Il cittadino Maurizio Tritto, residente a Palazzo San Gervasio e cuoco di professione, ha ripreso il 23 gennaio scorso lo sciopero della fame “per denunciare la situazione disumana in cui versano i migranti che vengono trasferiti nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Palazzo San Gervasio e per chiedere un consiglio comunale straordinario aperto al pubblico monotematico per avviare una discussione e valutare la possibilità di avviare un’azione legale per tentare la chiusura definitiva del Centro di permanenza per il rimpatrio in cui gli ospiti vengono trattati come dei detenuti, rinchiusi in celle che assomigliano a delle gabbie”.
Inoltre in questo Consiglio comunale aperto Tritto chiederà ai politici locali di avviare un’interlocuzione con la Regione Basilicata per valutare un’eventuale revoca dell’autorizzazione che garantisce l’attività del Centro di permanenza per il rimpatrio di Palazzo San Gervasio, in cui presenti circa 150 migranti.
Non è la prima volta che Tritto si occupa di questa vicenda. Già negli anni scorsi ha presentato due esposti alla Procura e nello scorso mese di ottobre ha effettuato il primo sciopero della fame durato 51 giorni, per sensibilizzare l’opinione pubblica su questa emergenza umanitaria.
Rispetto a quello precedente, in cui Tritto beveva un po’ d’acqua, potassio e ogni 6 giorni una tazza di brodo, in questo caso il cittadino palazzese si nutre saltuariamente con un succo d’acero, latte o succo di frutta.
Tritto auspica che questa nuova iniziativa personale possa stimolare davvero le coscienze e avviare un dibattito pubblico in modo da risolvere una volta per tutte la situazione drammatica che si registra ogni giorno nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Palazzo San Gervasio.
Michele Capolupo