La scrittrice materana Maddalena Bonelli in una nota inviata alla nostra redazione esprime alcune riflessioni e auspici sul “Manifesto artistico poetico per i cittadini di Matera. Di seguito la nota integrale.
Mancano pochi giorni a Natale. La serata è fredda, freddissima per noi materani abituati a temperature invernali miti, ma ciò che più disturba è il vento che scherza con i nostri cappelli tentando di strapparceli via.
Il freddo non ci ferma: dal punto più alto dell’antica Civita di Matera ci dirigiamo ridendo e chiacchierando verso la nostra meta, spronati dall’entusiasmo, riscaldati dalla passione e dalla volontà di far bene, di dare il massimo per questo evento che abbiamo preparato in pochi giorni con grandi maestri: Giorgio Barberio Corsetti e Massimo Sigillò, con la collaborazione di Virgilio Sieni che ci ha insegnato come accompagnare canti e vocalizzi con gesti e movimenti armonici.
Siamo attori? Cantanti esperti? No, siamo soprattutto cittadini che amano la loro città e desiderano esserci, per renderla migliore.
Qui dove tutto è stato immutabile per centinaia di anni, sotto la cappa tirannica di molteplici dominazioni, vogliamo risvegliare gli animi, le orecchie, gli occhi, il cuore e la voglia di rinascere nella cultura e nella bellezza.
E vogliamo farlo dal basso. Non siamo ingenui, sappiamo che la lunga mano della politica arriva dappertutto ma oggi, abbiamo solo voglia di cantare e gridare a tutti: rivendichiamo un ruolo fiorito tra i sassi, nella rinascita di Matera, vogliamo essere attori e non solo spettatori passivi, o burattini manipolati dall’alto.
I politici arriveranno, alcuni con buone intenzioni, altri per appropriarsi di meriti che non gli appartengono, ma noi siamo qui oggi con il desiderio di indicare la via del cambiamento.
Giunti alla chiesa di ‘Santa Lucia alla fontana’ ci sistemiamo sull’ampia scalinata incastonata fra due palazzi. I turisti guardano curiosi davanti all’occhio della telecamera che ci regalerà un momento di gloria. Persino su RAI uno! Non ci speravamo.
Siamo un gruppo di cittadini comuni: casalinghe, professionisti, operai, artigiani, impiegati, abitanti di Matera e dei vicini paesi lucani. Ci unisce l’amore per la bellezza e la voglia di cambiare le cose in Basilicata, antica terra di re e di monaci o Lucania, terra di luce e di boschi.
Iniziamo con i vocalizzi che sembrano il respiro sincopato dei cupa cupa: caro amico sono venuto per questa serenata, la mia voce la conosci, ma prima voglio scusarmi, se mancanza ho commesso, la colpa non è vostra ma di me stesso. Non voglio che ci siano malitesi, e se continuate a parlare mi fate sbagliare.Sono venuto da lontana via, per dare onore a vostra signoria. Mia madre è morta, fammi una bara, per materasso un mezzo maiale, per cuscino una pecora arrosto. Ho saputo che hai ucciso il porco, festeggiamo insieme, eh padrona, non fare il muso storto!
Accoglienza, ospitalità, allegria, amicizia, cibo buono e vino, e ironia nel dipingere la morte come percorso naturale della vita.
I cori della cultura lucana, cupi o allegri, fatti di suoni primordiali, ci conducono alla seconda e all’ultima stazione e testimoniano l’amore per la nostra terra.
E tu signorinella dove vai? Se avessi saputo che andavi sola al festino, ti sarei venuto vicino.
Compagnia non voglio, mi so ben guardare io.
Ti sei fatta la veste gialla per ballare col maresciallo?
E la scarpina con tacco a spillo e punta fina?
E’ suonata la seconda ora e il maresciallo non viene ancora.
Al maresciallo e al carabiniere, dagli da bere nel bicchiere…
Desiderio di libertà, autonomia, forza e fierezza della donna del popolo…
Il nibbio vola alto nel cielo su chi andrà a calare?
Su Rosina che dobbiamo sposare. Pensaci tu a chi le dobbiamo dare.
Famiglia come futuro e natura come divinità, speranza e magia…
Fronde d’ulivo sussurrano, attaccati le trecce che ti devi maritare.
Padre chi mi devo sposare?
Con il conte Maggi ti devi maritare.
Il conte Maggi son costretta a sposare…
Pianto antico e immutabile delle donne sottomesse alla volontà di padri e mariti e ai bisogni della famiglia.
