche migratorie e dell’accoglienza. Senza cultura, senza politica ciò che resta è questo: un sonno (indotto) alla disperazione dei nostri fratelli e delle nostre sorelle.