Domenico Bennardi su posizione del Vescovo Caiazzo e il ruolo di Matera capitale mediterranea della cultura e del dialogo. Di seguito la nota integrale.
Non si può che essere d’accordo con l’Arcivescovo di Matera, Irsina e Tricarico, Monsignor Antonio Caiazzo. Matera, infatti, sembra ancora orfana di attenzioni a livello locale, nonostante gli appelli per un governo regionale più presente e nonostante i grandi traguardi raggiunti dalla città. Povertà, lavoro, sanità e ambiente restano problematiche rilevanti per il territorio lucano e materano. Purtroppo è vero, ancora oggi, ovunque e soprattutto nei sud del mondo c’è ancora tanta disperazione e ingiustizia sociale. Non sentiamo ancora il bisogno di prenderci cura degli altri, e di farci compagni di viaggio, nello spirito di quel “viandante di speranza” citato nella lettera pastorale di Don Pino in vista del Giubileo.
Le idee dovrebbero superare i confini politici e ideologici per mirare al bene comune. Esse vanno portate avanti, lavorando per il “noi” e non per l'”io”, con lealtà e collaborazione, piuttosto che con individualismo e ingiustizia.
Siamo davvero grati al nostro Vescovo per l’impegno profuso sin dai primi anni del suo insediamento per creare ponti e aprire la città. Matera deve continuare ad aprirsi al mondo, partendo però dal proprio territorio regionale. La città merita di essere riconosciuta come il fulcro centrale di un dialogo culturale che abbraccia non solo la Basilicata, ma l’intero Sud Italia e l’intero Mediterraneo. Quella di diventare Capitale mediterranea della cultura e del dialogo nel 2026 è un’opportunità eccezionale, e sono d’accordo che il dialogo fra culture ed, in particolare, il dialogo interreligioso, debba essere centrale in questo percorso.
Purtroppo, ho sentito alcuni parlare di questo nuovo riconoscimento solo in termini di sviluppo turistico. Non sono d’accordo. Matera in questo caso non sarà solo una meta, ma un punto di partenza e un riferimento per una cooperazione che apre a responsabilità e sfide più ampie, tra cui la promozione di un dialogo tra le religioni, spesso strumentalizzate per interessi economici, territoriali e bellici. Questo cammino deve poter attraversare le arti, come elementi comuni di un Mediterraneo che è stato culla di civiltà, che ha tanto da esprimere oltre alle armi e alla violenza. In questo contesto, Matera, già Capitale Europea della Cultura e città della Pace, ha una responsabilità importante e un’opportunità straordinaria di svolgere un ruolo da protagonista. In vista del 2026, dobbiamo valorizzare luoghi rappresentativi di tradizioni liturgiche e riti mediterranei diversi, come quelli legati alla cultura bizantina, armena ed ebraica, incluso ciò che da alcuni è citata come la più antica sinagoga europea. Cinema, musica folk, danza, arti mediterranee alla ricerca di tracce comuni, tecniche abitative tramandate da una sponda all’altra del mediterraneo, costumi e culti comuni, come quello mariano nelle sue varie declinazioni, partendo dalla “Civitas Mariae”. Un altro esempio di potenziale connessione è il pane di Matera, simbolo di fratellanza che unisce elementi teologici, spirituali ma anche sociali, gastronomici ed economici.
Le possibilità sono molte, ma è fondamentale dare valore alla nostra storia, alla nostra identità e a quegli illustri materani e materane che l’hanno arricchita. In questo senso, va apprezzato l’incredibile lavoro che Monsignor Caiazzo ha svolto a Matera e per Matera in questi anni, culminato con il completamento dei lavori del vecchio seminario, il progetto del Museo Diocesano e la valorizzazione del campanile della Cattedrale, che presto sarà accessibile a tutti. Non meno importante è il suo impegno per il patrimonio archivistico e librario della Biblioteca a Palazzo Passarelli.
Davanti a opportunità straordinarie come quella di Matera Capitale della Cultura e del Dialogo nel Mediterraneo, ma anche di fronte a minacce reali come l’autonomia differenziata o la questione del deposito unico di scorie nucleari, è necessario mettere da parte divisioni politiche e lavorare uniti per obiettivi comuni.
Lo stesso vale per l’appello dei vescovi lucani a «ridare speranza alla nostra gente», una speranza che si nutre di azioni concrete, come quelle necessarie per affrontare la crisi idrica che ha colpito la nostra regione, negando l’accesso all’acqua a oltre 140 mila lucani. È tempo di risposte chiare e di un impegno partecipato, popolare e civico che non escluda il ruolo dei partiti e dei sindacati, per costruire un futuro migliore attraverso una programmazione seria, un progetto condiviso, centrato sul lavoro e sulla persona a favore dei diritti, a favore della costituzione e della giustizia sociale e per garantire un presente dignitoso e un futuro migliore alle prossime generazioni. Sarò personalmente al fianco di chiunque condivida questi obiettivi, di chi voglia contribuire a costruire un progetto e un percorso comune.