Siamo sulle scale di San Francesco e iniziamo a proclamare la nostra volontà di cittadini comuni, è ora di gridare che vogliamo riappropriarci del ruolo di protagonisti attivi nella rinascita di Matera e del sud. Di tutto il sud, attraverso la cura della bellezza e del ritmo della nostra terra, dal suono arcaico del Cucù fino alla matematica melodia del violino, dalla bellezza selvaggia della natura, alla paziente e laboriosa attività degli artisti lucani e del mondo intero. Li chiamiamo, li invitiamo qui, vogliamo ospitarli dove l’arcaico e il moderno ancora convivono nel contrasto e nell’armonia che ispirano a creare bellezza.
Grandi eventi come La cavalleria Rusticana, Il purgatorio Dantesco, il Peace Women Singing e altri spettacoli, sono fioriti tra i sassi e nelle chiese rupestri, grazie al concetto di teatro partecipato, hanno viaggiato lungo le strade della città in scenari unici e straordinari, custoditi da millenni nella nostra terra e hanno ridato voce e volto a chi ha avuto voglia di provarci.
Noi cittadini, partecipanti attivi, speriamo che l’eco di queste voci sia la sorgente da cui erompa prepotente la volontà di Matera di farsi centro della cultura nel sud.
Vogliamo che il nostro patrimonio culturale allarghi gli orizzonti al mondo intero e che sulle ceneri della vergogna d’Italia si faccia un luogo di accoglienza per le diversità di tutto il mondo.
Ce lo chiedono uomini del buon Nord come Olivetti e Carlo Levi, e grandi Lucani come Orazio, Leonardo Sinisgalli, Rocco Scotellaro, Albino Pierro, Isabella Morra, i briganti che hanno lottato per la libertà, e Arcangelo Ilvento che negli anni del fascismo fu il primo a gridare contro la storia che aveva fatto di Matera la vergogna d’Italia, per l’arretratezza e l’estrema miseria in cui l’avevano precipitata amministrazioni cieche e tiranniche.
Noi auspichiamo che, dopo la Fondazione Matera 2019, nata in un crogiuolo di intrighi politici e partitici, nasca un comitato di cittadini che si faccia strumento al servizio della città per permettere, a chi lo desidera e ne ha le capacità, di fare cultura, e di far emergere anche i talenti nascosti, soffocati o avviliti dall’indifferenza.
Le belle esperienze vissute quest’anno ci spronano a sperare e a operare con fiducia per la crescita esponenziale di Matera nella cultura e non solo nel vantaggio economico dei pochi privilegiati. I soliti.
Volgiamo proteggere il sud e la dimensione umana del vivere. Non è al petrolio, forza devastatrice, che rivolgiamo il nostro sguardo, ma alla luce della cultura, a Orazio, a Ortega, ai monaci bizantini e ai greci e al vivere in collaborazione tipico delle piazzette dei vicinati.
Parliamo di Matera, città da pochi secoli Lucana, e di tutta la Basilicata, soglia di confine fra il passato e il futuro, terra selvatica e brulla che nasconde gelosamente insospettabili tesori di bellezza e valori autentici: solidarietà, accoglienza, senso del dovere e della fatica e della terra, che possono contribuire alla salvezza dell’uomo.
Ci auguriamo che i nostri paesi, dove la vita ha un ritmo più umano, accolgano ancora risa di bimbi e schiamazzi di giovani, tornati alle loro radici dopo aver esplorato il mondo per generare nuove e più feconde idee, nei luoghi dove la saggezza dei loro avi è impressa nella creta dei calanchi, nelle acque imprevedibili dei tortuosi corsi d’acqua, nei boschi e nelle montagne e nel mare che porta nuove speranze e antiche ed eterne sofferenze, e nei duri solchi della terra che genera ad ogni stagione, frutti stentati ma d’incomparabile profumo e sapore di vita genuina.
Diciamo dunque ai turisti di non portare a casa solo belle impressioni e pezzi di tufo, non solo il fischio arcaico del cucù e i buoni sapori della cucina, ma anche i suoni della nostra storia: il pianto delle madri e dei bambini morti di malaria o di fame; il clangore della fatica che ha piegato i contadini, le urla di ribellione che hanno raddrizzato le loro schiene nei momenti in cui la malasorte superava i limiti dell’umana sopportazione; il canto della speranza scritta negli occhi dei giovani che fuggono via da un luogo dove oggi fioriscono milioni di belle parole, e speranze sorridono sui volti degli improvvisati attori e cantori, mentre le opere rimangono soffocate nelle mani di chi gestisce il potere.
Che il falco voli alto e le sue strida di richiamo ci riportino all’antica magnificenza del sud.
Che Matera rinasca e si faccia promotrice e attrice della rinascita del sud.
MANIFESTO CITTADINI MATERA 2020
Matera è una città liminale
Il tempo è in bilico, lo spazio anche, tra alto e basso, salite e discese simbolicamente impervie
Essenza minerale, vegetale e animale, passato e presente, tutto risuona nella topografia e nelle pietre
Dopo Matera 2019 noi cittadini rivendichiamo un ruolo che è fiorito tra i sassi in questo anno di cultura
La nostra città cosi accogliente e ospitale per i viaggiatori deve essere il luogo dove annualmente si compia una festa estiva delle arti performative.
Noi cittadini vogliamo essere promotori e partecipanti attivi di questa festa formando un collettivo in collaborazione e fusione costante e creativa con la Fondazione Matera 2019.
Vogliamo aprire la città agli artisti di tutto il mondo, per sviluppare residenze e percorsi di creazione.
La partecipazione attiva dei cittadini alle pratiche e ai percorsi di creazione ne faranno una festa unica, e porteranno a sviluppare una comunità consapevole
Auspichiamo la nascita di un centro culturale irradiante in tutta la regione e in tutto il sud. Desideriamo un luogo per l’arte partecipata, fondata sulla relazione tra linguaggi artistici e il territorio.
Con questa festa intendiamo coinvolgere i piccoli comuni della regione e rilanciare la bellezza del vivere nelle piccole comunità.
Vogliamo che le azioni artistiche si sviluppino dialogando con la morfologia unica della città, per restituire attraverso la festa un’esperienza forte di comunità.
Desideriamo che più spazi dedicati alle arti possano essere attivati e abitati, cominciando dai teatri già esisterti.
Desideriamo che a Matera tutte le arti, anche nelle loro ricerche più avventurose e profonde, diano vita a un evento collettivo, una festa laica.
Intendiamo agire sulla nostra città, coinvolgere tutte le persone, portare il dono dell’arte a tutti i concittadini in un percorso di consapevolezza e attenzione. Elaborare le tensioni della nostra comunità. Creare curiosità davanti alle cose nuove, nelle giovani generazioni, nelle scuole, contagiarli con la nostra gioia e felicità.
Intervenendo con gli artisti ospiti intendiamo avvicinarci alle giovani generazioni per comprenderne i desideri e le necessità, anche impliciti o inespressi, per coinvolgerli nel nostro sogno.
Ascolto e scambio: questa è la chiave.
Attraversare con slancio le periferie.
Che da questo sogno si generi uno slancio inesauribile.
Vogliamo che il sogno iniziato quest’anno continui. Non uccidete il nostro sogno.
Lo spazio di Matera è di tutto il mondo, e accogliamo il mondo senza smettere mai di ascoltare il cielo. Vogliamo con queste azioni rompere l’isolamento e offrire la nostra città con generosità in cambio di esperienza.
Siamo in cammino e non ci fermiamo.
Amiamo l’arte e l’arte ci aiuta a vivere.
Noi giuriamo fedeltà alla bellezza.
La ricerca della bellezza dev’essere una pratica quotidiana di consapevolezza, insita anche nelle piccole cose.
E’ sempre più necessario educare alla bellezza, alla danza, alla musica, al teatro e ad ogni forma di arte.
Noi crediamo che praticare l’arte, applicarsi ad essa, viverla, sia un percorso per scoprire le innumerevoli narrazioni della nostra persona.
La bellezza è dentro ciascuno di noi, va praticata per lasciarla emergere.
E’ fondamentale lavorare sul corpo, sulla voce e la mente, imparando ad ascoltarsi
Sosteniamo che la bellezza è generata da tutte le forme della diversità.
La festa deve articolare una geografia di residenze, pratiche, ospitalità che diano durata alle esperienze e ne garantiscano la partecipazione dei cittadini di ogni età, provenienza, abilità e religione
I cittadini sono chiamati a trovare nuovi modi d’incontro dove la poesia si dispieghi nell’ascolto della comunità.
L’arte coglie poeticamente gli enigmi della nostra esistenza, li fa risuonare, apre le nostre stanze segrete, nomina l’indicibile, fa apparire l’invisibile, ci fa risuonare in un canto della vita e della morte.
Solo un tessuto fitto e solidale di cultura può contrastare ogni forza disgregante.